“Fatti notare o sparisci”. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma questa è la realtà che ogni professionista si trova ad affrontare nel mercato del lavoro contemporaneo. Secondo i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, in Italia le persone fisiche titolari di partita IVA hanno superato i 3,7 milioni già nel 2023. Un numero che racconta di un mercato sempre più affollato, dove distinguersi è diventato tanto importante quanto saper svolgere bene il proprio lavoro. Il personal branding per professionisti è la strada maestra per costruire la propria opportunità, incrementare i guadagni e non restare mai a corto di clienti.
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I numeri che non possiamo ignorare nel 2025
Nell’ultimo trimestre del 2024 sono state aperte 95.994 nuove partite IVA: nel 66,5% dei casi si tratta di persone fisiche. Il 2025 potrebbe essere un anno particolarmente proficuo per loro, tra introduzione della fatturazione semplificata, il nuovo codice ATECO per influencer, la riforma fiscale dei liberi professionisti e le possibili evoluzioni del regime forfettario.
Il “posto fisso” attrae sempre meno. La percezione diffusa è che non sia più sicuro come una volta, che non sia semplice da raggiungere e che, in ogni caso, non consenta di coniugare il desiderio di libertà nella gestione del tempo e del luogo di lavoro. Che sia la volta buona per tutti e tutte?
Al netto delle valutazioni di natura etica e morale, ci sono tantissimi esempi di personal brand che non hanno atteso che arrivasse “l’occasione della vita”, ma che hanno deciso crearla da sé e hanno costruito il loro successo, come Chiara Ferragni, Marco Montemagno, Salvatore Aranzulla e persino Elon Musk. Lo spazio disponibile per nuovi casi di “trionfo” – nella parte fortunata del mondo, sia chiaro – sembra infinito, a patto che si lavori con una visione e non si lasci al caso la propria reputation, adottando una strategia vincente. Una buona notizia per tutti coloro che sono insoddisfatti del proprio lavoro, che hanno un sogno nel cassetto che grida di essere ascoltato, che non riescono a trovare un’occupazione.
Cos’è il personal branding? La necessità dei bravi
Il personal branding è l’insieme di tutte le strategie utilizzate per promuovere il proprio profilo professionale, inclusi ovviamente i valori, le competenze, le esperienze, i riconoscimenti, la carriera, le caratteristiche distintive. È quello spazio in cui, di fatto, si incrocia l’identità del/della professionista a il pubblico di riferimento.
Chi ha creato il concetto di personal branding è Tom Peters, uno dei più grandi esperti di business e management che, nel 1977, ne parlò sulla rivista Fast Company, concependo la figura del libero professionista come quella di una piccola azienda, con una precisa identità da definire e comunicare al mondo.
È possibile oggi svolgere una professione e non fare branding? No, perché l’attività di branding investe ogni momento di contatto con il cliente, diretto o indiretto, online oppure offline. Farlo senza una precisa strategia, significa lasciare la propria reputazione al caso, rischiando di non diffondere in modo adeguato il proprio vantaggio competitivo e lasciando che una singola opinione negativa possa distruggere anni di impegno e sacrifici.
Personal branding per professionisti e meritocrazia
Quante volte, navigando online, abbiamo trovato “ingiusto” il successo di qualcuno? E quante altre, in un momento di scoraggiamento, abbiamo sentito un/a professionista preparato nella sua materia ritenere “inutili” le proprie competenze?
Dobbiamo sforzarci di essere più onesti con noi stessi se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi: definire il nostro significato di successo e le attività che ci soddisfano, ammettere che per restare competitivi, in un mercato in costante evoluzione, dobbiamo fare qualcosa di diverso e spingerci oltre le nostre convinzioni. Le competenze tecniche sono un prerequisito e non più un elemento distintivo. Per dirla alla Tom Peters, “le organizzazioni eccellenti non credono nell’eccellenza, ma solo nel miglioramento continuo e nel cambiamento costante”.
Investire in personal branding significa darsi valore, poter aumentare i propri compensi, scalare il proprio business. E significa darsi l’opportunità di essere più sereni: considerare il rischio di periodi di “magra”, tutelarsi in caso di malattia, lasciarsi un po’ di tempo per sé e per riflettere, poter delegare un’incombenza. E siccome oggi è finito il tempo in cui il passaparola bastava a garantire un flusso costante di clienti e la quasi totalità delle persone cerca online le informazioni su un professionista prima di contattarlo, ogni professionista può fare dell’online la propria occasione di meritocrazia.
Questo implica però il superamento dei propri limiti, il coraggio di esporsi, la voglia di trovare il proprio modo di sentirsi “adeguati” in un nuovo contesto, smettendo di nascondersi dietro i “non fa per me”, “si stava meglio quando si stava peggio”.
A chi serve?
Il personal branding serve a qualsiasi professionista. Ma alcune categorie, secondo i dati del IX Rapporto sulle libere professioni in Italia a cura dell’Osservatorio delle libere professioni, ne mostrano un maggiore bisogno.
Complessivamente, tra il 2020 e il 2023, tutti i professionisti ordinistici hanno incrementato il loro reddito. Ma a diverse velocità: geometri, medici, odontoiatri, ingegneri e architetti hanno ricevuto compensi superiori dal 61,9 al 52,7%, mentre i giornalisti, gli avvocati, i chimici e i fisici hanno incrementato il loro reddito dal 6,4 al 13,8%. Il comparto femminile, inoltre, registra redditi ampiamente inferiori a quelli maschili in tutti i settori, allargando il gap rispetto al periodo pre pandemico. Al Nord, poi, i liberi professionisti guadagnano più che al Sud e tutto questo si riflette pure nel regime fiscale scelto.
A investire in personal branding dovrebbero dunque essere, in prima linea, le donne, che rappresentano solo il 35,3% dei liberi professionisti, i professionisti del Sud Italia e quelli che, in generale, hanno un reddito medio ancora basso, come i veterinari, i periti agrari, i biologi, gli psicologi, i giornalisti, gli agrotecnici.
Personal branding per professionisti: la strategia in tre mosse
Ma come si fa personal branding? Non basta aprire un profilo social e sperare che il mondo se ne accorga. Strategia e costanza devono essere le parole d’ordine, assieme all’autenticità.
Il primo passo, forse quello più complesso, è quello di comprendere la propria unicità. Non si tratta solo di elencare le proprie competenze tecniche, ma di identificare quel mix di esperienze, valori e approccio che rende riconoscibili e memorabili.
La vera sfida non è essere diversi a tutti i costi, ma essere autenticamente se stessi in un mondo che spinge sempre più alla standardizzazione. Il personal branding non è dunque una maschera da indossare, ma l’espressione della propria professionalità.
Dopodiché bisogna costruire in modo sistematico la propria presenza online e offline, strutturando un ecosistema di contenuti e relazioni che rafforzino l’autorevolezza nel settore. Mai dimenticarsi di creare il proprio network professionale, di stabilire e curare connessioni significative che eliminino il rischio dell’isolamento e che arricchiscano quotidianamente.
Il successo della strategia sta nella capacità di essere coerenti, di far interagire costantemente le proprie competenze con il resto dell’identità e con la community. Non è una corsa veloce, è una maratona che richiede pazienza, dedizione, fedeltà ai propri valori e alla propria visione.
Il personal branding è una buona notizia. Perché non è mai troppo tardi per iniziare, per smettere di “apparire” o “nascondersi”, per cominciare a “essere” in modo consapevole. Non esiste penalizzazione che, in attesa di una più grande rivoluzione, non possa essere affrontata a testa alta. Non esiste esperienza professionale negativa che non possa essere riscattata da chi sia disposto a “metterci la faccia”.
Ivana Zimbone
Direttrice responsabile