- Avere la partita IVA monocommittente significa aprire la partita IVA ma avere un unico committente.
- Questo tipo di partita IVA non è vietato, ma bisogna rispettare alcune condizioni, altrimenti si tratta di presunzione di subordinazione.
- In caso di falsa partita IVA il committente potrebbe essere tenuto ad assumere il lavoratore a tempo indeterminato e a pagare gli arretrati di stipendi, contributi e tasse, oltre alle sanzioni.
Alcuni professionisti si ritrovano ad aprire la partita IVA e a lavorare per un unico committente, ma è legale la partita IVA monocommittente?
Questo è il caso in cui il titolare è un libero professionista che lavora per un unico cliente. Si tratta di una possibilità che può presentarsi per diverse ragioni. Ad esempio, quando un autonomo lavora come collaboratore esterno di un’azienda che non vuole assumere personale interno e si affida per collaborazioni continuative a personale esterno.
In tal caso, il professionista, lavorando in modo continuativo, sarà tenuto ad aprire la partita IVA. Tuttavia, vi sono dei casi in cui questo tipo di partita IVA è vietato e in questo articolo di approfondimento capiremo in quali circostanze.
Indice
Cos’è la Partita IVA monocommittente
Le tipologie contrattuali previste in Italia sono due: lavoro subordinato e lavoro autonomo. Nel lavoro subordinato il lavoratore ha un datore di lavoro che paga gli stipendi e, in veste di sostituto d’imposta, versa per conto suo i contributi e le tasse.
Invece, nel caso del lavoratore autonomo, sarà quest’ultimo a pagare imposte e contributi in base al fatturato generato. Inoltre, una delle caratteristiche delle partite IVA è quella di lavorare per più committenti, o clienti. Una specifica importante del lavoro autonomo è l’assenza di vincoli di subordinazione da parte dei committenti.
Tuttavia, vi sono alcuni casi in cui una partita IVA ha un unico committente. In questo caso viene definita come partita IVA monocommittente.
Questa tipologia di modalità, tuttavia, porta ad alcuni rischi. Infatti, vi sono dei casi specifici in cui la partita IVA con un unico committente è considerata una partita IVA falsa.
Partita IVA monocommittente: requisiti
Per poter essere valida, la partita IVA monocommittente deve presentare alcuni requisiti specifici. Altrimenti verrà considerata falsa dalle autorità finanziarie.
Nello specifico, è consentito avere una posizione IVA con un unico committente se si tratta di una collaborazione prevista dai contratti collettivi nazionali del lavoro (o CCNL) o da accordi sindacali. In tal caso, infatti, tali accordi hanno come obiettivo quello di trovare un punto di incontro per rispondere alle esigenze dei settori produttivi.
È, inoltre, ritenuta valida la partita IVA monocommittente per i professionisti iscritti agli ordini professionali e così vale anche per i membri di organi di amministrazione e controllo dell’azienda che svolgono ruoli per cui è necessario aprire la partita IVA.
Un altro caso in cui è valida la partita IVA con un unico committente è per i professionisti che lavorano con le ASD, associazioni sportive e dilettantistiche riconosciute dal CONI.
Infine, un’ultima opzione che consente la partita IVA monocommittente è quella delle prestazioni certificate che rispettano i requisiti previsti dalla legge. Questo è, ad esempio, il caso di lavori per università pubbliche o private. Negli altri casi, invece, la partita IVA è considerata falsa se ha un solo committente.
Tuttavia, ricordiamo che è possibile lavorare come dipendente di un’azienda e al contempo aprire la partita IVA con un unico committente, purché il reddito da dipendente non sia superiore a 30.000 euro annui se si intende aderire al regime forfettario e non ci siano clausole di divieto nel contratto.
Partita IVA monocommittente: quando è considerata falsa
Se non vengono rispettate le condizioni che abbiamo visto nel paragrafo precedente, la partita IVA monocommittente è considerata falsa. Infatti, vi sono alcuni casi in cui il lavoro autonomo si trasforma in lavoro subordinato. Ma cosa significa?
Vi sono situazioni in cui le aziende, per risparmiare sui costi per il personale, decidono di affidarsi a collaboratori esterni. Infatti, pagare la fattura ad un titolare di partita IVA è molto meno oneroso rispetto al versare gli stipendi, il TFR e tutto ciò che ne consegue ad un lavoratore dipendente.
Questi lavoratori “autonomi”, per non perdere il posto di lavoro decidono di aprire una falsa partita IVA. Per essere considerata falsa, ad esclusione delle casistiche che abbiamo visto sopra, la posizione IVA deve:
- avere una collaborazione con un unico committente dalla durata superiore agli otto mesi per due anni consecutivi (criterio temporale);
- il fatturato del lavoratore autonomo proviene all’80% da un solo committente nei due anni solari (criterio del fatturato);
- il lavoratore ha a disposizione una postazione fissa di lavoro presso la sede del committente (criterio organizzativo).
Di conseguenza, è considerata una partita IVA falsa se si presentano le seguenti condizioni:
- prestazione continuativa nel tempo e non limitata a singoli progetti;
- il lavoratore autonomo entra a far parte della struttura aziendale;
- il lavoro è organizzato dal committente, compresi orario di lavoro, mansioni e luogo di lavoro.
La Circolare n. 32/2012 del Ministero del Lavoro ha specificato, in riferimento al criterio temporale, che il periodo oggetto di analisi deve essere almeno pari a 241 giorni, anche non continuativi. In questi casi, infatti, si tratta di presunzione di subordinazione, definita dalla Legge n.92/2012.
Presunzione di subordinazione: cos’è e conseguenze
Per intervenire sul crescente fenomeno delle false partite IVA, è stato introdotto il decreto legislativo numero 81/2015, il Jobs Act, che stabilisce in quali casi la collaborazione è considerata presunzione di subordinazione.
Le false partite IVA con presunzione di subordinazione si comportano al pari di un lavoratore dipendente dell’azienda. Infatti, laddove dovrebbe esserci un rapporto subordinato, si è instaurata una finta collaborazione.
Questo, però, se da una parte rappresenta un importante risparmio economico per l’azienda, è anche un grosso rischio. Infatti, le conseguenze dei controlli da parte dell’autorità finanziaria possono essere le seguenti: prima di tutto l’azienda sarebbe tenuta ad assumere il lavoratore autonomo a tempo indeterminato.
In più, dovrebbe anche pagare tutti gli arretrati partendo dall’inizio della collaborazione, versando gli stipendi pregressi, i contributi e anche le tasse per conto del lavoratore.
Infine, sono previste anche sanzioni a carico dell’azienda, mentre non sono applicate multe per il lavoratore che è stato costretto ad aprire la partita IVA.
La presunzione di subordinazione, inoltre, per un lavoratore autonomo comporta importanti svantaggi. Infatti, non offre alcuna tutela prevista invece per i dipendenti, così come non permette di godere di importanti vantaggi, tra cui:
- ferie e permessi retribuiti;
- tredicesima e quattordicesima;
- contributi previdenziali pagati.
Partita IVA monocommittente – Domande frequenti
La partita IVA monocommittente si ha quando un rapporto di lavoro si instaura tra il titolare di partita IVA è un datore di lavoro. In alcuni casi si tratta di una partita IVA falsa che comporta rischi per l’azienda.
La partita IVA monocommittente è consentita nel caso di collaborazioni previste dai CCNL o accordi con i sindacati, professionisti iscritti a ordini professionali, lavori presso le ASD o in caso di prestazioni certificate che rispettano i requisiti previsti dalla legge.
La partita IVA con un unico committente è vietata se la prestazione è continuativa nel tempo e non limitata a singoli progetti, se il lavoratore autonomo entra a far parte della struttura aziendale e se il lavoro è organizzato dal committente, compresi orario di lavoro, mansioni e luogo di lavoro.
Buonasera, sono stato dipendente di una sede di I a multinazionale americana. Le crescenti responsabilità e i carichi di lavoro mi hanno fatto scegliere di licenziarmi volontariamente. Il mio ex datore di lavoro mi ha chiesto se sono disponibile a lavorare come consulente (aprendo la partita Iva) su alcuni progetti per 3gg/settimana.
Questo caso rappresenta una falsa P. IVA perché non avrò altri committenti, anche se la scelta di dimissioni volontarie è stata una scelta indipendente fatta da me?
Grazie!
Buongiorno,
potrebbe essere classificata come una falsa partita iva, da approfondire le caratteristiche del committente, se italiano o estero.
Team partitaiva.it
Sono stato dipendente della sede italiana di qsta multinazionale.
E’ la stessa sede italiana che mi propone una collaborazione per la quale emetterò fattura in base alle ore effettivamente lavorate.
Non dovrò recarmi sul posto di lavoro (100% remoto), avrò obiettivi da raggiungere in modo autonomo (implementazione di progetti informatici e scrittura di manuali utente, supporto funzionale al team di programmatori informatici).
Non lavorerò per tutti i mesi dell’anno: 2 mesi (ormai 1,5) nel 2024 e fino a luglio nel 2025 (poi si vedrà).
Anche in questo caso potrebbe configurarsi la “falsa partita IVA”?
Il mio possibile committente ha bisogno di aiuto, io lo posso dare, ma non vogliono rischiare sanzioni, e tantomeno io!
Graziemille!
Buongiorno,
il caso, a nostro avviso richiederebbe un approfondimento. Se interessato proponiamo una consulenza con un commercialista esperto sull’argomento https://partitaiva.it/link/consulenza.
Team partitaiva.it
Sono stato autonomo con partita iva con un solo committente dal 1994 al 2015 e poi ho fatto una srls lavorando sempre con lo stesso committente al 100 % e per tutti gli anni. Ho costruito e pagato tutte le attrezzature necessarie ai disegni da realizzare e dovuto firmare clausole che ritengono tali attrezzature di proprietà del committente e non utilizzabili per altri pena gravi penali. Ora mi stanno mollando perchè cambiando strategie mi stanno dando pochissimo lavoro che mi costringerà a chiudere con i debiti. Ci sono gli estremi per ” abuso di dipendenza economica ” o ” ” presunzione di subordinazione ” ?. Grazie
Buongiorno,
potrebbe essere complicato dimostrare tutto ciò. Consigliamo di rivolgersi a un legale valutando con attenzione i rischi e le eventuali implicazioni.
Grazie per averci scritto