- La decisione di Uber Eats di interrompere le operazioni in Italia ha sollevato diverse preoccupazioni, soprattutto per i collaboratori occasionali e a partita IVA.
- La CGIL chiede al ministero del Lavoro di intervenire per proteggere i lavoratori interessati e offrire sostegni pubblici per agevolare la loro ricollocazione.
- In un contesto di cambiamenti rapidi nel settore della consegna di cibo, la CGIL chiede una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori.
Uber Eats, la popolare piattaforma di food delivery, ha annunciato la sua decisione di interrompere le operazioni di consegna in Italia.
Secondo quanto dichiarato dall’azienda, questa decisione è stata presa a causa della mancata crescita in linea con le aspettative necessarie per garantire un business sostenibile nel lungo periodo.
L’azienda ha iniziato le sue attività in Italia nel 2016 e si è espansa in oltre 60 città, collaborando con migliaia di ristoranti partner e offrendo opportunità di guadagno a migliaia di corrieri e delivery partner. Oggi, centinaia di persone rimarranno senza lavoro.
Indice
Uber Eats interrompe le operazioni: le conseguenze per i riders
La notizia della chiusura delle operazioni di Uber Eats in Italia ha suscitato preoccupazione tra partite IVA e i collaboratori con prestazioni occasionali che dipendevano dalle opportunità di lavoro offerte dalla piattaforma.
La segretaria confederale della CGIL, Francesca Re David, ha definito questa decisione “grave” e ha sollecitato un intervento da parte del Ministero del Lavoro per proteggere i lavoratori interessati e garantire eventuali sostegni pubblici per la loro ricollocazione.
I lavoratori, considerati una parte fondamentale del sistema di consegna di Uber Eats, si troveranno ora di fronte a gravi difficoltà a causa della perdita dell’occupazione e del reddito.
A differenza dei dipendenti diretti, i lavoratori con collaborazioni occasionali o partita IVA non avranno diritto agli ammortizzatori sociali né a sostegni pubblici per un’eventuale ricollocazione.
La CGIL chiede sostegno per i riders
Data la situazione critica in cui si trovano i collaboratori occasionali e a partita IVA di Uber Eats, diventa fondamentale un intervento da parte del Ministero del Lavoro per affrontare questa problematica.
È essenziale garantire la protezione dei lavoratori e fornire loro il necessario sostegno durante questa transizione improvvisa. Senza un reddito stabile, questi lavoratori rischiano di trovarsi in una situazione di grande precarietà economica e sociale.
La segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David, ha sottolineato l’importanza di evitare che i lavoratori si trovino senza reddito a partire dal prossimo mese.
Oltre alle procedure che riguardano i dipendenti diretti, risulta quindi necessario valutare l’impatto di questa decisione improvvisa sull’insieme dei lavoratori e trovare soluzioni per mitigare le conseguenze negative.
La richiesta di intervento da parte del Ministero del Lavoro è un appello a garantire la tutela dei diritti dei lavoratori e a fornire un adeguato supporto durante questa fase di transizione.
Prima Gorillas e poi Uber Eats
Nel 2022, si era già verificato un evento simile con la startup di food delivery Gorillas. Dopo poco più di un anno dall’insediamento in Italia, Gorillas aveva preso la decisione di abbandonare il paese, lasciando a casa i suoi 540 dipendenti nelle città di Milano, Firenze, Roma e Torino.
Gorillas, originaria della Germania, aveva inizialmente beneficiato dell’esplosione del settore durante la pandemia. Tuttavia, a causa della crisi economica e del calo delle ordinazioni, l’azienda che consegnava la spesa a casa ha dovuto intraprendere un profondo piano di ristrutturazione che ha portato alla chiusura delle sue operazioni in Italia.
Le startup di consegna di cibo, come Uber Eats e Gorillas, hanno sperimentato una rapida crescita soprattutto grazie al picco di domanda durante la pandemia. Tuttavia, la realtà economica può cambiare rapidamente: se le grandi aziende cadono sempre in piedi, i lavoratori no.
Il lavoro dei riders in Italia
Un tragico incidente stradale aveva scosso il settore delle consegne a domicilio nel 2022, portando alla luce la precarietà e la mancanza di tutele che caratterizzano il lavoro dei rider.
L’incidente, e tutte gli episodi susseguitisi, avevano messo in luce la precarietà del lavoro nel settore delle consegne a domicilio, rivelando una realtà “parallela” che finora non sembrava possibile.
Oltre alla precarietà economica, i rider devono infatti affrontare la mancanza di trasparenza e la difficoltà nel comunicare direttamente con le aziende. Le comunicazioni avvengono principalmente attraverso sistemi telematici, che spesso forniscono risposte automatiche e poco chiare.
Questo rende difficile avere un dialogo diretto con l’azienda. Recentemente è nato anche un particolare sindacato per i rider sul territorio, tuttavia ad oggi si attende di conoscere il futuro lavorativo di coloro che hanno perso il lavoro a causa dell’uscita di Uber Eats dall’Italia, le cui motivazioni sono sostanzialmente economiche e di mercato.
Uber Eats lascia l’Italia – Domande frequenti
In Italia, esistono due tipi di modelli contrattuali nel settore del food delivery: uno è basato sulla collaborazione autonoma e regolato dal Ccnl Assodelivery, mentre l’altro si basa sul lavoro dipendente e viene regolato da contratti aziendali.
La maggior parte dei riders, in Italia, vengono considerati come lavoratori autonomi. Il che li esclude da tutte le tutele riservate ai lavoratori dipendenti, mantenendo comunque le caratteristiche di una collaborazione subordinata. Recentemente, Uber Eats ha lasciato l’Italia: ecco perché.
In Italia, il salario medio base mensile di un rider è di 617 €. Considerando il calcolo orario, che è più rilevante data la natura di questo lavoro, il compenso medio di un rider si aggira intorno a 6,55 € all’ora. Nel frattempo, Uber Eats ha lasciato l’Italia.
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it