- In Italia, un lavoratore su cinque è part time e di questi, uno su due non sceglie la propria condizione.
- La CGIL evidenzia una percentuale allarmante di contratti part time, la più alta dell’Eurozona, al 17,9%, con il 57,9% di lavoratori involontari a tempo parziale.
- Le condizioni economiche difficili, unite alla disparità di genere e alla precarietà contrattuale, spingono i sindacati a richiedere misure concrete.
In Italia, il lavoro part time assume dimensioni e caratteristiche che vanno oltre la semplice nozione di flessibilità lavorativa: una modalità occupazionale che oggi interessa un lavoratore su cinque e che si dispiega attraverso una realtà complessa, dove le problematiche strutturali, economiche e sociali s’intrecciano.
La voce della CGIL rappresenta una situazione in cui il part time, lungi dall’essere sempre una scelta consapevole e desiderata, si configura spesso come una condizione subìta, segno di una precarietà endemica che influisce anche sulla crescita economica.
Indice
In Italia 1 lavoratore su 5 è part time
La realtà denunciata da CGIL1 mostra che, sebbene il lavoro part time possa essere considerato un’opzione flessibile per conciliare le esigenze di vita privata e professionale da alcuni, per molti assume i contorni di una condizione involontaria e precaria.
La percentuale del part time involontario in Italia, segnalato come il più alto dell’Eurozona al 57,9%, testimonia infatti una realtà lavorativa in cui la scelta del part time corrisponde a una vera preferenza del lavoratore solo una volta su due.
Condizione involontaria aggravata ulteriormente dalla difficoltà di integrare il salario, spesso insufficiente, con un secondo impiego, a causa di orari di lavoro imprevedibili e di condizioni contrattuali restrittive.
Part time, lavoro sommerso e disparità di genere
Con il proprio Report Lavoro di marzo2, anche la CISL si unisce all’appello. Come documentato, si è infatti riscontrato un cambiamento preoccupante nel mercato del lavoro nell’ultimo trimestre del 2023.
A differenza dei periodi precedenti, in cui si era assistito a un incremento esclusivo dei posti di lavoro a tempo pieno e a una riduzione, per la prima volta dopo anni, dei lavori a tempo parziale, l’ultima parte dell’anno ha visto un rovesciamento di questa tendenza.
Pertanto, in un’analisi comparativa con l’ultimo trimestre del 2022, si osserva un incremento del 3,4% nei contratti a part time, rispetto a un aumento del 2% per i contratti a tempo pieno.
L’allarme lanciato riguarda però non solo la prevalenza del part time involontario, ma anche la qualità delle condizioni di lavoro.
In molti casi, come rivelato dall’attività ispettiva dell’INAIL, contratti di questo tipo celano realtà di lavoro a tempo pieno irregolare, con ore lavorative eccedenti quelle contrattualmente previste e retribuite in nero o parzialmente.
Ancora una volta, l’analisi evidenzia inoltre una marcata disparità di genere, con una prevalenza di lavoratori part time significativamente maggiore tra le donne.
Questa condizione rappresenta spesso l’unica via per conciliare le responsabilità lavorative con le esigenze familiari, in un contesto nazionale carente di servizi per l’infanzia e di scuole a tempo pieno. La scelta di lavorare meno ore, quindi, lungi dall’essere liberatoria, diventa un’imposizione dettata dalla mancanza di alternative.
L’impatto economico della precarietà nei part time
Le ripercussioni economiche del lavoro part time involontario sono severe. Le retribuzioni medie annue per questo tipo di contratti, che si aggirano attorno agli 11.000 euro, come segnalato dalla CGIL, sono ancora più basse rispetto a una media nazionale già di per sé bassa, specialmente nel Mezzogiorno e per i contratti a tempo determinato, dove si arriva a retribuzioni annue sotto i 6.200€.
Una condizione di precarietà economica che non solo influisce negativamente sul benessere immediato dei lavoratori, ma prefigura anche un futuro di insicurezza previdenziale, con la prospettiva di pensioni inadeguate al crescente costo della vita.
Le richieste avanzate dai sindacati, tra cui l’introduzione di una pensione di garanzia e il superamento del minimale contributivo per i lavoratori part time, mirano a offrire soluzioni concrete alle criticità evidenziate nell’analisi.
In particolare, viene fatto riferimento alla proroga dell’ammortizzatore sociale per il part time ciclico, introdotto con la legge di Bilancio 2021 ma non rifinanziato dal governo Meloni, e che rappresenta una delle misure più urgenti proposte per mitigare la precarietà lavorativa.
- “Precarietà: Cgil, 58% dei part time è involontario, l’incidenza più alta di tutta l’Eurozona”, CGIL, cgil.it ↩︎
- Report Lavoro, marzo 2024, CISL, cisl.it ↩︎
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it