- Le multinazionali spesso sfruttano i paradisi fiscali come le Isole Vergini Britanniche, le Isole Cayman, la Svizzera e l’Irlanda per ridurre drasticamente le tasse dovute nei paesi d’origine.
- Questo tipo di abuso fiscale costa ai governi circa mezzo trilione di dollari all’anno, privando le economie globali di risorse per servizi pubblici.
- Il Regno Unito, tramite i suoi territori offshore, insieme ad altri paesi europei gioca un ruolo centrale nel fenomeno.
Quali sono i primi paesi che ci vengono in mente quando parliamo di paradisi fiscali? Per molti, l’immaginario comune cade su isole da sogno dove multinazionali e miliardari di tutto il mondo spostano i propri capitali per godere di una fiscalità estremamente agevolata.
Ad alcuni, probabilmente, verrà in mente anche la Svizzera, ma solo come microcosmo a sé, scollegato da altri paesi UE visti come intransigenti su questo aspetto. Tuttavia, il Corporate Tax Haven Index 20231, stilato dall’organizzazione indipendente Tax Justice Network, racconta un’altra storia.
Se ai primi posti troviamo infatti i soliti nomi, come le Isole Vergini Britanniche, le Isole Cayman e le Bermuda, sorprenderà sapere che nella top 10 dei paradisi fiscali più sfruttati al mondo, l’Europa occupa ben 5 posizioni in un’analisi di 70 paesi. Anche l’Italia non rimane esclusa, posizionandosi però al 29° posto.
Indice
Cos’è un paradiso fiscale
Prima di addentrarci nei risultati dell’analisi condotta dal Tax Justice Network, è importante fare una doverosa premessa. Un paradiso fiscale non è un luogo dove le grandi aziende non pagano le tasse, bensì un una giurisdizione o un paese che offre condizioni fiscali estremamente favorevoli, tra cui imposte molto basse, spesso con lo scopo attirare individui e aziende straniere.
Giurisdizioni che spesso garantiscono anche un alto grado di segretezza bancaria e finanziaria, rendendo difficile per le nazioni di origine tracciare i flussi di denaro e verificare l’effettiva tassazione dei redditi.
I paradisi fiscali vengono dunque sfruttati più che altro da multinazionali, ma anche da persone fisiche, per ridurre, talvolta illegalmente, il carico fiscale nel loro paese di origine. Complessivamente, le 70 giurisdizioni analizzate nel rapporto coprono l’86,67% degli investimenti esteri a livello globale.
Quali sono i paradisi fiscali oggi in Europa
Posizione nella classifica globale | Paese europeo | Impatto nel totale di evasione nel mondo |
---|---|---|
4 | Svizzera | 5.3% |
7 | Paesi Bassi | 4.5% |
9 | Irlanda | 3.8% |
10 | Lussemburgo | 3.5% |
18 | Regno Unito | 2.1% |
19 | Francia | 2.1% |
20 | Malta | 1.7% |
21 | Belgio | 1.6% |
22 | Ungheria | 1.6% |
23 | Germania | 1.4% |
29 | Italia | 0.8% |
Se ci limitiamo a guardare la classifica europea, subito c’è la Svizzera. Nonostante le riforme che hanno interessato il suo sistema fiscale, il territorio elvetico rimane uno dei poli principali per la pianificazione fiscale aggressiva, grazie alle aliquote fiscali competitive che alcuni specifici cantoni offrono a residenti e stranieri ad alto patrimonio, sia che si tratti di persone fisiche che di grandi aziende.
La Svizzera comunque non è l’unico paradiso fiscale in Europa. Al 7° posto troviamo infatti i Paesi Bassi, che offrono alle aziende la possibilità di negoziare direttamente con le autorità fiscali le condizioni del pagamento delle imposte, attraverso il cosiddetto Advance Tax Rulings, nonché un regime di tassazione favorevole sui redditi da royalties e interessi.
Arriviamo all’Irlanda, paradiso fiscale per le grandi aziende tech, molte delle quali hanno sedi in Silicon Valley. Insieme ai Paesi Bassi, è responsabile del cosiddetto Double Irish, o Duch Sandwich, struttura utilizzata dalle multinazionali per trasferire profitti da un Paese all’altro, spesso attraverso sussidiarie, in paesi con imposizioni fiscali molto basse o nulle.
Anche qui i regimi di tassazione sono estremamente favorevoli per la proprietà intellettuale2 e l’aliquota fiscale sull’imposta sulle società è del 12,5% sugli utili commerciali, la più bassa in Europa. Non sorprende dunque che aziende come Google, Apple, Facebook e Microsoft abbiano sede qui.
L’Italia è un paradiso fiscale? Perché quel 29° posto
Per molte partite IVA e PMI, pensare all’Italia come un paradiso fiscale è fantasioso, data l’alta pressione fiscale applicabile su diverse tipologie di impresa nel nostro paese. Eppure, quel 29° posto su 70 ha un razionale ben preciso, se spostiamo la visuale sulle grandi multinazionali e gli stranieri ad alto patrimonio.
Dal 2017, l’Italia ha infatti introdotto un regime fiscale per i magnati esteri che decidono di trasferirvi la propria residenza fiscale, con un’imposta sostitutiva di 100.000 euro annui sui redditi prodotti all’estero, indipendentemente dall’effettivo ammontare del reddito. Un chiarissimo incentivo, smorzato comunque dalle recenti modifiche che dal 2025 porteranno tale soglia a 200.000 euro.
Non trascurabile però anche la peculiare struttura del regime forfettario: se per molti professionisti autonomi italiani quegli 85.000 euro di soglia appaiono pressoché irraggiungibili, per tantissimi stranieri sono la norma. Una flat tax del 15% di imposte su tali redditi risulta quindi decisamente vantaggiosa.
I lavoratori impatriati potranno inoltre beneficiare delle agevolazioni previste per coloro che si trasferiscono per motivi di lavoro: prevista infatti un’esenzione del 30% dell’ammontare oppure al 10%, se la residenza è presa in specifiche regioni del sud. Il beneficio si estende per cinque anni, con la possibilità di ulteriori proroghe in determinate condizioni.
Il ruolo del Regno Unito e i paradisi fiscali offshore
Sorprendentemente, è il Regno Unito, ufficialmente 18° nella classifica Corporate Tax Haven, a giocare un ruolo di primo piano in questo contesto. Non direttamente, ma grazie ai territori che ricadono sotto la sua giurisdizione, tra cui appunto le celebri Isole Vergini Britanniche e le Isole Cayman.
Secondo il rapporto del Tax Justice Network, le multinazionali che sfruttano le agevolazioni fiscali offerte dai suoi territori a fiscalità agevolata fanno infatti perdere ai governi globali circa 84 miliardi di dollari l’anno in imposte societarie. Importo che sale a 169 miliardi di dollari se si considerano anche le perdite dovute all’evasione fiscale individuale.
La classifica dei paradisi fiscali nel mondo
Posizione nella classifica globale | Paese | Impatto delle multinazionali sull’evasione globale |
---|---|---|
1 | Isole Vergini Britanniche | 2,9% |
2 | Isole Cayman | 2,4% |
3 | Bermuda | 1,5% |
4 | Svizzera | 3,4% |
5 | Singapore | 3,5% |
6 | Hong Kong | 7,1% |
7 | Paesi Bassi | 11,1% |
8 | Jersey | 0,5% |
9 | Irlanda | 3,4% |
10 | Lussemburgo | 8,8% |
L’impatto dell’evasione fiscale globale
Appannaggio di pochi, le conseguenze dell’abuso fiscale sono però rilevanti per le economie di tutto il mondo. Il Tax Justice Network stima che le multinazionali siano responsabili della perdita di circa mezzo trilione di dollari all’anno in entrate fiscali a livello globale. Risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare servizi pubblici come la sanità e l’istruzione nei paesi dove questi fondi vengono sottratti.
Il dato più sorprendente è che una parte considerevole di questi fondi è concentrata in un piccolo numero di giurisdizioni, con i dieci principali paradisi fiscali che accolgono quasi il 45% degli investimenti esteri diretti delle multinazionali.
- The world’s Biggest enablers of corporate tax abuse, Corporate Tax Haven Index, Tax Justice Network ↩︎
- Intellectual Property Rights and Irish Companies, ohanlontax.ie ↩︎
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it