Parità di genere: tutti i numeri del gender gap in Italia

L'INPS ha delineato una panoramica di dati sul gender gap in Italia: l'occupazione femminile rimane critica, mentre arrivano buoni risultati per l'imprenditoria.

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Parità genere
  • L’INPS segnala come nel 2023 il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 52,5%, una percentuale ancora contenuta che evidenzia le criticità del paese in merito al gender gap.
  • Le differenze di genere si possono individuare nella sfera lavorativa, sociale e familiare, ma anche a livello di gap retributivo.
  • Solamente il 21,1% dei dirigenti è composto da donne e questa è la conseguenza della forte difficoltà di accesso e permanenza delle donne in ruoli di alto livello.

La parità di genere rimane un tema al centro dell’attenzione per imprese e politica. Attualmente l’Italia è ancora indietro rispetto alla media europea sull’occupazione femminile e gli ultimi dati del rendiconto di genere pubblicati dall’INPS1 rivelano come, nonostante le numerose iniziative introdotte per favorire una diminuzione del divario, il gender gap sia ancora elevato.

Le differenze di genere si possono riscontrare in diversi ambiti: dalla disuguaglianza di salario tra lavoratori uomini e lavoratrici donne, alla difficoltà di accesso a ruoli manageriali per le donne.

Un segnale emblematico di questa situazione è il netto contrasto tra la situazione lavorativa e quella scolastica: benché le donne abbiano più titoli di studio rispetto alla componente maschile del paese, questo non corrisponde ad un migliore accesso al mondo del lavoro. Prosegue meglio invece l’imprenditoria femminile, in cui l’Italia supera molti altri paesi europei.

Parità di genere: il tasso di occupazione

L’INPS nell’ultimo report, che prende in considerazione l’andamento del gender gap nel 2023, rileva una situazione non ancora congeniale per la parte femminile della popolazione italiana. Andando ad analizzare strettamente il tasso di occupazione, questo varia in base all’età, al genere e alla regione, dimostrando una non omogeneità sul territorio del paese.

EtàFemmineMaschiTotale
15-2416,2%24,3%20,4%
25-3459,5%76,3%68,1%
35-4966,0%86,7%76,3%
50-6452,9%74,3%63,4%
15-6452,5%70,4%61,5%

Come si può vedere dai dati, il tasso di occupazione femminile è nettamente inferiore rispetto a quello maschile e questo accade per tutte le fasce di età. Particolarmente critica è la situazione dei giovani: nella fascia dai 15 ai 24 anni solamente il 16,2% delle donne risultano impiegate, contro il 24,3%.

In ogni caso questi dati, oltre a rilevare un gender gap significativo, mettono in luce la dinamica generale dell’occupazione italiana, con un netto svantaggio dei più giovani, che nel totale risultano essere meno presenti nel mercato del lavoro rispetto a chi ha dai 35 anni in su.

La conseguenza di questo scenario è un gender gap marcato in tutta Italia: solamente il 52,5% delle donne risulta occupato, contro il 70,4% degli uomini. Le motivazioni sono le più diverse: di natura culturale, di gestione familiare, di minore possibilità di accesso a contratti stabili nel tempo e così via.

Le crisi economiche hanno il loro impatto: pensiamo ad esempio a cosa è accaduto durante la pandemia, quando moltissime donne hanno scelto di rimanere a casa per favorire la gestione della famiglia. Per ciò che riguarda il tasso di disoccupazione, nel 2023 era all’8,8% per le donne e al 6,8% per gli uomini.

Ma bisogna anche considerare i numerosi inattivi presenti nel paese, ovvero persone che non studiano e non lavorano. Il tasso di inattività è al 42,3% per la componente femminile e al 24,3% per quella maschile, rilevando anche in questo contesto un forte gender gap.

Gender gap e neet

Negli ultimi anni un termine ha definito i giovani che non studiano e non lavorano, ovvero i così detti neet. Sono persone non occupate in un percorso di formazione, né nella ricerca di un lavoro. A delineare i confini di questo fenomeno è un report Istat2 recente, che evidenzia una situazione problematica nel nostro paese.

Nel 2023 i neet sono scesi al 16,1% della popolazione nella fascia di età 15-29 anni, un dato comunque molto preoccupante. Questa percentuale infatti ci dice come sta andando il mercato del lavoro in Italia, rivelando la bassa partecipazione dei giovani (collegata ad un’elevata disoccupazione per chi appartiene a questa categoria).

Ma come si inserisce qui il gender gap? L’INPS rileva come, riferendoci a tutto il territorio italiano, mediamente il 14,4% delle donne apparteneva ai così detti neet, mentre il 17,8% era composto da uomini. Se nel complesso risultano essere non occupati nella formazione né nel lavoro per lo più i maschi, a livello regionale le cose cambiano.

In Sicilia infatti tali percentuali salgono al 30,4% per le donne e al 25,6% per gli uomini, seguita dalla Campania con il 28,5% per le donne e il 25,4% per gli uomini. Tra i fattori che influiscono su questi dati vi è anche il tasso di abbandono scolastico, che in Italia purtroppo è molto elevato (al 10,5%).

Differenze di genere e ruoli dirigenziali

Un altro tassello importante quando si parla di differenze di genere riguarda le possibilità concrete per le donne di accedere a ruoli manageriali e di dirigenza, storicamente inferiori rispetto a quelle dei colleghi uomini. Parlando in termini di numeri, nel 2023 nel totale dei dirigenti assunti come dipendenti a tempo indeterminato nel settore privato (124.944 persone), solo 26.388 erano donne.

Questa marcata differenza ci può dare un’idea della disparità presente oggi nel mercato del lavoro, in termini di accesso e permanenza in ruoli dirigenziali. A condurre le aziende sono soprattutto gli uomini, mentre alle donne sono riservate mansioni da impiegate o operaie.

Per le figure di Quadri, il genere femminile ricopre solamente il 32,4% del totale, mentre quello maschile è in netta superiorità, per il 67,6%. Anche in questo caso i fattori culturali si mescolano alle motivazioni organizzative, rilevando una differenza notevole.

Eppure diversi studi hanno dimostrato che le imprese gestite da personale femminile hanno spesso risultati migliori rispetto a quelle gestite dalla controparte. E lo stesso si riflette sull’imprenditoria, anche se ancora oggi le imprese sono per lo più avviate e gestite da uomini.

Imprenditoria femminile: tutti i numeri

L’imprenditoria femminile è una tematica che sta avendo forte rilievo soprattutto negli ultimi anni, in concomitanza con l’introduzione di misure specifiche per ampliare le possibilità per le donne e con studi di settore dedicati alle imprese condotte da una maggioranza di quote rosa.

Un dato interessante evidenzia l’evoluzione delle imprese italiane rispetto a quelle europee: l’Italia è al primo posto in Europa per numero di donne imprenditrici, come rilevato recentemente da Unioncamere3.

Le imprenditrici italiane sono oggi circa 1,4 milioni, ovvero ricoprono il 23% del totale delle imprese attive nel nostro paese. Numeri come questo fanno ben sperare, perché rilevano l’impegno del paese nel cambiare direzione soprattutto nel settore imprenditoriale e del lavoro autonomo.

Sono diversi oggi gli incentivi volti soprattutto a questa categoria, come quelli erogati dal PNRR per sostenere la creazione di imprese femminili, con Smart&Start, il Fondo Impresa Femminile e il più recente Donne in Digitale. Risorse specifiche poi vengono garantite presso le singole regioni e sostengono soprattutto le aree più svantaggiate del paese, come il Sud Italia.

Allo stesso tempo sono presenti diversi incentivi per l’assunzione di lavoratrici donne, a partire dagli sgravi contributivi dedicati al Mezzogiorno.

Certificazione di parità di genere

Gender gap

Un accenno a questo proposito va fatto per ciò che riguarda la certificazione di parità di genere, che ad oggi incentiva le imprese italiane a mettere in pratica azioni per ridurre le differenze di genere.

Le imprese quindi possono ottenere importanti vantaggi nel momento in cui assumono personale femminile e ottengono la certificazione, procedendo quest’anno alla richiesta entro il 30 aprile 2025.

Ricordiamo inoltre che le aziende virtuose possono ottenere delle importanti agevolazioni sui contributi, come lo sgravio contributivo al 100% per due anni per le realtà che assumono donne disoccupate da almeno sei mesi che si trovano nella ZES Unica, oppure da 24 mesi in tutta Italia.

Gender pay gap: quali sono le differenze

Una differenza sostanziale tra lavoratori e lavoratrici riguarda la retribuzione: le donne infatti, a parità di ruolo e tipologia contrattuale, guadagnano meno degli uomini.

Prendendo in considerazione le retribuzioni medie giornaliere, in 10 settori analizzati dall’INPS su 18, le donne arrivano a guadagnare anche più del 20% in meno rispetto agli uomini. Questo gap aumenta notevolmente in alcuni ambiti specifici, che sono gli stessi che richiedono una maggiore formazione o specializzazione.

Il gender pay gap rileva un 35,1% di guadagno in meno delle donne rispetto agli uomini nelle attività professionali scientifiche e un 39,9% in meno nel settore immobiliare. Le cose non cambiano in ambito pubblico, in cui gli uomini guadagnano mediamente il 20% rispetto alle colleghe donne.

Queste differenze sono strutturali e riguardano non solo l’Italia, ma tutto il continente europeo. Il Parlamento Europeo ha individuato le cause di questo fenomeno4, tra cui rientra la modalità stessa in cui il lavoro viene svolto.

Per le donne infatti spesso il rapporto di lavoro si configura come un part time, per cui nella pratica le lavoratrici sono occupate per più ore durante il giorno nella cura della casa e della famiglia, scegliendo (o dovendo scegliere) una modalità parziale rispetto al full time. A confronto con gli uomini, le donne svolgono più spesso lavori non retribuiti, come la cura degli anziani, dei bambini e della casa di famiglia.

Le responsabilità familiari influiscono sulla scelta stessa delle lavoratrici, ma non è solo questo a causare il divario nei guadagni. Molti settori tra quelli meno pagati infatti vedono proprio le donne al centro: ad esempio l’assistenza alla persona, l’istruzione o la sanità. Mediamente queste mansioni sono pagate meno e sono prettamente svolte dalle donne. Come visto prima, le lavoratrici ricoprono raramente ruoli dirigenziali, non potendo così accedere a salari più elevati.

  1. Rendiconto di genere 2024: i dati, INPS, inps.it ↩︎
  2. Report Istat, istruzione e formazione, Istat, istat.it ↩︎
  3. L’Italia guida l’Europa con il numero più alto di imprenditrici: un trend in crescita, Unioncamere, sni.unioncamere.it ↩︎
  4. Understanding the gender pay gap: definition and causes, European Parliament, europarl.europa.eu ↩︎

Autore
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Valeria Oggero

Giornalista

Giornalista pubblicista, laureata in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino, da sempre sono appassionata di scrittura. Dopo alcune esperienze all'estero, ho deciso di approfondire tematiche inerenti la fiscalità nazionale relativa alle persone fisiche ed alle Partite Iva. La curiosità mi ha portato a collaborare con agenzie web e testate e a conoscere realtà anche diversissime tra loro, lavorando come copywriter e editor freelancer.

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