- Secondo le ultime disposizioni intorno alla manovra 2025, si torna indietro sulla tassazione delle plusvalenze delle criptovalute: niente aliquota al 42%.
- La percentuale dell’imposta sarà nuovamente al 26% nel prossimo anno, ma salirà al 33% nel 2026.
- Viene eliminata la soglia minima di 2.000 euro da cui scatta il pagamento delle tasse, per cui dal 2025 saranno soggetti a tassazione tutti i ricavi dalle plusvalenze.
Ancora novità in merito agli emendamenti della Legge di Bilancio 2025, in particolare sulla tassazione che coinvolge le plusvalenze delle criptovalute. La proposta di aumentare l’aliquota dal 26% al 42% nel 2025 non passa al vaglio della manovra, per cui il prossimo anno l’imposta sarà pressoché la stessa.
Viene però eliminata la soglia di 2.000 euro sotto alla quale era possibile non versare la tassa, ovvero il range della no tax area. La riduzione dell’imposizione fiscale sulle criptovalute è di fatto una correzione del governo al testo definitivo della manovra volta a limitare l’impatto delle tasse su questi tipi di guadagni.
La decisione di mantenere l’aliquota attuale però non è definitiva, perché già nel 2026 ci sarà un ulteriore aumento. Facciamo chiarezza nel dettaglio su cosa cambierà dal prossimo anno e cosa rimarrà invariato.
Riduzione della tassazione sulle criptovalute
I cambiamenti che riguardano le imposte su determinati tipi di redditi, contenuti nella manovra, hanno allarmato soprattutto coloro che percepiscono dei ricavi dalle plusvalenze sul mercato della moneta elettronica. Negli ultimi mesi infatti era sopraggiunta l’ipotesi di un innalzamento dell’aliquota di tassazione al 42%, una cifra elevata che aveva destato preoccupazioni a tutto il settore.
La tassa, che avrebbe coinvolto le entrate generate dagli scambi di bitcoin e criptovalute, è stata fortemente criticata e il governo ha deciso di fare marcia indietro tramite una modifica all’emendamento della manovra 2025.
Viene quindi proposta una riduzione di questa tassazione, con aliquota al 26% anche per il prossimo anno. Va considerato però che questa percentuale non sarà sempre uguale: salirà ulteriormente nel 2026, raggiungendo il 33%. L’intervento recente quindi garantisce ancora un certo risparmio per il 2025, ma comporterà un aggravio delle spese per chi percepisce questo tipo di redditi successivamente.
La decisione, seppur più vantaggiosa rispetto ad una aliquota al 42%, lascia comunque scontenti gli operatori del settore, che vedranno un aumento nel 2026 che non è presente per altri strumenti finanziari o altri tipi di redditi.
No tax area sulle plusvalenze cancellata
Un intervento ulteriore va a modificare la così detta no tax area, ovvero il range di guadagno per cui è possibile essere esonerati dal pagamento delle imposte. Fino ad ora questo range arrivava a 2.000 euro annui di ricavi, al di sotto dei quali non si dovevano versare le imposte.
Dal 2025, se la manovra verrà confermata con queste ultime disposizioni, il limite salterà, obbligando di fatto tutti coloro che percepiscono questo genere di ricavi a pagare le tasse indipendentemente dall’importo complessivo. Non ci sarà più quindi una no tax area, ma l’intero guadagno sarà soggetto a tassazione.
Le novità rappresentano sì un compromesso rispetto alle decisioni precedenti, ma in ogni caso una tassazione così preponderante in questo settore metterà in difficoltà lo sviluppo di questo comparto nel nostro paese, differenziandosi di molto da quello che sta accadendo ad esempio all’estero.
Basta pensare alle ultime novità negli USA, dove il bitcoin ha superato il valore di 100.000 dollari, a seguito delle decisioni favorevoli verso il settore del nuovo Presidente Trump. Si attende in Italia di sapere se nel prossimo futuro qualcosa potrebbe ancora cambiare, dato che per il momento la manovra non è ancora confermata definitivamente.
Valeria Oggero
Giornalista