Licenziamento per giusta causa: cos’è e come funziona nel 2023

Quando si può ricorrere al licenziamento per giusta causa? Quali sono i limiti e quanto costa alle aziende? Leggi qui tutte le informazioni sulla modalità di licenziamento.

Revisione a cura di Giovanni EmmiDottore CommercialistaSu PartitaIva.it ci impegniamo al massimo per garantire informazioni accurate. Gli articoli vengono costantemente revisionati da professionisti del settore.

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licenziamento per giusta causa
  • Il licenziamento per giusta causa è disciplinato dall’articolo 2119 del Codice Civile e permette al datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro senza rispettare il termine di preavviso.
  • Il licenziamento per giusta causa vale sia per i contratti di lavoro a tempo determinato e sia per quelli a tempo indeterminato.
  • Il licenziamento è consentito solamente in precise casistiche ovvero quando il lavoratore dipendente compromette in modo molto grave il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente.

Il datore di lavoro può interrompere un rapporto di lavoro con il lavoratore dipendente in tre modi: con il licenziamento per giusta causa, con il licenziamento per giustificato motivo oggettivo o con il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Nel primo caso il datore di lavoro recede dal contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato senza rispettare il termine di preavviso. Invece, il secondo è quello in cui il datore di lavoro interrompe il rapporto di lavoro a causa di eventi che influenzano l’attività produttiva dell’azienda.

Infine, il terzo è il licenziamento giustificato da inadempienze o per la condotta negativa del lavoratore, ma è previsto il rispetto del preavviso.

Ma quando è consentito, invece, il licenziamento per giusta causa e quali sono i limiti? In questa guida vedremo come funziona il licenziamento per giusta causa, in quali casi è consentito e tutte le altre informazioni da conoscere.

Cos’è il licenziamento per giusta causa

Si ricorre al licenziamento per giusta causa quando il datore di lavoro recede dal rapporto di lavoro a tempo determinato o da quello a tempo indeterminato, senza rispettare il termine di preavviso, a causa di un comportamento grave che non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro.

Il licenziamento per giusta causa è disciplinato dall’articolo 2119 del Codice Civile. Si tratta di una forma di licenziamento immediato, senza preavviso, giustificato da un comportamento gravemente lesivo degli interessi aziendali da parte del dipendente.

Questa modalità di licenziamento comporta la perdita immediata del posto di lavoro e non dà diritto a:

  • l’indennità di preavviso;
  • l’indennità di licenziamento.

Il dipendente licenziato per giusta causa può, tuttavia, opporsi al licenziamento facendo ricorso presso il giudice del lavoro.

Licenziamento per giusta causa: come funziona

Il licenziamento per giusta causa non va confuso con il licenziamento per giustificato motivo (soggettivo o oggettivo).

L’art. 2119 del Codice Civile recita:

“Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda.”

Da ciò si deduce che, in caso di grave inadempimento da parte del lavoratore, sufficientemente grave da minare il suo rapporto di fiducia con il Datore di lavoro, il datore di lavoro può licenziarlo. Di conseguenza, il licenziamento per giusta causa è la forma più grave di licenziamento.

L’azienda, o il datore di lavoro, prima di procedere con un licenziamento per giusta causa deve verificare la sussistenza dei fatti, e valutare se sia opportuno procedere con un richiamo o una sospensione per poi procedere, eventualmente, con il licenziamento.

licenziamento per giusta causa come funziona

Licenziamento per giusta causa: quando è consentito

Il licenziamento può avvenire in tre modi:

  • per giusta causa;
  • per giustificato motivo soggettivo;
  • per giustificato motivo oggettivo.

Il giustificato motivo soggettivo si verifica quando il dipendente viene meno all’adempimento di determinati obblighi contrattuali. Inoltre, prevede l’obbligo di preavviso, le cui tempistiche sono stabilite dal contratto collettivo.

Il giustificato motivo oggettivo, invece, è causato dal verificarsi di eventi che influenzano l’attività produttiva dell’azienda.

Alcuni dei motivi per cui si può ricorrere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono, ad esempio: la crisi dell’impresa, la cessazione dell’attività o il venir meno delle mansioni cui è assegnato il lavoratore.

Motivi di licenziamento per giusta causa

Un dipendente può essere licenziato per giusta causa e senza preavviso se si verifica una situazione che compromette il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente.

Di conseguenza, si devono verificare specifiche situazioni che riguardano la condotta del lavoratore. Tra i motivi più comuni che possono determinare il licenziamento per giusta causa del dipendente ci sono:

  • assenteismo;
  • falsa malattia e falso infortunio;
  • uso improprio permessi legge 104;
  • comportamento contrastante con le esigenze terapeutiche di rapido recupero, in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, al fine di non pregiudicare o ritardare la guarigione dalla malattia o dall’infortunio;
  • rifiuto ingiustificato e reiterato del dipendente ad eseguire la prestazione lavorativa;
  • il dipendente si rifiuta di trasferirsi in altra sede o filiale dell’azienda;
  • il lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia, se tale attività pregiudica la pronta guarigione e il ritorno al lavoro;
  • il dipendente ha una condotta extralavorativa penalmente rilevante e idonea a far venir meno il vincolo fiduciario;
  • la perdita dei requisiti CIG (Cassa Integrazione Guadagni);
  • accertamento di illeciti a danno del patrimonio aziendale;
  • violazione del patto di non concorrenza;
  • falsa timbratura;
  • violazione dell’obbligo di fedeltà;
  • furti o sabotaggi.

Invece, non è possibile ricorrere alla giusta causa nei seguenti casi:

  • se la mancanza del dipendente è stata provocata da una mancanza del datore di lavoro;
  • incapacità del lavoratore;
  • fallimento dell’impresa;
  • cessione dell’azienda;
  • liquidazione coatta amministrativa dell’imprenditore;
  • imperizia tecnica.

Il lavoratore rischia delle problematiche nell’inserimento lavorativo futuro? Va tenuto presente che le motivazioni del licenziamento non vengono registrate o riportate all’interno della scheda professionale tenuta dal centro per l’impiego.

In più, la nuova azienda in cui il lavoratore si va a ricollocare non può richiedere il certificato penale del dipendente per verificare che sia stato licenziato per motivi inerenti alla commissione di reati, a meno che non sia previsto dal contratto collettivo nazionale.

Il datore di lavoro può utilizzare un apposito documento per procedere: scarica qui il modello di lettera di licenziamento per giusta causa.

Licenziamento per giusta causa e disoccupazione

L’indennità per disoccupazione è una misura prevista per tutti gli eventi di disoccupazione involontaria. Anche nota come Naspi, o Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego,  spetta a tutti i dipendenti che hanno involontariamente perso il loro impiego.

Per avere diritto alla Naspi, il lavoratore deve possedere i seguenti requisiti:

  • perdita involontaria del lavoro: sono escluse le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
  • requisito contributivo: devono essere state versate all’INPS almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro;
  • requisito lavorativo: il lavoratore deve aver effettuato almeno 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi precedenti allo stato di disoccupazione.

Di conseguenza, se il lavoratore presenta gli ultimi due requisiti, ha diritto all’indennità mensile, che spetta anche in caso di licenziamento per giusta causa. Infatti, si tratta di lavoratori che hanno perduto involontariamente l’occupazione.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Licenziamento per giusta causa e TFR

I dipendenti che vengono licenziati per giusta causa hanno diritto al TRF? La risposta è sì.

Infatti, il TFR, o Trattamento di Fine Rapporto, spetta al lavoratore alla fine del proprio rapporto di lavoro, indipendentemente dalla ragione per cui si è concluso.

Di conseguenza, è previsto anche in caso di licenziamento per giusta causa. Risulta quindi una grave mancanza dell’azienda il mancato versamento del TFR entro i termini stabiliti per legge.

Impugnare il licenziamento per giusta causa

Come abbiamo anticipato, in caso di licenziamento per giusta causa, il lavoratore può fare ricorso. Infatti, in caso di licenziamento illegittimo, una volta impugnato il lavoratore può richiedere un indennizzo o il reintegro in azienda.

I termini di impugnazione stabiliti dalla legge sono fissati a 60 giorni, a partire dal giorno in cui il lavoratore riceve la lettera di licenziamento.

Il lavoratore licenziato deve scrivere una lettera all’azienda in cui conferma la sua volontà inequivoca di impugnare il recesso del contratto di lavoro. A questo punto deve anche depositare, entro 180 giorni dalla spedizione della lettera di impugnazione, l’atto di ricorso presso la cancelleria della sezione lavoro del tribunale ordinario.

In alternativa può comunicare all’azienda la richiesta di un tentativo di conciliazione da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Licenziamento per giusta causa: il costo

Quando il datore di lavoro decide di licenziare un dipendente per giusta causa, è tenuto a pagare il ticket Naspi, anche noto come “ticket licenziamento”.

Si tratta di un pagamento versato dal datore di lavoro nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le cause che darebbero diritto all’assegno di disoccupazione, indipendentemente dal requisito contributivo, inclusi i rapporti di lavoro intermittente.

Il ticket è dovuto sia nel caso di licenziamento individuale che collettivo. Il pagamento del ticket deve essere effettuato dal datore di lavoro in un’unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.

Il ticket di licenziamento, in caso di licenziamento individuale, è pari al 41% del massimale mensile Naspi, per ogni 12 mesi di anzianità aziendale posseduta dal lavoratore negli ultimi 3 anni.

L’ammontare del ticket, in caso di rapporti di lavoro inferiori a 12 mesi, è da calcolare in proporzione al numero di mesi lavorati (almeno 15 giorni).

Licenziamento per giusta causa – Domande frequenti

Quali sono i motivi per un licenziamento per giusta causa?

Il licenziamento per giusta causa è legittimo in caso di situazioni che compromettono il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente, come l’assenteismo, il furto, la falsa malattia e così via. Leggi quali sono gli altri motivi per cui è ammissibile il licenziamento per giusta causa.

Chi viene licenziato per giusta causa ha diritto alla disoccupazione?

In caso di licenziamento per giusta causa il lavoratore ha diritto alla Naspi, poiché si tratta di una fattispecie di perdita involontaria del lavoro. Leggi come funziona la Naspi in caso di licenziamento per giusta causa.

Quanto costa licenziare un dipendente per giusta causa?

Il ticket di licenziamento in caso di licenziamento per giusta causa è pari al 41% del massimale Naspi mensile per ogni anno di servizio del lavoratore cessato, fino ad un massimo di euro 1.809,30 per il triennio di anzianità.

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Ilenia Albanese

Esperta di finanza personale e lavoro digitale

Copywriter specializzata nel settore della finanza personale, con esperienza pluriennale nella creazione di contenuti per aiutare i consumatori e i risparmiatori a gestire le proprie finanze.
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Giovanni Emmi
Dottore Commercialista
Revisione al 1 Giugno 2023
Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

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