- L’Europa incentiva i paesi membri ad adottare il salario minimo.
- Il salario minimo che potrebbe arrivare anche in Italia prevede uno stipendio minimo orario al di sotto del quale le aziende non possono scendere nel pagare i dipendenti.
- Il salario minimo in Italia potrebbe comportare un potenziamento dei contratti collettivi nazionali.
L’Europa promuove il salario minimo: il Consiglio, il Parlamento e la Commissione Ue, nel corso dei primi giorni di giugno, hanno trovato un accordo, il quale porterà ad introdurre nuove regole in tutti i paesi dell’Unione. L’intenzione è quella di garantire uno stipendio minimo a tutti in lavoratori.
L’iniziativa europea dovrebbe favorire l’introduzione di un emolumento adeguato in tutta l’Unione Europea, pur garantendo il rispetto delle varie diversità nazionale. I lavoratori dovrebbero arrivare ad avere più soldi in busta paga, grazie alla contrattazione collettiva.
Potrebbero quindi arrivare interessanti novità anche in Italia, ovvero uno stipendio di base al di sotto del quale le aziende non potranno scendere nel pagamento ai dipendenti.
Indice
Salario minimo: cosa prevede l’Europa
Il 15 giugno 2022 è arrivato il primo via libera ufficiale, almeno a livello europeo. Il Consiglio Ue, alla cui riunione hanno partecipato gli ambasciatori dei paesi membri, ha fatto scattare la luce verde sul salario minimo. Stando alle prime indicazioni, non dovrebbero essere previsti un massimo o un minimo salariale a livello europeo.
La direttiva ha, comunque, lo scopo di fissare uno stipendio minimo, che possa essere adeguato ed equo rispetto al lavoro compiuto dalle persone. Ma che soprattutto sia in grado di garantire una vita dignitosa ai lavoratori. L’intenzione, inoltre, è quella di fermare una volta per tutte i contratti precari e quelli privati.
La contrattazione collettiva assumerà un ruolo determinante nel gestire gli stipendi dei lavoratori. La direttiva Ue prevede che, proprio attraverso la contrattazione collettiva, passi almeno il 70% dei lavoratori. Una cifra esatta non è stata, comunque, ancora trovata.
Nel caso in cui degli Stati prevedano già da adesso degli stipendi minimi legali, dovranno mettere in cantiere un aggiornamento dei salari, che dovranno essere ritoccati ogni due anni. Sempre con il coinvolgimento diretto delle parti sociali.
Salario minimo: il peso dell’inflazione
L’ipotesi di un aggiornamento costante e continuo del salario minimo è dovuto anche alle recenti preoccupazioni legate all’inflazione e al potere d’acquisto. Sfortunatamente l’Italia rientra nel novero dei paesi che, al momento, non hanno regole al riguardo. In Europa infatti la maggior parte dei paesi ha già istituito da tempo il salario minimo.
Gli altri paesi, che condividono lo stesso vuoto normativo italiano, sono:
- Austria;
- Cipro;
- Danimarca;
- Finlandia;
- Svezia.
Nei paesi, invece, dove è stato introdotto il salario minimo, si passa dai 332 euro mensili della Bulgaria ai 2.257 euro mensili del Lussemburgo. Nel mezzo c’è la Germania con i suoi 1.621 euro al mese.
Quali sono le conseguenze del salario minimo
Gli Stati che appartengono all’Unione europea avranno due anni di tempo per recepire la direttiva sul salario minimo. Il conto alla rovescia partirà dall’approvazione definitiva della stessa direttiva, che è prevista per il mese di giugno.
Nicolas Schmit, commissario Ue al Lavoro, ritiene che non ci saranno degli impatti negativi dall’introduzione del salario minimo. Non ci dovrebbero essere conseguenze dirette nella creazione di posti di lavoro né per l’occupazione. In Germania, dopo l’introduzione del salario minimo, l’occupazione è cresciuta.
In Italia si è preferito per molto tempo istituire i contratti collettivi nazionali al posto del salario minimo, tuttavia questo presto potrebbe cambiare.
Italia: quali sono le prospettive
Alcuni osservatori, comunque, fanno notare che l’introduzione del salario minimo nel nostro paese potrebbe non portare a particolari cambiamenti. A pesare sul futuro di questa iniziativa sono le divisioni all’interno della maggioranza di Governo. L’Italia non è, infatti, obbligata ad attuare la direttiva, perché questo obbligo coinvolgerà unicamente i paesi nei quali la contrattazione collettiva è poco diffusa.
Nel nostro paese già adesso i contratti collettivi di lavoro stanno coprendo l’80% dei lavoratori. Una situazione che rende non vincolante l’introduzione della direttiva. Il legislatore, comunque, potrebbe sempre decidere di introdurre un intervento mirato per il restante 20% dei lavoratori, che per il momento non beneficiano della contrattazione collettiva.
Questo perché uno dei punti di forza della proposta europea è quello di creare un filo diretto tra il potere d’acquisto dei lavoratori e la busta paga. Scelta che potrebbe andare ad incidere anche sui contratti che sono già esistenti.
Stando ai dati in possesso dell’Inps, in Italia ci sono oltre 5 milioni di lavoratori che non arrivano a guadagnare 1.000 euro al mese. Una parte di questi (4,5 milioni) non arriva a guadagnare 9 euro lordi l’ora, che costituisce la soglia minima fissata dal disegno legge, che al momento è fermo al Senato. La Direttiva Ue potrebbe essere utilizzata per intervenire su questi stipendi.
Fatte queste premesse – ed anticipato che non è certo che l’Italia sia intenzionata ad introdurre il salario minimo – cerchiamo di capire quanto possa incidere sulle tasche degli italiani questa novità. L’Europa chiede che ogni governo nazionale assicuri un salario minimo che sia pari ad almeno il 60% di quello mediano. Per l’Italia si parlerebbe di 1.250 euro ogni mese, corrispondenti ad 8 euro all’ora.
Gli stati aderenti all’Unione Europea hanno tempo due anni per introdurlo, secondo gli ultimi aggiornamenti. La misura potrebbe arrivare presto anche in Italia.
Nel nostro paese già l’80% dei lavoratori beneficia della contrattazione collettiva. Sulla carta l’Italia potrebbe non essere costretta ad introdurre il salario minimo. Ma potrebbe introdurre delle misure per i lavoratori che sono fuori dalla contrattazione collettiva.
L’ipotesi prevede che in Italia il salario minimo potrà essere pari a 1.250 euro al mese, di almeno 8 euro l’ora per tutti. Ecco quali sono le prospettive.
Pierpaolo Molinengo
Giornalista