- Il TFR è una somma di denaro a cui il lavoratore dipendente ha diritto al termine di un rapporto lavorativo: il datore di lavoro eroga questa cifra generalmente con l’ultima busta paga.
- Questo importo spetta anche al lavoratore che viene licenziato o a colui che decide di licenziarsi, in quanto maturato durante lo svolgimento del lavoro.
- In caso di licenziamento per motivi gravi, il datore di lavoro non può comunque, secondo la legge, trattenere il Trattamento di Fine Rapporto come risarcimento per il danno corrisposto all’azienda.
Il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto, è una somma di denaro che i datori di lavoro corrispondono ai propri lavoratori dipendenti al momento della cessazione del contratto. Secondo la legge italiana questa cifra va erogata con l’ultima busta paga o in un periodo immediatamente successivo (fino a 30-45 giorni dopo) secondo un calcolo specifico che tiene conto dei mesi svolti.
Intorno all’erogazione del TFR possono presentarsi situazioni differenti: un lavoratore può decidere di licenziarsi oppure è il datore di lavoro a licenziare il dipendente o ancora, il contratto ha il suo naturale termine. Vediamo in questo articolo come funziona nei diversi casi la liquidazione.
Indice
Se vengo licenziato
Il primo caso da analizzare riguarda il licenziamento del lavoratore ad opera del datore di lavoro. In questa situazione è l’azienda ad interrompere il rapporto di lavoro in essere e questo può avvenire per diversi motivi.
Bisogna evidenziare che in linea generale tutti coloro per cui si verifica l’interruzione del lavoro hanno diritto al TFR, trattandosi di una somma accantonata dal datore mese per mese.
Il dipendente che viene licenziato quindi ha diritto al TFR. Il lavoratore inoltre può scegliere (questo in fase di stipula dell’accordo) di riceverlo a fine lavoro oppure accantonarlo in un fondo pensione o lasciarlo in azienda. I licenziamenti non sono tutti uguali. Ricordiamo anche che il TFR è soggetto a tassazione IRPEF.
Licenziamento per giusta causa
Un datore di lavoro può decidere di licenziare per giusta causa il lavoratore per motivi disciplinari, se quest’ultimo non rispetta gli accordi contrattuali o a seguito di diversi richiami, ad esempio per un’assenza ingiustificata. In queste circostanze, sussiste il diritto di ricevere il TFR?
Intorno a questo punto possono crearsi non pochi problemi, soprattutto nel momento in cui ci sono dei forti dissidi tra azienda e lavoratore o a seguito di comportamenti gravi da parte di quest’ultimo. La legge però è chiara: l’erogazione del Trattamento di Fine Rapporto è un obbligo di legge, per cui l’azienda non può esimersi in ogni caso.
Talvolta l’azienda, a cui il lavoratore ha effettivamente fatto un danno, sceglie di non erogare questo TFR come risarcimento, ma in questi casi è in errore.
Se mi licenzio
Cosa accade invece se a scegliere il licenziamento è il lavoratore? Le cause di questa decisione possono essere molteplici: aver trovato un altro lavoro, voler avviare un’attività autonoma e così via. I lavoratori possono anche licenziarsi di fronte a gravi mancanze dell’azienda, ad esempio nel versamento dei contributi obbligatori.
In questi casi viene erogato il TFR? Secondo le normative italiane, sì. Il datore di lavoro deve sempre corrispondere questa cifra ai lavoratori al momento della cessazione del rapporto. L’Articolo 2120 del Codice Civile1 infatti stabilisce che in tutti i casi, anche di licenziamento del lavoratore, il dipendente ha diritto a questa quota.
Le dimissioni volontarie sono incluse in queste casistiche, per cui il lavoratore che intende lasciare l’azienda si deve aspettare il TFR come diritto per legge. Questo è valido sia se il licenziamento rispetta il periodo di preavviso stabilito dal CCNL sia se questo non accade.
Licenziamento senza preavviso
Anche in caso di licenziamenti per cui non è stato dato alcun preavviso da una delle parti coinvolte, l’azienda è obbligata dalla legge a garantire il TFR al lavoratore. Di norma comunque questa somma ricopre le mensilità effettivamente lavorate dal dipendente, quindi non si conteggia il Trattamento di Fine Rapporto per i mesi non svolti.
Va ricordato però che se il lavoratore non garantisce il preavviso secondo condizioni contrattuali, dovrà versare un’indennità sostitutiva al datore di lavoro pari ai mesi non effettivamente svolti, per cui l’ultima busta paga potrebbe esserne compromessa.
Quando arriva il TFR dopo il licenziamento
Vediamo nel dettaglio quali sono le tempistiche per l’erogazione del TFR dopo un licenziamento, che venga portato avanti dal datore di lavoro o dal lavoratore. I tempi per la liquidazione del TFR sono piuttosto serrati: anche se non vi è una legge specifica su questo punto, l’accredito deve avvenire con l’ultima busta paga del dipendente o immediatamente dopo.
Generalmente si parla di un periodo massimo di 30-45 giorni, per cui se il ritardo nel versamento è superiore, il lavoratore può agire per il recupero anche rivolgendosi ad un avvocato. Le tempistiche invece normalmente si allungano per il settore pubblico, in cui in caso di dimissioni si può arrivare anche a 24 mesi dal termine del rapporto di lavoro.
Quando si perde il diritto al TFR?
In alcune circostanze è possibile perdere il diritto al TFR? Generalmente no, in quanto questa erogazione è obbligatoria per legge per le aziende quando termina un rapporto di lavoro. Le norme italiane però prevedono che il diritto al TFR cada in prescrizione dopo 5 anni dalla cessazione.
Nella pratica, il lavoratore non può più richiedere in sede legale l’erogazione del trattamento se sono trascorsi più di 5 anni dal momento del licenziamento, senza che abbia agito per vie legali per ottenere quanto dovuto. Per questo motivo si consiglia di procedere tempestivamente per ottenere le somme a cui si ha diritto, se queste non vengono corrisposte in modo puntuale.
Se il lavoratore reca un danno all’azienda, questa può trattenere il TFR? In questi casi, anche se il titolare potrebbe portare avanti azioni per richiedere un risarcimento, non può in automatico trattenere il TFR, che deve invece erogare in ogni condizione.
Quando sussiste un danno causato all’impresa dal lavoratore, questo deve essere opportunamente documentato, calcolato e richiesto sotto forma di indennizzo tramite vie legali. Un caso particolare è quello del pignoramento del TFR, ma per avvenire deve sussistere un’azione legale in ogni caso.
Se l’azienda invece è soggetta a fallimento, il TFR potrebbe non arrivare a causa della mancanza di liquidità: in questi casi però interviene l’INPS a garantire le somme al dipendente tramite un Fondo specifico.
Licenziamento e TFR – Domande frequenti
Il licenziamento è l’operazione con cui viene messo termine ad un contratto di lavoro, ad opera del dipendente o del datore. In tutti i casi si ha diritto a ricevere il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto, una somma accantonata per i mesi lavorati e corrisposta dall’azienda con l’ultima busta paga.
Generalmente in caso di licenziamento è possibile riscattare le somme versate sul fondo pensione per poter sopperire alle spese del periodo di disoccupazione. I fondi specifici però stabiliscono dei requisiti per procedere, ad esempio si valuta il tempo effettivo in cui il soggetto è disoccupato.
Dopo il licenziamento al lavoratore spetta una somma di denaro, il TFR, che corrisponde, per ogni anno lavorato dal dipendente, ad una cifra pari alla retribuzione spettante annua divisa per 13,5.
Nel caso in cui il lavoratore viene licenziato e poi riassunto nella stessa azienda, il TFR va corrisposto per il periodo lavorato inizialmente presso l’impresa. Dal momento in cui si viene riassunti inizia infatti l’accantonamento, da parte dell’azienda, del secondo TFR.
- Articolo 2021 Codice Civile, Gazzetta Ufficiale, gazzettaufficiale.it ↩︎
Valeria Oggero
Giornalista