- Il TFR, o Trattamento di Fine Rapporto, spetta a tutti i lavoratori dipendenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Per legge ne hanno diritto anche coloro che vengono licenziati o si dimettono.
- Questa erogazione in denaro non spetta invece ai lavoratori autonomi, ovvero a coloro che hanno una partita IVA e operano come freelance. Anche i collaboratori occasionali sono esclusi dal TFR.
- L’importo spetta a chi è stato assunto con contratto di apprendistato, invece ne sono esclusi i tirocinanti e chi è impiegato in uno stage formativo.
Il Trattamento di Fine Rapporto è un’indennità in denaro che viene erogata dai datori di lavoro ai propri dipendenti al termine del rapporto lavorativo secondo un calcolo specifico. Secondo la legge, ovvero l’articolo 2120 del Codice Civile1, ne hanno diritto i prestatori di lavoro al momento della cessazione, per cui questa cifra viene pagata con l’ultima busta paga o immediatamente dopo dal titolare.
Ma tutti i lavoratori hanno diritto a questo pagamento? In realtà no, perché per prima cosa ne sono escluse le partite IVA, ovvero coloro che lavorano in autonomia per diversi committenti, non trattandosi di una modalità di tipo dipendente. Per la stessa ragione non vi rientrano i collaboratori occasionali.
Stagisti e tirocinanti sono anche esclusi a causa delle caratteristiche specifiche dei loro contratti, che di fatto sono finalizzati alla formazione. Al contrario, chi lavora in apprendistato matura il TFR e ha diritto a riceverlo se l’accordo viene interrotto per diversi motivi.
Indice
Il TFR non spetta alle partite IVA
I primi esclusi dal TFR sono le partite IVA, poiché per la tipologia di organizzazione del lavoro in cui rientrano, non hanno un sostituto di imposta e quindi un datore di lavoro che eroga queste somme. Non rientrano quindi nella fattispecie normativa in cui si applica il Trattamento di Fine Rapporto.
Tutti i lavoratori autonomi, gli imprenditori, i freelance o coloro che svolgono un’attività professionale non possono percepire queste cifre, neanche nei casi in cui operano per un solo committente (stabiliti in modo specifico da alcuni Ordini Professionali).
TFR e lavoratori occasionali
Anche i lavoratori occasionali sono esclusi dalla ricezione della liquidazione, perché non vengono considerati come lavoratori dipendenti, ma sono più vicini ai freelance.
In Italia le prestazioni occasionali sono regolamentate secondo precisi requisiti, per cui un’attività occasionale deve poi prevedere l’apertura di una partita IVA se diventa continuativa e versare i contributi INPS superati 5.000 euro di ricavi.
Sia durante lo svolgimento del lavoro occasionale che nel passaggio a partita IVA, non vi sono datori di lavoro che possono corrispondere il TFR per cui questo non viene maturato dal cittadino.
Stagisti e tirocinanti esclusi dal TFR
Un’altra categoria di soggetti esclusi dal Trattamento di Fine Rapporto è quella degli stagisti e dei tirocinanti: in questi casi i lavoratori svolgono un percorso professionalizzante e formativo presso una determinata azienda, ma non sono considerati assunti come veri e propri dipendenti.
Per questo motivo il lavoro non rientra nei parametri di cumulo del TFR e questi lavoratori vengono esclusi. Le cose cambiano se si fa riferimento invece al contratto di apprendistato, che in Italia può durare per un periodo di tempo superiore rispetto a stage e tirocini.
In questi casi il lavoratore percepisce un reddito normalmente inferiore a quello dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, ma comunque ha diritto a percepire la liquidazione in caso di interruzione del rapporto di lavoro, cifra che matura durante i mesi di contratto.
Dipendenti pubblici a cui non spetta il TFR
Per i lavoratori del settore pubblico le regole della liquidazione sono leggermente differenti, per cui si parla di TFS (Trattamento di Fine Servizio). per questi beneficiari l’erogazione può prevedere periodi di tempo piuttosto lunghi e non si fa riferimento al TFR vero e proprio, ma ad un’indennità di buona uscita.
Vi rientrano ad esempio i magistrati, i docenti universitari, i militari e coloro che ricoprono cariche dirigenziali nella PA, a cui non spetta il TFR.
TFR non corrisposto per licenziamento
Nel caso di licenziamento per giusta causa, il lavoratore dipendente ha uguale diritto al TFR? Anche in questi casi, come conferma la legge, questo va erogato. Non ha importanza la motivazione per cui il lavoratore è stato licenziato, che può anche essere grave. Non bisogna dimenticare che il TFR è soggetto a tassazione IRPEF al pari dei redditi da lavoro dipendente.
Il datore di lavoro non può trattenere a propria discrezione il TFR nel momento in cui si appresta a licenziare un lavoratore. Eventuali azioni risarcitorie collegate ad azioni e danni ad opera del lavoratore possono essere invece portate avanti in un momento successivo in via legale.
Il caso del pignoramento del TFR
Un caso particolare in cui il lavoratore perde il proprio TFR è quello del pignoramento: la legge consente che le quote relative al TFR vengano pignorate, se il lavoratore ha un debito nei confronti dell’azienda o di soggetti terzi, che può anche derivare da un danno effettivamente riscontrato.
Va precisato però che non è il datore di lavoro a dover pignorare in modo autonomo queste cifre, ma è necessario l’intervento di un giudice, con l’apertura di un’azione legale. Va evidenziato che non si può pignorare il TFR nel caso in cui questo sia stato versato all’interno di un Fondo Pensione, ma solamente se è presente sotto forma di credito effettivamente percepito dal lavoratore.
- Articolo 2120 del Codice Civile, Gazzetta Ufficiale, gazzettaufficiale.it ↩︎
Valeria Oggero
Giornalista