Quanto paga di costi una partita IVA che non fattura? Tutti i casi e cosa sapere

A seconda della tipologia, una partita IVA potrebbe avere costi fissi anche quando non fattura. Vediamo tutte le casistiche.

Revisione a cura di Giovanni EmmiDottore CommercialistaSu PartitaIva.it ci impegniamo al massimo per garantire informazioni accurate. Gli articoli vengono costantemente revisionati da professionisti del settore.

Adv

quanto paga di costi una partita iva che non fattura
  • In generale, chi possiede una partita IVA deve far fronte a due principali oneri: tasse e contributi previdenziali.
  • Se una partita IVA non genera fatturato, potrebbe però non essere tenuta a versare né le imposte né i contributi, salvo il caso di artigiani e commercianti.
  • Questi ultimi, infatti, devono sostenere contributi previdenziali fissi indipendentemente dal volume d’affari.

Può capitare che un’attività non decolli subito o che, per ragioni personali o professionali, una partita IVA scelga di non emettere fatture per un certo periodo. Ma cosa succede in questi casi? Mantenere una partita IVA inattiva comporta comunque degli obblighi fiscali e previdenziali? E quali sono i costi reali da sostenere?

Vediamo nel dettaglio cosa prevede la normativa specifica per le diverse categorie di contribuenti e chiariamo quando è davvero necessario pagare contributi e tasse.

Costi fissi partita IVA

Prima di capire se una partita IVA può essere esentata dal pagare tasse e contributi quando non fattura, è opportuno fare una distinzione chiara tra questi due concetti. Le tasse sono somme dovute allo Stato in relazione al reddito o all’attività economica.

Se non c’è reddito, come nel caso di una partita IVA inattiva, le tasse (come l’IRPEF o l’imposta sostitutiva nel regime forfettario) non sono dovute perché si basano su un valore imponibile pari a zero.

Diverso è il discorso per i contributi previdenziali, che servono a finanziare il sistema pensionistico e altre tutele assistenziali. Per alcune categorie di lavoratori, come artigiani e commercianti, i contributi INPS sono fissi e obbligatori, indipendentemente dal fatturato. Al contrario, per i professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS, i contributi si calcolano solo sul reddito effettivamente prodotto e dunque non sono dovuti se non c’è fatturato.

C’è poi ancora una terza opzione riguardante i contributi previdenziali, ovvero quella delle casse professionali specifiche per determinate attività, pensiamo all’INPGI per i giornalisti o l’ENPAP per gli psicologi: in questi casi, ogni cassa stabilisce autonomamente le regole relative al versamento dei contributi minimi obbligatori, che possono essere dovuti indipendentemente dal reddito o modulati in base al fatturato effettivo.

Alle tasse e ai contributi bisogna anche aggiungere che le partite IVA pagano periodicamente le fatture agli eventuali fornitori, il canone di locazione per spazi utilizzati per l’attività, bollette, strumenti e materiali diversi in base al caso specifico. Questi costi per la partita IVA rimangono fino a quando l’imprenditore non decide di recedere gli accordi. Lo stesso vale per il pagamento periodico al commercialista.

Partita IVA aperta ma non utilizzata

Ed ora chiariamo cosa succede nel caso di una partita IVA aperta, ma non utilizzata. In primis, è importante sapere che una partita IVA inattiva per tre anni consecutivi può essere chiusa d’ufficio dall’Amministrazione finanziaria, come previsto dalla normativa vigente. Ma cosa accade in quei tre anni?

Non emettere fatture non significa che la partita IVA non esista più agli occhi dell’Agenzia delle Entrate. Quindi, anche se non pagheremo le tasse su un fatturato inesistente, avremo comunque degli obblighi puntuali da rispettare.

Primo tra tutti, la presentazione della dichiarazione IVA annuale (dove applicabile, ovvero nelle partite IVA in regime ordinario), anche se l’importo delle operazioni effettuate è pari a zero. Per quanto riguarda i contributi previdenziali, la situazione è più articolata e dipende dalla categoria di appartenenza, come abbiamo visto in precedenza.

Partita IVA forfettaria che non fattura

Anche chi aderisce al regime forfettario può trovarsi di fronte ad un reddito zero in un determinato periodo. Si deve fare riferimento in ogni caso all’intera annualità, quindi se il ricavo è nullo nel giro di qualche mese, in ogni caso ci si trova di fronte all’obbligo di pagamento delle tasse per i restanti mesi in cui si fattura.

Le stesse regole del regime ordinario nel caso di reddito zero per tutto l’anno valgono anche per i forfettari: non si applicano imposte, mentre per i contributi bisogna fare riferimento alla propria cassa previdenziale specifica, con le stesse regole viste prima. Anche se il ricavo è nullo, bisogna presentare la dichiarazione dei redditi indicando le spese sostenute.

Quanto costa mantenere una partita IVA inattiva?

I costi di mantenimento di una partita IVA che non fattura dipendono principalmente dalla categoria contributiva di appartenenza, ma anche da tutte quelle spese periodiche che l’imprenditore era abituato a sostenere quando fatturava.

1. Artigiani e commercianti

Gli artigiani e i commercianti devono sostenere generalmente molte spese, a partire da quelle per i fornitori. Sono poi obbligati al versamento dei contributi fissi INPS. Questo significa che, anche senza fatturato, bisogna pagare un importo annuo minimo che, per il 2024, ammonta a quanto indicato nella tabella sottostante. A questo si aggiunge il variabile solo nel momento in cui si fattura.

CategoriaAliquota contributivaContributo fisso annuo
Artigiani (titolari e collaboratori over 21)24%€4.427,04
Artigiani (collaboratori under 21)23,70%€4.371,80
Commercianti (titolari e collaboratori over 21)24,48%€4.515,43
Commercianti (collaboratori under 21)24,18%€4.460,19

2. Professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS

Diversamente dagli artigiani, i contributi in Gestione Separata sono calcolati solo in proporzione al reddito prodotto. Quindi, in assenza di reddito, non è richiesto alcun pagamento.

Una partita IVA inattiva potrebbe comunque comportare dei costi per eventuali spese attinenti all’attività, anche se in linea generale i professionisti autonomi pagano meno rispetto a chi lavora con un’impresa commerciale o artigiana.

3. Professionisti con cassa previdenziale dedicata

Ogni cassa ha regole proprie. Alcune prevedono contributi minimi obbligatori, altre adottano sistemi più flessibili basati sul reddito effettivo. Nella tabella sottostante, le più utilizzate e il loro funzionamento.

Cassa di PrevidenzaContributi
Cassa ForenseContributo soggettivo e integrativo variabili di anno in anno
Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti (CNPADC)Contributo soggettivo: aliquota variabile sul reddito netto professionale, con un contributo minimo obbligatorio. Contributo integrativo: 4% sul volume d’affari IVA
InarcassaContributo soggettivo: 14,5% del reddito professionale netto, con un contributo minimo obbligatorio. Contributo integrativo: 4% sul volume d’affari IVA.
ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Medici)Contributo soggettivo: percentuale sul reddito professionale, con un contributo minimo obbligatorio. Contributo integrativo: 2% sul volume d’affari IVA.
ENPAB (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Biologi)Contributo soggettivo: 15% del reddito professionale netto, con un contributo minimo obbligatorio. Contributo integrativo: 2% sul volume d’affari IVA.
ENPAV (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Veterinari)Contributo soggettivo: 15% del reddito professionale netto, con un contributo minimo obbligatorio. Contributo integrativo: 2% sul volume d’affari IVA.
ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Psicologi)Contributo soggettivo: 10% del reddito professionale netto, con un contributo minimo obbligatorio. Contributo integrativo: 2% sul volume d’affari IVA.

Partita IVA con reddito inferiore a 5.000 euro

Ci sono dei casi in cui, anche con entrate molto basse, un professionista è costretto ad aprire partita IVA poiché svolge un’attività continuativa. In questi casi, non esistono agevolazioni specifiche, bensì un regime fiscale agevolato che permette di pagare meno tasse.

Parliamo del regime forfettario, che non ha costi fissi, che non prevede l’applicazione dell’IVA e impone un’unica imposta sostitutiva del 15% sul reddito imponibile, che si riduce al 5% per i primi cinque anni di attività. Il reddito imponibile viene calcolato applicando un coefficiente fisso ai ricavi ed è valido per chi guadagna fino a 85.000 euro all’anno.

Altro discorso sono i contributi previdenziali, che seguono le stesse regole a prescindere dal regime fiscale adottato. L’obbligo di iscriversi ad una cassa previdenziale scatta dopo 5.000 euro di ricavi annui.

Se chiudo la partita IVA devo pagare l’INPS?

La chiusura della partita IVA non cancella automaticamente eventuali contributi previdenziali ancora dovuti. L’INPS calcola i contributi fino alla data di cessazione dell’attività e richiede il saldo di eventuali importi arretrati.

È quindi fondamentale comunicare tempestivamente la chiusura della partita IVA all’Agenzia delle Entrate per evitare ulteriori costi e complicazioni.

Quanto paga di costi una partita IVA che non fattura – Domande Frequenti

Quali sono i costi fissi di una partita IVA?

I costi fissi dipendono dal tipo di attività. Per artigiani e commercianti, includono i contributi previdenziali INPS, che sono obbligatori e indipendenti dal fatturato. Per i professionisti in Gestione Separata, i contributi variano in base al reddito per cui non ci sono spese fisse. Le casse professionali specifiche fanno le loro regole. Le tasse sulla partita IVA si applicano nel momento in cui si fattura.

Cosa succede se non uso la partita IVA?

Se una partita IVA non fattura, quindi non viene utilizzata ma rimane aperta, potrebbero comunque essere dovuti contributi fissi, soprattutto per artigiani e commercianti. Negli altri casi, il costo può essere effettivamente pari a zero, ma l’Agenzia delle Entrate può riservarsi la possibilità di chiudere di ufficio una partita IVA inattiva dopo 3 anni.

Quanto costa al mese mantenere la partita IVA?

I costi mensili di una partita IVA variano a seconda del tipo di attività. Per artigiani e commercianti, i contributi fissi INPS partono da circa 370 euro al mese, mentre per altre categorie dipendono dal regime fiscale e dal reddito prodotto.

Se non fatturo devo pagare l’INPS?

Il trattamento dei contributi previdenziali in caso di fatturato a zero dipende dalla categoria professionale: artigiani e commercianti devono comunque versare contributi INPS anche con fatturato zero, non versano nulla invece coloro che rientrano nella Gestione Separata. I professionisti iscritti ad un Albo seguono le regole della cassa specifica.

Autore
Foto dell'autore

Francesca Di Feo

Redattrice Partitaiva.it

Classe 1994, immediatamente dopo gli studi ho scelto di intraprendere una carriera nel Project Management in ambito di progetti Erasmus+ per EPS. Questo mi ha portato ad approfondire in particolare le tematiche inerenti alla fiscalità delle PMI, anche se la mia area di expertise risulta oggi molto più ampia in questo ambito. Oggi sono copywriter freelance appassionata di scrittura e di innovazione per le piccole e medie imprese.
Fact-Checked
Avatar di Giovanni Emmi
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista
Revisione al 7 Gennaio 2025
Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

Lascia un commento

Continua a leggere

Iscriviti alla Newsletter

Il meglio delle notizie di Partitaiva.it, per ricevere sempre le novità e i consigli su fisco, tasse, lavoro, economia, fintech e molto altro.

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.