- La necessità di percepire guadagni supplementari spinge i lavoratori a unire lavoro dipendente e attività autonoma, sfruttando il regime forfettario soprattutto per i benefici fiscali.
- La legge italiana consente questa combinazione, imponendo tuttavia limiti di reddito e la non concorrenza con il datore di lavoro principale.
- I dipendenti pubblici hanno regole più stringenti e devono richiedere autorizzazioni esplicite per evitare conflitti d’interesse.
La necessità di percepire denaro oltre al proprio stipendio spinge oggi molti lavoratori dipendenti a ricercare opportunità di guadagno anche al di fuori della propria attività lavorativa prevalente: la flessibilità e la possibilità di combinare più percorsi professionali sono ormai diventate una priorità.
In questo articolo, esploreremo le dinamiche e le normative che regolano la coesistenza tra lavoro dipendente e attività autonoma attraverso l’apertura di una Partita IVA in regime forfettario, più vantaggioso per chi cerca semplicemente un’attività secondaria.
Indice
Regime forfettario e lavoro dipendente contemporaneamente
Partiamo dal presupposto che la possibilità di combinare l’attività lavorativa come dipendente con quella autonoma, attraverso l’apertura di una Partita IVA, è un’opzione ammessa dalla fiscalità italiana.
La normativa fiscale ha aperto le porte alla convivenza di queste due forme di lavoro, permettendo anche ai dipendenti di accedere a regimi fiscali vantaggiosi come il forfettario.
Tra le condizioni imposte, vi è il limite relativo al reddito da lavoro dipendente (lo approfondiremo in seguito), che funge da discriminante per l’accesso al regime forfettario: una soglia definita che, se superata, preclude la possibilità di beneficiare delle agevolazioni previste.
Importante è poi il principio di fedeltà al datore di lavoro, che vincola il lavoratore a non esercitare attività concorrenziali. La violazione di tale principio può avere serie conseguenze, come il licenziamento o la richiesta di risarcimento danni.
Regime forfettario e dipendenti pubblici
Per quanto riguarda i dipendenti del settore pubblico desiderosi di intraprendere un’attività in proprio, la legge impone ulteriori accorgimenti. È fondamentale che l’attività autonoma:
- non entri in conflitto con gli obblighi di lavoro dipendente;
- non crei situazioni di conflitto di interessi con l’amministrazione di appartenenza;
- si svolga fuori dagli orari di lavoro.
Inoltre, è richiesta un’autorizzazione esplicita, a testimonianza di un approccio più cautelativo rispetto al settore privato, dove la libertà di avviare un’attività autonoma è generalmente più ampia, a meno che specifiche clausole contrattuali non stabiliscano diversamente.
Le regole per aprire una partita IVA da dipendente
Secondo le direttive attuali, dettagliate anche sul portale dell’Agenzia delle Entrate, l’accesso al Regime Forfettario per i lavoratori dipendenti è subordinato al rispetto di alcuni limiti finanziari chiave:
- i ricavi o i compensi annui non devono superare 85.000 euro;
- le spese per collaboratori o dipendenti non devono eccedere i 20.000 euro annui;
- il reddito lordo derivante da lavoro dipendente o assimilato non va oltre i 30.000 euro.
Questa configurazione normativa ha lo scopo di garantire che il regime forfettario resti un canale incentivante per le piccole realtà imprenditoriali e per i lavoratori autonomi, mantenendo al contempo un equilibrio con il tessuto lavorativo dipendente, attraverso l’istituzione di soglie reddituali che ne limitano l’accesso.
Quando il reddito da lavoro dipendente di un contribuente eccede i 30.000 euro in un anno, si verifica la perdita del diritto al regime forfettario a partire dall’anno successivo a quello in cui si è registrato il superamento di tale soglia. Di conseguenza, il possessore di partita IVA sarà tenuto a seguire il regime di contabilità semplificata.
Regime forfettario e lavoro dipendente: contributi
La situazione contributiva di chi intraprende percorsi lavorativi misti si articola in diverse configurazioni, ognuna con le proprie peculiarità. Quando un lavoratore dipendente decide di intraprendere un’attività autonoma, la natura di questa ultima e la sua regolamentazione previdenziale determinano il trattamento contributivo applicabile.
Ad esempio, coloro che sono impiegati in professioni non soggette all’iscrizione in ordini professionali specifici sono tenuti a iscriversi alla Gestione Separata dell’INPS, con un’aliquota contributiva del 26,07%.
Diversamente, le professioni che richiedono l’iscrizione a un ordine e, di conseguenza, a una cassa di previdenza dedicata, seguono regole contributive particolari, spesso caratterizzate da condizioni più favorevoli per chi combina il lavoro dipendente con l’attività autonoma.
Inoltre, esiste la figura del lavoratore dipendente a tempo pieno che decide di aprire una ditta individuale, magari nel settore commerciale o artigianale.
Questa scelta comporta una gestione contributiva meno gravosa rispetto ad altre configurazioni lavorative, dato che non sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS. Nonostante ciò, è fondamentale notificare all’INPS la presenza di un’assicurazione previdenziale alternativa, derivante dall’impiego principale, attraverso una Comunicazione Unica.
La situazione muta per chi è impiegato con contratto part-time: in questo caso, si rende necessaria l’iscrizione alla gestione previdenziale specifica per commercianti e artigiani, a causa della mancanza di un’attività lavorativa dipendente predominante.
Regime forfettario e lavoro dipendente: tassazione
Il regime forfettario è molto popolare grazie alla sua aliquota fiscale vantaggiosa, che risulta essere la più conveniente sul territorio nazionale. Per i neofiti è infatti prevista un’aliquota sostitutiva del solo 5% per i primi cinque anni, a condizione che vengano rispettati determinati requisiti per l’accesso alla percentuale agevolata per startup.
Successivamente, l’aliquota applicata sarà del 15%, comunque inferiore rispetto a quella prevista dagli altri regimi fiscali.
Un altro vantaggio del regime forfettario, specialmente per i dipendenti, è la non cumulabilità dei redditi con il lavoro dipendente. A differenza di quanto avviene con il regime ordinario o semplificato, il regime forfettario prevede una tassazione separata, che non si somma ai redditi da lavoro dipendente.
Per comprendere appieno il beneficio, è utile fare un confronto con la tassazione del lavoro dipendente. Le imposte sul reddito dei lavoratori dipendenti vengono calcolate direttamente sulla busta paga e sono suddivise in scaglioni IRPEF, con aliquote che variano dal 23% al 43% in base al livello di reddito.
In questo caso, generalmente, non sono previste ulteriori tasse al momento della dichiarazione dei redditi, a meno che non si presentino particolari eventualità.
La situazione cambia quando si aggiunge un reddito da attività autonoma tassato con il regime ordinario o semplificato. In questi casi, il reddito dell’attività in proprio si somma a quello da lavoro dipendente, potenzialmente facendo scattare un passaggio a uno scaglione IRPEF superiore con una maggiore aliquota impositiva.
Grazie alla non cumulabilità dei redditi, optare per il regime forfettario offre una salvaguardia contro tale rischio, permettendo di alleggerire l’onere fiscale associato ai redditi generati da un’eventuale attività autonoma per il dipendente.
Regime forfettario e lavoro dipendente – Domande frequenti
Sì, chi è in regime forfettario può essere assunto come dipendente, purché rispetti le condizioni previste per il mantenimento del regime stesso.
Anche chi ha già altri redditi può aprire la Partita IVA in regime forfettario, a condizione che il totale dei redditi non superi i limiti stabiliti per l’accesso a tale regime.
L’importo massimo di spese per lavoro dipendente compatibile con il regime forfettario è di 30.000 euro, al di sopra del quale non è possibile beneficiare delle agevolazioni del regime forfettario.
Non possono optare per il regime forfettario coloro che superano i limiti di ricavi o compensi stabiliti (85.000 euro per la maggior parte delle attività), chi partecipa in società di persone o in società a responsabilità limitata semplice, chi esercita attività d’impresa e chi ha superato il limite di spesa per lavoro dipendente di 30.000 euro.
Buongiorno,
in caso io cessi un rapporto di lavoro dipendente con reddito >30k€ prima del 31/12/2024, ma poi nel corso d’anno 2025 venga riassunta part-time con reddito da lavoro dipendente < 30k€ dallo stesso datore di lavoro, posso comunque restare in regime forfettario?
grazie mille
Buongiorno,
tra le cause di esclusione previste dalla Legge n. 190/2014 e s.m.i. vi è quella specidifica per coloro che hanno percepito, nell’anno precedente, redditi di lavoro dipendente e assimilati (di cui agli artt. 49 e 50 del Tuir) eccedenti l’importo di 30.000 €; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato. Quest’ultima causa di esclusione è stata introdotta dalla legge di bilancio 2020.
Grazie per averci scritto
grazie per l’articolo. Per favore, sono un programmatore di software e voglio aprire una partita iva Regime forfettario per creare pagine e applicazioni web/mobile e per fornire servizi come community manager. Vorrei sapere se una società può scaricare il pagamento che faccio per i miei servizi. Cioè se questa azienda può detrarre dalle sue tasse il pagamento che mi ha fatto. Grazie
Buongiorno,
se inerente alla attività imprenditoriale svolta dal suo committente il costo è certamente deducibile.
Grazie per averci scritto
Buonasera, con un reddito misto, circa 8500,00 dipendente e 3000,00 regime iva forfettario, è possibile scaricare le spese mediche, universitarie, ecc…interamente o solo nei limiti dell’irpef del lavoro dipendente, che trattasi di cooperativa applica una tassazione molto bassa, circa 130 euro nette?
Buongiorno,
le detrazioni sono recuperabili solo nei limiti dell’IRPEF, salvo casi specifici.
Grazie per averci scritto