- Per aprire la partita IVA non esiste un limite minimo di fatturazione, ma è necessario che l’attività sia svolta in modo continuativo e non occasionale.
- La partita IVA è obbligatoria per svolgere un’attività professionale per cui è prevista l’iscrizione ad un albo o a un ordine professionale.
- Ci sono invece dei limiti di ricavi annui in base ai regimi contabili adottati, come nel caso del regime forfettario, applicabile per fatturati fino a 85.000 euro.
Quando si vuole avviare un’attività non è sempre chiaro quando diventa obbligatoria la partita IVA, e quindi viene da chiedersi quanto bisogna fatturare per aprire la partita IVA.
In realtà, spesso erroneamente si pensa che superati i 5.000 euro di guadagno diventa obbligatorio aprire la partita IVA. Tuttavia, questo limite non è relativo alla partita IVA, ma bensì all’apertura di una posizione previdenziale presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, o INPS.
Il momento giusto per aprire la partita IVA, invece, cambia a seconda che si tratti di un libero professionista, di una ditta individuale o di un e-commerce. Ma vediamo nel dettaglio quando bisogna aprire la partita IVA.
Indice
Quando bisogna aprire la partita IVA
Per capire qual è il momento in cui è necessario aprire la partita IVA bisogna introdurre un concetto fondamentale: è possibile esercitare un’attività senza aprire la partita IVA se questa è svolta in modo non professionale, occasionale e quindi non continuativo.
Una volta che l’attività diventa continuativa e non più occasionale, è necessario aprire la partita IVA, indipendentemente dal guadagno ottenuto.
Invece, i liberi professionisti, per svolgere l’attività professionale specifica devono necessariamente aprire la partita IVA. Questo vale per coloro per cui è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un ordine professionale.
È, quindi, il caso di medici, avvocati, psicologi e così via. Questo è dovuto al fatto che questo tipo di attività si identifica automaticamente come professionale, di conseguenza è obbligatorio avere la partita IVA per poter esercitare in forma autonoma.
Per quanto riguarda, invece, l’apertura di un e-commerce, poiché si tratta di un sito che è online 24 ore su 24 e non solamente al momento dell’acquisto da parte dei clienti, questa viene considerata come un’attività continuativa. Di conseguenza, è obbligatorio aprire la partita IVA.
Aprire partita Iva e limite di 5.000 euro
Ti chiederai allora a cosa serve il limite dei 5.000 euro di guadagno. È bene chiarire che l’obbligo di apertura della partita IVA non dipende dai ricavi generati, ma dalla continuità dell’attività. Infatti, i lavoratori autonomi possono continuare a operare con la prestazione occasionale superata tale soglia, purché l’attività rimanga di tipo occasionale e non continuativo.
Tuttavia, questo limite è applicato in relazione ai contributi previdenziali. Infatti, il lavoratore autonomo sprovvisto di partita IVA, superati i 5.000 euro di ricavi ha l’obbligo di pagare i contributi previdenziali e, di conseguenza, di aprire una posizione all’INPS.
Ciò non esclude che un lavoratore autonomo possa aprire la partita IVA anche se svolge l’attività in modo occasionale e non continuativo. In conclusione, non esiste un limite minimo o massimo di guadagno per aprire la partita IVA. Vi sono, tuttavia, altri limiti da rispettare relativi ai regimi contabili.
Regimi contabili: i limiti
I regimi contabili in Italia sono tre:
- regime forfettario;
- regime semplificato;
- regime ordinario.
Ognuno di questi regimi ha le sue caratteristiche, i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Inoltre, ad esclusione del regime ordinario, hanno anche dei limiti di fatturato. Vediamoli nel dettaglio.
1. I limiti di fatturato nel regime forfettario
Il regime forfettario, anche detto regime agevolato, è il regime contabile dedicato ai liberi professionisti e alle ditte individuali. Sono, quindi, escluse sia le società di capitali che quelle di persone.
Si tratta di un regime di vantaggio perché prevede un’imposta sostitutiva, anche detta flat tax, pari al 15% sul reddito imponibile. Tale imposta scende al 5% per le startup per i primi 5 anni di attività. In più, questo regime non prevede l’obbligo delle scritture contabili e neanche la presenza dell’IVA in fattura.
Tuttavia, trattandosi di un regime agevolato, possono aderirvi solamente i liberi professionisti, i lavoratori autonomi e le ditte individuali con fatturato annuo fino a 85.000 euro. Fino al 2022 il limite era di 65.000 euro.
Superato tale limite si passa in modo automatico al regime ordinario. Tuttavia, se entro l’anno non si supera la soglia di 100.000 euro, il passaggio al regime ordinario può essere fatto l’anno successivo.
2. I limiti di fatturato nel regime semplificato
Il regime semplificato è molto simile al regime ordinario che vedremo di seguito. Tuttavia, è meno oneroso e ha la funzione di monitorare l’andamento economico dell’attività.
Con la Legge di Bilancio 2023 il Governo ha modificato i precedenti limiti di fatturato, aumentandoli di 100.000 euro. Le soglie per il regime semplificato variano in base al tipo di attività svolta.
Infatti, gli attuali limiti sono:
- 500.000 euro per le attività di prestazioni di servizi;
- 800.000 euro per le imprese che svolgono altri tipi di attività.
Non tutte le società possono aderire al regime semplificato. Infatti, sono escluse le S.r.l, le Srl Unipersonali, le Srls e le Spa.
Possono, invece, aderire al regime semplificato i liberi professionisti, le imprese individuali e le società di persone, ossia le Sas, le Snc e le società semplici. Superati i limiti di fatturato sopra citati, l’attività passa automaticamente al regime ordinario.
A differenza del regime ordinario, il regime semplificato prevede la contabilità per cassa, ossia il calcolo dei costi e dei ricavi in base al momento in cui questi vengono contabilizzati e registrati in base al verificarsi dell’uscita o dell’incasso.
Tuttavia, a differenza del regime forfettario, nel regime semplificato sono previste le detrazioni e le deduzione fiscali, come in quello ordinario.
3. I limiti di fatturato nel regime ordinario
Essendo il regime contabile di base, privo di elementi di vantaggio, il regime ordinario non ha limiti di fatturato. Questa scelta prevede il pagamento di imposte quali:
- l’IRPEF per le persone fisiche;
- l’IRES per le società;
- l’IRAP per le società;
- l’IVA in fattura.
A differenza del regime semplificato, il regime ordinario è caratterizzato dal principio di competenza. Ciò significa che i ricavi e i costi sono contabilizzati in base al periodo d’imposta di riferimento e non in base alla data in cui la fattura viene pagata.
Di conseguenza, con questo metodo una fattura emessa nel mese di novembre 2022 ma pagata a gennaio 2023 rientrerà comunque nel calcolo del 2022. Come nel regime semplificato, anche nel regime ordinario è prevista la possibilità di detrarre le spese e dedurre i costi.
Il regime ordinario, tuttavia, prevede anche diversi obblighi, tra cui la tenuta dei libri contabili, come il libro giornale, il libro mastro, il registro dei beni ammortizzabili e il registro IVA, oltre all’obbligo di redigere il bilancio annuale.
Come aprire la partita IVA
Una volta capito quando è obbligatorio aprire la partita IVA possiamo passare allo step successivo: come aprire la partita IVA. Per svolgere questa operazione bisogna inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’inizio dell’attività.
Si utilizza il modello AA9/7 se si tratta di una ditta individuale o di un lavoratore autonomo, oppure il modello AA7/7 se si tratta di una società. L’invio della comunicazione può essere fatto online, presso gli sportelli dell’Agenzia delle Entrate o tramite raccomandata A/R. In alternativa si può richiedere l’assistenza di un commercialista.
Per aprire la partita IVA occorre individuare il codice ATECO relativo all’attività e stabilire quale regime contabile adottare. In più, è anche necessario aprire una posizione previdenziale all’INPS, come la Gestione Separata INPS, la Gestione Artigiani e Commercianti, oppure presso la cassa previdenziale specifica collegata ad un Albo.
Le ditte individuali, inoltre, sono tenute all’iscrizione dell’impresa presso il Registro delle Imprese della Camera di Commercio di competenza. Per evitare di commettere errori è consigliabile rivolgersi ad un professionista esperto.
Quanto bisogna fatturare per aprire Partita Iva – Domande frequenti
Non esiste un limite di fatturato che obbliga ad aprire la partita IVA. Questa deve essere aperta nel momento in cui non si rispetta il carattere dell’occasionalità. Inoltre, sono tenuti ad aprire la partita IVA i professionisti iscritti ad un albo o ordine professionale che svolgono l’attività autonoma.
Per rimanere nel regime forfettario l’impresa individuale o il professionista deve avere un fatturato non superiore a 85.000 euro annui. Superato tale limite passerà automaticamente al regime ordinario.
Il guadagno non è un fattore determinante per aprire la partita IVA. Tuttavia, superati i 5.000 euro di ricavi è obbligatorio pagare i contributi previdenziali e, di conseguenza, aprire una posizione all’INPS. Scopri qui tutti i dettagli.
Ilenia Albanese
Esperta di finanza personale e lavoro digitale