- In paesi come l’Italia, le percentuali di lavoratori autonomi sono più alte, in parte a causa della fluidità del mercato del lavoro. Paesi con economie più solide mostrano infatti percentuali più basse.
- L’imprenditoria giovanile è elevata in paesi “freschi” di integrazione UE, come Slovacchia e Romania, mentre è più bassa in economie mature come Germania e Danimarca.
- Il gender gap nell’imprenditoria è più marcato in paesi come Grecia e Italia, dove le norme culturali e le barriere di accesso amplificano le disparità tra uomini e donne.
Nonostante l’Unione Europea si presenti oggi come un territorio economicamente e politicamente integrato, le differenze nei mercati del lavoro tra le varie nazioni rimangono sostanziali.
In paesi dove il mercato è meno strutturato, come l’Italia, la quota di lavoratori autonomi è più alta, poiché spesso avviare una propria attività può risultare più accessibile rispetto alla ricerca di un impiego stabile come dipendente. Al contrario, in nazioni con economie più avanzate e mercati del lavoro solidamente strutturati, le posizioni dipendenti offrono maggiori garanzie e tutele, rendendosi così più appetibili.
Attraverso l’analisi degli ultimi dati Eurostat del 20231, vediamo quindi qual è la percentuale di lavoratori autonomi nei diversi paesi europei, con un focus particolare sull’imprenditoria giovanile e sulle disparità di genere, delineando le varie sfaccettature di questi fenomeni.
Indice
Partite Iva in Europa: ambizione o necessità ?
La Norvegia, con solo il 3,7% di lavoratori autonomi, presenta la quota più bassa nella fascia d’età 18-64, mentre Grecia, con il 26,2%, registra la quota più alta. Quali sono le ragioni del fenomeno?
Secondo gli economisti, in paesi come Norvegia, Germania e Svezia, dove le percentuali sono relativamente basse, il mercato del lavoro dipendente risulta solitamente più strutturato, con ampie tutele sociali e un ambiente lavorativo regolamentato che offre stabilità e sicurezza ai dipendenti. Sono condizioni che tendono quindi a rendere l’impiego dipendente più attraente rispetto al lavoro autonomo.
D’altra parte, paesi con una percentuale maggiore di lavoratori autonomi spesso si confrontano con mercati del lavoro più fluidi, che presentano meno restrizioni, ma anche meno tutele. In questi contesti, molti sceglierebbero il lavoro autonomo non solo per ambizione, ma anche per necessità , a fronte di un’offerta limitata di lavori dipendenti stabili e ben retribuiti.
Prendendo l’esempio specifico del nostro paese, il 19,3% della forza lavoro è autonoma, dato che ormai non riflette più solo la storica valorizzazione dell’imprenditorialità e del Made in Italy, ma soprattutto la complessità del mercato del lavoro dipendente. Stando ai dati Eurostat del 2022, l’Italia si posiziona infatti al sesto posto in UE per percentuale di lavoratori con contratti precari, che ammonta al 13,5%.
Imprenditoria giovanile in Europa: Italia al 5 posto
Area europea | % Autonomi 18-24 anni |
---|---|
Slovacchia | 12,4 |
Lituania | 11,8 |
Romania | 10,3 |
Repubblica Ceca | 10,1 |
Italia | 9,2 |
Grecia | 9,2 |
Polonia | 7,5 |
Belgio | 6,7 |
Paesi Bassi | 6,3 |
Lettonia | 6,1 |
Malta | 6 |
Ungheria | 4,3 |
Unione Europea | 4,2 |
Croazia | 4,2 |
Area euro | 3,8 |
Portogallo | 3,5 |
Finlandia | 3,4 |
Spagna | 3,3 |
Francia | 2,9 |
Bosnia ed Erzegovina | 2,8 |
Cipro | 2,4 |
Svezia | 2,2 |
Austria | 2 |
Danimarca | 1,6 |
Germania | 1,5 |
Parlando invece di imprenditoria giovanile, la classifica delle percentuali di lavoratori autonomi nella fascia d’età 18-24 differisce discretamente da quella generale.
Stavolta, è la Slovacchia a guidare, con il 12,4%, seguita da Lituania e Romania con l’11,8% e il 10,3% rispettivamente: tutti paesi “freschi” di integrazione europea.
Al contrario, in paesi come Germania e Danimarca, dove le percentuali si attestano rispettivamente all’1,5% e all’1,6%, si riflette una profonda diversità socioeconomica rispetto ai paesi sopracitati. Qui, economie più mature e mercati del lavoro dipendente ben strutturati, spingono i giovani a perseguire carriere in imprese consolidate, piuttosto che avventurarsi in iniziative imprenditoriali, spesso percepite come più rischiose.
È interessante notare che, nonostante l’Italia e la Grecia mostrino percentuali identiche del 9,2%, superano di gran lunga la media dell’Unione Europea, che si attesta al 4,2%. Il che potrebbe indicare sì una forte spinta imprenditoriale tra i giovani, ma soprattutto la loro necessità di crearsi opportunità di lavoro in economie dove l’impiego da dipendente non è sempre disponibile o attraente, specialmente per lavoratori a bassa qualificazione.
Da non trascurare anche il confronto tra i dati dell’area dell’euro e quelli di paesi specifici come la Francia e la Spagna, che mostra l’influenza di un contesto macroeconomico più ampio nello specifico sull’imprenditoria giovanile.
In questi paesi, che presentano economie più estese e diversificate, l’attività giovanile è relativamente bassa, il che può suggerire l’esistenza di barriere all’ingresso di un mercato imprenditoriale già strutturato.
Gender gap: il divario nel numero di partite Iva
Paese | Femmine | Maschi |
---|---|---|
Unione Europea | 9,3 | 16,2 |
Eurozona | 9,3 | 15,8 |
Belgio | 10,1 | 17,1 |
Bulgaria | 7,7 | 13,2 |
Repubblica Ceca | 10,4 | 19,7 |
Danimarca | 5,4 | 11,2 |
Germania | 5,5 | 9,3 |
Estonia | 7,2 | 14,3 |
Irlanda | 6,1 | 16,4 |
Grecia | 17,1 | 33,1 |
Spagna | 11 | 17 |
Francia | 9,4 | 14,9 |
Croazia | 7,7 | 16 |
Italia | 14,3 | 23 |
Cipro | 8 | 10,6 |
Lettonia | 8,1 | 14,6 |
Lituania | 8,4 | 13,8 |
Lussemburgo | 8,4 | 8,4 |
Ungheria | 8,3 | 13,9 |
Malta | 9,6 | 17,6 |
Paesi Bassi | 10,1 | 17,3 |
Austria | 8 | 12,9 |
Polonia | 12,8 | 23,2 |
Portogallo | 10,2 | 15,4 |
Romania | 6,2 | 14,7 |
Slovenia | 7,9 | 15,7 |
Slovacchia | 8,1 | 20,9 |
Finlandia | 7,6 | 14,8 |
Svezia | 5,2 | 11,6 |
Norvegia | 2,7 | 4,7 |
Bosnia ed Erzegovina | 7,3 | 13,7 |
Impossibile non tenere in considerazione infine l’analisi del cosiddetto gender gap nell’imprenditoria, che attraverso i dati presentati mostra ancora desolanti disparità nei tassi di imprenditorialità tra uomini e donne nei vari paesi europei.
Il gap più marcato è evidente in Grecia, dove la percentuale di uomini imprenditori è quasi il doppio rispetto a quella delle donne (33,1% contro 17,1%). Anche in Italia e Polonia, le differenze sono notevoli, con gli uomini che superano le donne rispettivamente di 8 e 11 punti percentuali.
Al contrario, in Norvegia il divario è meno esteso, con una differenza minima tra uomini e donne (2,7% contro 4,7%), segno di un mercato del lavoro più equilibrato in termini di genere, derivante da politiche progressiste di incentivo concreto all’imprenditoria femminile. Anche qui, i dati possono essere interpretati attraverso diverse lenti.
In molti paesi dove le norme tradizionali di genere hanno maggiore influenza, come in Italia, Grecia e Slovacchia, esse possono determinare una percezione negativa della donna imprenditrice, rendendo più complesso per le quote rosa accedere a risorse finanziarie, reti di supporto e opportunità di business.
Inoltre, la conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari continua a rappresentare una sfida maggiore per le donne rispetto agli uomini, considerando che nel nostro paese le donne lavoratrici svolgono ancora il 61% del lavoro domestico e della cura dei figli.
La situazione in Norvegia mostra tuttavia che, quando le politiche pubbliche sono orientate verso un sostegno equo e una normativa che facilita l’equilibrio tra vita professionale e personale, il gender gap può essere notevolmente ridotto, sia in ambito di lavoro dipendente che autonomo.
- Percentage of self-employed by sex, age groups and household composition, Eurostat, ec.europa.eu ↩︎
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it