- Secondo i dati diffusi da SOGEI, moltissimi autonomi in Italia dichiarerebbero redditi sotto i 15.000 euro e bilanci in negativo.
- Le partite IVA sarebbero responsabili della maggior parte dell’evasione fiscale del paese e 700.000 imprenditori dichiarano meno dei loro lavoratori dipendenti.
- A fronte di questi dati, il Ministero dell’Economia e delle Finanze spinge per incrementare l’adesione al concordato preventivo biennale.
I lavoratori dipendenti sono più ricchi dei loro datori di lavoro? Sembra un paradosso, eppure è quanto emerge dai rilevamenti di SOGEI, la Società Generale d’Informatica S.p.A. del Ministero dell’Economia e delle Finanze, condivisi a inizio anno.
Secondo quanto riscontrato, circa un milione partite IVA che aderiscono agli ISA dichiarerebbero infatti redditi al di sotto dei 15.000 euro, un terzo delle quali presenterebbe bilanci in negativo.
Una situazione decisamente irrealistica, che oggi spinge l’Agenzia delle Entrate ad effettuare controlli più stringenti sui “finti poveri”, con l’obiettivo di spingere i contribuenti a regolarizzare le proprie posizioni entro il 12 dicembre 2024, data ultima per aderire al concordato preventivo biennale.
82 miliardi all’anno persi in evasione fiscale: il ruolo delle imprese
Ma qual è davvero la mole del danno inflitto al gettito dall’evasione fiscale? La relazione del MEF del 20231 fornisce dati chiari, ma tutt’altro che rassicuranti. Il cosiddetto tax gap, la differenza tra le imposte che dovrebbero essere versate e quelle effettivamente riscosse, si aggira attorno agli 82,4 miliardi di euro per il 2021.
Una cifra enorme, anche se in leggero calo rispetto agli 85,6 miliardi del 2020, segnale positivo che però non sufficiente a mascherare un problema strutturale che pesa come un macigno sul sistema economico del Paese.
E sono proprio gli imprenditori a impattare maggiormente sul fenomeno. Sempre secondo il MEF, sarebbero infatti le partite IVA a contribuire maggiormente all’evasione fiscale: nel 2021, l’IRPEF evasa dai lavoratori autonomi ha raggiunto i 29,5 miliardi di euro, con un tasso stimato al 66,8%.
Stando agli Indici Sintetici di Affidabilità, sono il commercio al dettaglio, i servizi alla persona e l’edilizia i settori dove il fenomeno è più marcato e le anomalie sono più evidenti. Molte delle partite IVA attive in questi comparti dichiarano redditi sorprendentemente bassi, spesso inferiori al reddito medio dei dipendenti del medesimo settore.
Tradotto in parole semplici: per ogni euro che dovrebbe essere versato, due terzi spariscono nel nulla. E, in una dimostrazione di noncuranza, molti imprenditori (almeno 700.000) dichiarano di guadagnare meno di coloro a cui pagano lo stipendio, ovvero meno di 15.000 euro annui.
Pressing sul concordato preventivo biennale
Davanti a un fenomeno tanto evidente quanto apparentemente incontrastabile, l’esecutivo ha abbandonato l’atteggiamento punitivo per favorire invece un dialogo più bilaterale tra l’Agenzia delle Entrate e il contribuente, tramite il concordato preventivo biennale.
La misura, introdotta quest’anno e perfezionata nelle ultime settimane, offre ai contribuenti la possibilità di chiudere i conti con il passato e stabilire una base di imposte concordata per i redditi futuri. Per gli anni d’imposta 2024 e 2025, i titolari di partita IVA potranno inoltre accedere a una sanatoria che include il ravvedimento speciale per i periodi d’imposta dal 2018 al 2022.
Il beneficio principale del concordato è la possibilità di usufruire di uno scudo fiscale per il passato: i contribuenti potranno regolarizzare le dichiarazioni omesse o errate senza incorrere in sanzioni o interessi, versando una quota minima per anno di imposta in base al ravvedimento speciale.
Inoltre, per chi aderisce entro il 12 dicembre, è prevista la riduzione dei termini di accertamento, con particolare vantaggio per i soggetti ISA che già godono del regime premiale.
Nonostante le agevolazioni, l’adesione al concordato preventivo biennale è stata tutt’altro che massiccia. Alla scadenza del 31 ottobre, solo una parte delle partite IVA ha accettato il patto con il Fisco. Da qui, la proroga al 12 dicembre e l’ondata di lettere inviate dal MEF tramite SOGEI alle 2 milioni di partite IVA ritenute a rischio e che ancora non hanno aderito.
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it