Tasse partita IVA: quanto si paga con il regime ordinario o con il forfettario

Quali sono le tasse che ogni anno una partita IVA deve allo Stato? Ecco come si effettua il calcolo e quando si deve pagare.

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  • Le tasse di una partita IVA dipendono dal regime di appartenenza. Chi aderisce al regime fiscale ordinario sconta una tassazione più elevata rispetto ai forfettari, ma questa consente di detrarre l’IVA e dedurre alcuni costi dal calcolo.
  • Generalmente le tasse di una partita IVA vanno pagate entro il 30 giugno per una prima parte ed entro il 30 novembre per la seconda. In diversi casi è possibile chiedere la rateizzazione.
  • Le tasse vengono applicate generalmente sui ricavi delle partite IVA in base al fatturato annuo, mentre per i contributi talvolta sono stabiliti degli importi fissi.

Chi ha da poco aperto una partita IVA o in generale avviato un’attività di impresa può trovarsi di fronte a dubbi e incertezze per ciò che riguarda le tasse da pagare, gli adempimenti e gli obblighi di legge da rispettare. Anche se spesso il pagamento in autonomia delle tasse viene visto come uno svantaggio per chi lavora con una partita IVA, una volta a conoscenza delle procedure e delle percentuali da versare, tutto diventa più semplice.

Attualmente in Italia è possibile scegliere tra il regime ordinario e quello forfettario, entrambi vantaggiosi per alcuni aspetti, ma che presentano profonde differenze. Va ricordato che non tutte le attività e le imprese hanno la possibilità di accedere al regime agevolato, poiché non ne rispettano i requisiti.

Conoscere le tasse di una partita IVA è fondamentale per affrontare il lavoro autonomo con serenità e sapere tutte le scadenze senza andare incontro a debiti o errori di alcun tipo. Facciamo chiarezza su questi aspetti nell’articolo.

Tasse partita IVA: il regime fiscale

Per avviare un’attività ed emettere fatture, le imprese, i professionisti e le società hanno l’obbligo di aprire la partita IVA, che consente di pagare i contributi per la previdenza sociale e le tasse. Questa si compone di un codice numerico formato da 11 cifre che identifica in modo univoco una ditta individuale, una società o un libero professionista, proprio come il codice fiscale per le persone fisiche.

Nel momento in cui si apre la posizione IVA è necessario scegliere il regime fiscale, che può essere:

  1. forfettario;
  2. ordinario.

Nel regime agevolato le tasse sono costituite da un’aliquota unica al 15% (che scende al 5% per i primi 5 anni di attività) mentre nel regime ordinario le percentuali di tassazione da applicare al reddito imponibile variano dal 23% al 43% in base al fatturato annuo.

Chi non può beneficiare dei vantaggi fiscali del primo rientra di diritto in quello ordinario. Questo regime fiscale presenta spese più elevate, ma anche la possibilità di accedere a deduzioni e detrazioni che vedremo di seguito, per ridurre i costi.

Il regime ordinario prevede alcune regole specifiche, sia per quanto riguarda la fatturazione che per la tassazione. Sono anche previsti obblighi diversi dal regime forfettario come quello dell’applicazione dell’IVA in fattura. I titolari di partita IVA ordinaria devono, inoltre, rispettare alcuni adempimenti tra cui:

  • versamento dell’IVA, mensilmente o trimestralmente;
  • dichiarazione IVA all’Agenzia delle Entrate per via telematica su base annuale;
  • compilazione del modello ISA per la verifica di ricavi e compensi;
  • tenuta dei registri contabili.

Contabilità ordinaria e semplificata

partita iva ordinaria apertura

Quelle attività che non hanno i requisiti per accedere al regime forfettario possono aderire a due tipologie di regime di contabilità. La scelta del regime contabile dipende dall’ammontare del fatturato annuo, con i seguenti limiti:

  • contabilità semplificata per imprese minori: persone fisiche o ditte individuali con ricavi non superiori a €800.000 annui, o non superiori a €500.000 per le attività di servizi;
  • contabilità ordinaria: per grandi imprese, società di capitali e persone fisiche con ricavi da €800.000 annui, o da €500.000 annui per attività di servizi.

Ma qual è la differenza tra i due regimi contabili? Nel caso della contabilità semplificata si snellisce la burocrazia ed è previsto l’obbligo a conservare solamente alcune scritture contabili, come:

  • registri Iva;
  • registro di incassi e pagamenti;
  • registro di beni ammortizzabili;
  • libro unico del lavoro sui dipendenti.

Invece, con la contabilità ordinaria vi è l’obbligo di conservare ulteriori registri e libri contabili, tra cui:

  • libro giornale;
  • libro inventario;
  • documenti di magazzino;
  • libri sociali e bilancio di esercizio (per le società).

Quando si pagano le tasse con la partita IVA?

Chi ha una partita IVA, che si tratti della versione ordinaria o di quella forfettaria, deve tenere a mente quali sono le scadenze da rispettare per il pagamento delle tasse, anche con l’aiuto di un commercialista. In linea generale durante l’anno i periodi di pagamento sono delineati in questo modo:

  • entro il 30 giugno: l’autonomo deve provvedere al pagamento del saldo delle tasse dell’anno precedente e della prima parte dell’acconto per l’anno in corso;
  • entro il 30 novembre: l’autonomo paga la seconda parte dell’acconto dell’anno corrente.

Va tenuto presente che generalmente (le cose cambiano in caso di iscrizione ad un Ordine Professionale) il pagamento dei contributi previdenziali è previsto entro le stesse date del pagamento delle imposte. Inoltre in molti casi l’autonomo può accedere alla rateizzazione delle imposte, provvedendo a partire da giugno a versare ogni mese una parte di quanto dovuto.

In questo caso ci si riferisce sia all’IRPEF che all’imposta sostitutiva per il regime fiscale forfettario, ma va anche considerato che in base al settore specifico e alla modalità in cui si lavora potrebbe essere richiesto il pagamento di ulteriori imposte, come l’IRAP o l’IRES. Inoltre sono stabilite delle scadenze specifiche per l’IVA (mensile, trimestrale o annuale) e per le imposte di bollo di due euro sulle fatture superiori a 77,47 euro.

Tasse partita IVA: quante se ne pagano

Stabilire un importo generale di tasse da pagare per chi lavora con una partita IVA è impossibile: ogni libero professionista, ditta individuale o impresa paga in base a diversi fattori, come il ricavo annuo, il regime fiscale scelto, il codice Ateco, le spese sostenute e altre variabili.

In linea generale si fa riferimento al reddito imponibile, ovvero a quanto è stato guadagnato l’anno precedente alla dichiarazione dei redditi. La scelta del regime fiscale è molto importante per sapere quante tasse si pagano, per cui ci sono notevoli differenze tra regime ordinario e forfettario.

Risulta corretto dire che più si guadagna più aumentano anche le tasse da pagare, con il regime ordinario, mentre per il forfettario se si supera una certa soglia di ricavo annuo diventa obbligatorio passare all’ordinario.

Tasse con la partita IVA ordinaria

La principale differenza tra il regime forfettario ed il regime ordinario sta nei costi da sostenere con la partita IVA.

Il regime ordinario impone diverse voci di tassazione:

  • IVA sulle vendite di prodotti o sulle prestazioni di servizi;
  • imposta sul reddito delle persone fisiche (o IRPEF), imposta sul reddito delle società o IRES;
  • imposta regionale sulle attività produttive, o IRAP, per le società.
Tasse Partita Iva ordinaria

Infatti, mentre la tassazione per il regime forfettario è fissa con una aliquota unica, nel regime ordinario questa percentuale varia in base al fatturato, dal 2024 secondo queste aliquote IRPEF:

  • 23% per redditi fino a 28 mila euro;
  • 35% per redditi compresi tra 28.001 e 50 mila euro;
  • 43% per redditi superiori a 50 mila euro.

L’aliquota IRES è pari al 24% per il 2024. L’IRAP è invece un costo calcolato sul valore della produzione netta con l’aliquota del 3,30%, percentuale che può variare in base alle regioni.

Contributi previdenziali nel regime ordinario

Oltre ai costi appena visti, bisogna anche calcolare quelle spese relative alla previdenza sociale. I professionisti possono iscriversi alla cassa di previdenza di riferimento alla quale versare i contributi. Molte professioni hanno alcune casse specifiche, in base all’appartenenza ad un Albo apposito.

In altri casi invece, si può avviare una attività autonoma come libero professionista. In queste circostanze sarà necessario iscriversi alla Gestione Separata INPS. L’aliquota applicata sul reddito imponibile dipende dall’attività svolta e va dal 24% al 26,07%. Inoltre, se si apre una partita IVA come artigiani e commercianti, saranno applicate due diverse quote di contribuzione:

  • una quota fissa, indipendente dal fatturato annuo;
  • una quota variabile, applicata in percentuale sul fatturato annuo, al superamento di un reddito aggiornato annualmente.

Come per le tasse, è possibile rivolgersi ad un commercialista o chiedere il supporto dell’INPS, per sapere con esattezza in quale casistica rientrare e quali sono i contributi da versare ogni anno.

Come scaricare i costi con la partita IVA ordinaria

Contributi Partita Iva ordinaria

Come abbiamo visto all’inizio, uno dei vantaggi del regime ordinario è possibilità di ottenere detrazioni e deduzioni dei costi.

La differenza tra detrazione e deduzione è che le spese deducibili riducono la base imponibile su cui vengono calcolate le tasse, mentre con la detrazione diminuisce l’imposta sui redditi.

A differenza del regime forfettario, con la partita IVA ordinaria è possibile scaricare alcuni costi fino al 100%. Tra le categorie delle spese che possono essere scaricate ci sono:

  • cancelleria;
  • valori bollati;
  • libri e riviste professionali;
  • corsi di aggiornamento e formazione al 100% entro il limite di 10.000 euro annui;
  • software di gestione;
  • attrezzature strumentali per lo svolgimento dell’attività professionale.

Per essere deducibile, il costo deve rispettare i requisiti di effettività, inerenza e congruità, ovvero essere finalizzati all’attività. Inoltre, per poter scaricare le spese è necessario conservare e mostrare la documentazione sull’acquisto dei beni, come scontrini e fatture.

Nel caso in cui il professionista lavori in casa, potrà anche dedurre una parte dei costi come bollette, utenze, affitto e spese condominiali fino ad un massimo del 50% e lo stesso vale in caso di ristrutturazioni. Per l’acquisto di beni strumentali, invece, la deduzione può arrivare fino al 100% dell’importo, se questo è inferiore a €516,46.

Scopri cosa puoi scaricare con la tua partita IVA.

Partita IVA ordinaria e lavoro dipendente

Per la Legge un lavoratore dipendente è libero di aprire partita IVA e di esercitare una seconda attività lavorativa purché si rispetti il patto di fedeltà all’azienda, ossia un patto di non concorrenza. Di conseguenza, il lavoratore dipendente può svolgere una seconda attività lavorativa, che comporta l’apertura della partita IVA, purché non faccia concorrenza al proprio datore di lavoro.

In questo caso, per la tassazione dei redditi, il lavoratore titolare di partita IVA ordinaria può determinare il reddito sottraendo ai ricavi imponibili i costi deducibili e applicando l’Iva e la ritenuta d’acconto. Inoltre dovrà presentare il Modello Redditi al posto del Modello 730.

La tassazione IRPEF dovrà tenere conto sia del reddito generato come lavoratore autonomo che come dipendente. Quest’ultimo viene già tassato dal datore di lavoro, mentre dal primo bisogna sottrarre i costi deducibili. La somma tra i due redditi al netto delle spese deducibili corrisponde alla base imponibile su cui viene applicata l’aliquota corrispondente, in base all’aliquota specifica IRPEF, che va dal 23% al 43% in relazione al reddito.

Infine, per la previdenza sociale, i titolari di partita IVA ordinaria che si inscrivono alla Gestione Separata dell’INPS devono pagare l’aliquota del 24% sul reddito imponibile.

In alcuni casi, inoltre, i lavoratori dipendenti e titolari di partita IVA (attività imprenditoriale o attività artigiana) sono esonerati dall’iscrizione alla gestione commercianti e, di conseguenza, a pagare il contributo fisso anche detto minimale IVS. Questo è possibile nel momento in cui il lavoro come dipendente prevale sia a livello di tempo che di guadagno su quello da lavoratore autonomo.

Tasse con la partita IVA forfettaria

Vediamo ora da vicino quali sono le tasse e i contributi che una partita IVA forfettaria deve pagare allo Stato ogni anno. Abbiamo visto che con questo regime fiscale gli adempimenti sono piuttosto semplificati, per cui non è necessario tenere una contabilità specifica, ad esclusione della conservazione delle fatture ordinate.

La partita IVA forfettaria prevede un’imposta sostitutiva al posto di IRPEF, IVA o altre tasse, così delineata:

  • tassa al 5% per i primi 5 anni di attività;
  • tassa al 15% per il periodo successivo ai primi 5 anni di attività.

A queste tasse, il cui pagamento è previsto solitamente con le scadenze a giugno e a novembre di ogni anno, si sommano le quote da dirottare ai contributi previdenziali. In questo caso si possono presentare diverse situazioni.

Se il libero professionista è iscritto ad un Albo dovrà versare i contributi secondo regole e modalità stabilite dalla propria cassa specifica, mentre al contrario dovrà rivolgersi all’INPS. In questo caso è possibile aderire alla Cassa Artigiani e Commercianti INPS che prevede una quota annua fissa e una variabile oppure alla Gestione Separata INPS che calcola i contributi sul reddito imponibile. Gli artigiani e i commercianti possono anche avere uno sconto del 35% sui contributi.

In ogni caso con il regime forfettario la base imponibile, ovvero il reddito su cui effettivamente si calcolano le tasse, viene stabilita dal Codice Ateco scelto per svolgere l’attività, per cui la tassazione non viene applicata sui ricavi totali, ma su una percentuale di questi.

Con questo tipo di partita IVA non è prevista l’IVA, ma bisogna ugualmente versare le imposte di bollo sulle fatture elettroniche di importo superiore a 77,47 euro, del valore di due euro. I forfettari non possono scaricare alcuna spesa dalle tasse, se non quella per i contributi previdenziali.

Tasse partita IVA ordinaria e forfettaria a confronto

CaratteristicaRegime OrdinarioRegime Forfettario
Calcolo dell’Iva in fatturaNo
Obbligo fatturazione elettronica
Tassazione IRPEFDal 23% al 43% in base al fatturato15% (5% per i primi 5 anni se si rispettano alcuni requisiti)
Deducibilità delle spese e detrazioni fiscaliNo

Come si calcolano le tasse con la partita IVA

Vediamo un piccolo esempio pratico di come si possono calcolare le tasse facendo una stima, in autonomia, di quanto pagare annualmente in base al totale lordo dei ricavi percepiti con la partita IVA e regime fiscale ordinario.

Prima di tutto con il regime ordinario bisogna togliere dal totale dei ricavi tutte le spese sostenute per l’attività. Poniamo l’esempio di un guadagno totale lordo di 40.000 euro, con una spesa di 5.000 euro: otteniamo un numero di 35.000 euro da cui calcolare effettivamente le tasse.

Con questa cifra ci troviamo nel 2024 con una percentuale di tassazione del 35% secondo le aliquote Irpef. In base agli scaglioni 2024, le tasse verranno pagate sui ricavi con le diverse percentuali in questo modo:

  • sui primi 28.000 euro: si applica il 23% di tassazione;
  • sui rimanenti 7.000 euro (per arrivare a 35.000): si applica il 35% di tassazione.

Ai ricavi bisogna poi anche sottrarre i contributi previdenziali, ovvero la quota totale che ogni anno le partite IVA versano all’INPS o ad un’altra cassa specifica e bisogna considerare poi le eventuali detrazioni e deduzioni fiscali.

Per avere un’idea chiara della propria posizione contributiva e per il calcolo esatto delle tasse consigliamo il supporto di un commercialista esperto.

Partita IVA ordinaria – Domande frequenti

Come funziona la partita IVA ordinaria?

La partita IVA ordinaria identifica un’impresa, una società o un professionista ed è un obbligo di legge aprirla, per pagare i contributi, le tasse e poter lavorare in autonomia. Il regime ordinario, tuttavia, prevede costi superiori a quelli del regime forfettario e differenti obblighi burocratici come la conservazione di maggiori registri e libri contabili.

Quali sono le differenze tra regime forfettario e ordinario?

Il regime ordinario prevede una tassazione IRPEF con aliquota a scaglioni che varia in base al fatturato conseguito, mentre con il regime forfettario la tassazione IRPEF è fissa al 15% (5% per i primi 5 anni).

Quando si passa da regime forfettario a ordinario?

Le ditte individuali e i liberi professionisti che superano un fatturato annuo di 85.000 euro, o i 20.000 euro di costi per il personale, sono tenuti a passare dal regime forfettario a quello ordinario.

Come si calcolano le tasse con la partita IVA ordinaria?

Con il regime fiscale ordinario è necessario togliere dal totale lordo annuo le spese sostenute per l’attività, applicare la aliquote IRPEF e togliere i contributi previdenziali. A questo si aggiungono anche eventuali deduzioni e detrazioni aggiuntive.

Quante tasse si pagano su 40.000 euro?

Una partita IVA ordinaria con questo ricavo annuo può arrivare a pagare circa 8.500€ di tasse, ipotizzando 6.000 euro di costi deducibili. Con il regime forfettario questa cifra può scendere, fino a circa 1.500 euro, per cui risulta il regime fiscale più conveniente.

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Ilenia Albanese

Esperta di finanza personale e lavoro digitale

Copywriter specializzata nel settore della finanza personale, con esperienza pluriennale nella creazione di contenuti per aiutare i consumatori e i risparmiatori a gestire le proprie finanze.

6 commenti su “Tasse partita IVA: quanto si paga con il regime ordinario o con il forfettario”

  1. UN DIPENDENTE (40/ORE SETTIMANAlI) CHE APRE UNA PARTITA IVA COME AUTONOMO PROFESSIONISTA, DOVREBBE AVERE L’OBBLIGO DI ISCRIZIONE ALLA GESTIONE SEPARATA INPS, SE IL REDDITO DIPENDENTE E’ SUPERIORE A QUELLO AUTONOMO ,PUO’ ESSERE ESENTE DAI CONTRIBUTI ALLA GESTIONE SEPARATA (24%) OPPURE E’ OBBLIGATO A PAGARLI UGUALMENTE, GRAZIE

    Rispondi
    • Buongiorno,
      è obbligato a pagarli ugualmente. L’esclusione vale solo per la gestione ivs commercianti.

      Grazie per averci scritto

      Rispondi
  2. Ho un’attività da Ottobre 2022, sono in regime forfettario, se da Ottobre 2022 a Dicembre 2022 ho fatturato circa 23000 euro, devo passare al regime ordinario?

    Rispondi
    • Buongiorno,
      in linea di massima sembrerebbe obbligato al passaggio al regime ordinario di applicazione iva dal 01.01.2023. Si consiglia di approfondire con un commercialista.

      Grazie per averci scritto

      Rispondi
  3. Se l imponibile è zero(imponibile in uscita superiore a quella in entrata) Pago cmq i contributi in regime ordinario per l anno in corso?

    Rispondi
    • Buongiorno,
      se è iscritto alla gestione separata inps non si versano contributi fissi. Se iscritti alla gestione inps commercianti e artigiani, quasi sempre, vi è un minimo fisso da versare, anche con reddito zero.

      Grazie per averci scritto

      Rispondi

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