False partite IVA: cosa sono, quando una posizione IVA è falsa e quali sono le conseguenze

Quando un lavoratore si trova costretto ad aprire la partita IVA per un committente che non vuole assumerlo come lavoratore subordinato, ci si trova di fronte ad una partita IVA falsa. Ecco quali sono le conseguenze.

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Partita Iva falsa
  • Una partita IVA è considerata falsa quando il titolare che l’ha aperta in realtà non è un lavoratore autonomo perché mancano i criteri essenziali per rientrare in questa categoria.
  • In caso di partita IVA falsa, il committente per evitare illeciti amministrativi deve assumere il collaboratore con contratto regolare a tempo indeterminato.
  • Una posizione IVA può essere falsa anche se viene aperta, chiusa e poi riaperta in un breve lasso di tempo, con l’intenzione di evadere le tasse.

Il titolare di partita IVA è un lavoratore autonomo che svolge una prestazione professionale o propone un servizio a più clienti gestendo il lavoro in totale libertà organizzativa. Ma talvolta questo non accade: è il caso della partita IVA falsa.

La situazione più frequente è quella di un lavoratore che è stato indotto dal committente, o datore di lavoro, ad aprire la partita IVA, ma non ne rispetta i presupposti essendo, di fatto, un lavoratore dipendente. Una posizione IVA si considera falsa quando il lavoratore non è puramente autonomo e quindi non rispetta i criteri necessari a rientrare in questa categoria.

Ma come fare per riconoscere le partite IVA false e quali sono le conseguenze per il datore di lavoro e per il lavoratore? Leggi la guida per sapere quando una partita IVA è considerata falsa.

Quando una partita IVA è falsa

La Legge n.92 del 2012 stabilisce che vi sono due tipologie contrattuali:

  • il lavoro subordinato;
  • il lavoro autonomo.

Il lavoratore autonomo è quel soggetto che si impegna a svolgere un lavoro commissionato dal cliente in piena libertà organizzativa e senza il vincolo di subordinazione da parte del committente. Di conseguenza, il lavoratore autonomo titolare di partita IVA può avere più committenti e gestire il lavoro in libertà, pur rispettando le scadenze.

In ogni caso negli anni si è sviluppata la tendenza a indurre un lavoratore ad aprire la partita IVA invece di assumerlo regolarmente come lavoratore dipendente. Di conseguenza, quel lavoratore si ritrova ad essere costretto ad aprire la posizione IVA pur essendo di fatto un lavoratore subordinato. La Legge n.92/2012 sopracitata ha proprio l’obiettivo di arginare questa tendenza, introducendo la cosiddetta presunzione del lavoro subordinato.

Una partita IVA è falsa però anche se viene aperta e poi chiusa in un periodo subito successivo, per poi essere riaperta, al fine di evadere le tasse. Inoltre è falsa quando si aderisce al regime fiscale forfettario senza rispettare i requisiti e i limiti previsti per questa agevolazione.

I vantaggi e gli svantaggi della partita IVA falsa

Partita iva falsa requisiti

La tendenza ad aprire una falsa partita IVA è dovuta ai vantaggi fiscali e burocratici di cui godono il lavoratore e il committente. Infatti, il vantaggio dell’indurre un lavoratore ad aprire una falsa partita IVA è che il datore di lavoro non sostiene gli oneri contributivi e assicurativi nei confronti del collaboratore.

Infatti, il datore di lavoro che decide di non assumere un lavoratore subordinato deve sostenere meno costi rispetto a quelli previsti nel caso di assunzione di un dipendente. Infatti, tra questi vi sono i contributi previdenziali, lo stipendio anche durante le ferie, i permessi retribuiti e così via.

D’altro canto, però, il lavoratore subordinato che figura come collaboratore esterno si ritrova a svolgere un’attività lavorativa subordinata ma senza godere delle tutele che invece sono riconosciute ai lavoratori dipendenti.

Come riconoscere una partita IVA falsa

Per stabilire se il lavoro svolto è subordinato o autonomo, la legge stabilisce alcuni requisiti di base a cui attenersi, utili a capire nello specifico quando si svolge una mansione come dipendente.

Se le prestazioni sono esclusivamente personali, continuative, ripetitive e organizzate dal committente rispetto al luogo e all’orario di lavoro, in tal caso si tratta di un lavoro subordinato. Di conseguenza, in questi casi il committente sarà obbligato a trasformare la collaborazione in un rapporto dipendente con un contratto lavorativo specifico.

Per riconoscere la partita IVA falsa devono verificarsi almeno due dei seguenti criteri:

  • criterio temporale: la collaborazione dura più di 8 mesi per due anni consecutivi (vale a dire per 241 giorni anche non consecutivi);
  • criterio del fatturato: l’80% dei compensi ottenuti dal lavoratore in due esercizi consecutivi derivano dal medesimo committente;
  • criterio organizzativo: il lavoratore autonomo ha una postazione fissa presso una delle sedi del committente e deve rispettare gli orari d’ufficio stabiliti.

Se due di questi casi sussistono, allora ci si trova di fronte ad una partita IVA falsa.

Partita IVA falsa: le eccezioni

Partita iva falsa conseguenze

Ci sono delle professioni per cui è obbligatorio aprire la partita IVA, pur presentando i criteri di cui sopra. Stiamo parlando di lavoratori atipici che non rientrano nella categoria delle partite IVA false.

Sono inclusi in questa categoria:

  • i professionisti iscritti all’albo;
  • gli agenti di commercio;
  • i lavoratori che svolgono collaborazioni con associazioni, come quelle sportive dilettantistiche;
  • i collaboratori delle Pubbliche Amministrazioni;
  • i componenti di organi di amministrazione (ad esempio i sindaci);
  • i percettori di pensioni di vecchiaia.

False partite IVA: gli iscritti all’Albo

Molti liberi professionisti si chiedono se la propria partita IVA può essere considerata falsa se lavorano con un unico committente e sono iscritti ad un Ordine Professionale specifico, con annesso Albo. La risposta si trova all’articolo 1, comma 26, della legge n.92 del 28 giugno 20121, in riferimento alla presunzione di lavoro subordinato:

“La presunzione di cui al comma 1 non opera altresì con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni.”

Nella pratica quindi chi è iscritto ad un Ordine specifico per lo svolgimento della propria professione può lavorare anche per un unico committente, purché rimanga iscritto all’Albo e purché non ci siano regole specifiche presso l’Ordine di riferimento che vietino questa possibilità.

Partite IVA falsa apri e chiudi

Un altro fenomeno si può includere nel concetto di falsa partita IVA: si tratta di situazioni di partite IVA “apri e chiudi”, ovvero per cui la chiusura è disposta in un momento vicino all’apertura con lo scopo di evadere le tasse. Procedendo in questo modo per il fisco è difficile individuare dati come il fatturato o il reddito anno e chi ne approfitta non paga le tasse sui guadagni.

Nel 2023 sono state disposte norme specifiche per arginare il fenomeno, ad esempio in caso di chiusura di una partita IVA, se si intende avviarla nuovamente bisogna presentare una fideiussione bancaria di almeno tre anni con importo da 50.000 euro in poi. Nel 2024 inoltre l’Agenzia delle Entrate ha disposto la chiusura di ufficio di circa 6.000 partite IVA in Italia, considerate false.

Requisiti per la riapertura della partita IVA in caso di annullamento

Per impedire l’evasione fiscale intorno a partite IVA apri e chiudi, se i titolari di posizioni IVA sospette intendono riaprire la propria attività in futuro, dovranno soddisfare ulteriori requisiti imposti dalle autorità finanziarie. Oltre alla dimostrazione della solidità imprenditoriale, è richiesto loro di fornire una fideiussione bancaria di almeno 50.000 euro per un periodo di tre anni.

Questa fideiussione bancaria rappresenta una garanzia finanziaria che il titolare della partita IVA deve presentare come prova della sua affidabilità e serietà nell’esercizio dell’attività commerciale. La fideiussione bancaria implica che una banca si impegna a garantire il pagamento di una determinata somma di denaro nel caso in cui il titolare della partita IVA non adempia ai propri obblighi finanziari o fiscali.

In pratica, la banca diventa una sorta di garante finanziario dell’attività, assicurando che eventuali debiti fiscali o contributivi siano coperti nel caso in cui il titolare non sia in grado di farlo. Questa misura aggiuntiva mira a fornire una maggiore sicurezza e protezione finanziaria, riducendo il rischio di comportamenti fraudolenti o evasivi.

La fideiussione bancaria è un impegno economico significativo per il titolare della partita IVA, ma allo stesso tempo rappresenta una dimostrazione tangibile della sua responsabilità nell’adempiere agli obblighi fiscali e contributivi.

Partita IVA falsa con regime fiscale forfettario

Una falsa partita IVA può verificarsi anche in un’altra situazione, ovvero quando si apre la posizione autonoma con regime fiscale forfettario, ma non si rispettano i requisiti per rimanere in questa agevolazione. Per aderirvi infatti è necessario non superare il limite annuo di 85.000 euro, non erogare somme a collaboratori superiori a 20.000 euro annui e rispettare diversi requisiti che riguardano il lavoro subordinato.

Va anche ricordato che non possono accedere al regime fiscale agevolato coloro che operano per datori di lavoro per cui si sono svolti rapporti di tipo subordinato nei due anni precedenti. Esiste poi un preciso limite, aggiornato quest’anno a 35.000 euro, di reddito che il lavoratore può aver cumulato l’anno precedente come dipendente.

Le conseguenze della partita IVA falsa

Nel caso in cui si verificano i criteri che abbiamo visto di sopra e quindi si prova che la partita IVA è falsa, ci si trova di fronte ad un illecito amministrativo, fiscale e contributivo. Di conseguenza, il committente è passibile di sanzioni, mentre il lavoratore dovrà essere considerato lavoratore dipendente a tempo indeterminato. Non sono previste sanzioni per il lavoratore.

Con il Job Acts del 1° gennaio del 2016 è stata introdotta la possibilità per il committente che ha più collaboratori che si ritrovano nella situazione di aprire la partita IVA falsa di assumerli con regolare contratto a tempo indeterminato senza costituire un illecito amministrativo.

Il committente, per difendersi e provare che si tratta di una collaborazione lavorativa lecita, deve dimostrare l’inesistenza degli elementi della continuità e di subordinazione.

In altre situazioni, il fisco effettua controlli a campione o in base al rischio emerso da una verifica automatica. Coloro che non superano i controlli e per cui si registrano situazioni di evasione fiscale, hanno conseguenze severe. La partita IVA può essere cancellata, impedendo loro di continuare a operare come imprenditori. Inoltre, sono soggetti a una multa in denaro come sanzione per la frode fiscale.

Queste misure rigorose sono finalizzate a scoraggiare l’uso di partite IVA false e ad assicurare che i contribuenti agiscano in conformità alle leggi fiscali.

Partite IVA false: i controlli del fisco

Vediamo come procede il fisco normalmente a effettuare i controlli. I titolari di partite IVA che conducono un’impresa, se considerati sospetti, sono soggetti a un’approfondita verifica dell’attività.

Ciò richiede la presentazione di documentazione accurata e trasparente che attesti l’autenticità e la legalità delle operazioni svolte. Questa verifica viene effettuata in presenza, consentendo agli ispettori di condurre un’analisi dettagliata delle informazioni fornite.

Durante l’esame, sono prese in considerazione diverse variabili, come la consistenza patrimoniale dell’azienda, la congruenza tra i ricavi dichiarati e le spese sostenute, nonché la coerenza delle operazioni commerciali con il settore di attività dichiarato e la gestione del personale. Vengono valutate anche eventuali irregolarità o discrepanze nei dati forniti rispetto alle normative fiscali vigenti.

Inoltre, gli ispettori possono esaminare la documentazione contabile, i contratti, le fatture, i registri delle vendite e tutti gli altri documenti rilevanti per verificare la veridicità delle attività dichiarate. Sarà prestata particolare attenzione alla congruenza tra le entrate dichiarate e i flussi finanziari effettivi.

L’obiettivo di questa rigorosa analisi è identificare eventuali segnali di frode o evasione fiscale e garantire che le partite IVA siano utilizzate in modo legittimo e in linea con le normative fiscali.

Partita IVA falsa – Domande frequenti

Come riconoscere una partita IVA falsa?

Per riconoscere una posizione IVA falsa devono verificarsi almeno due dei criteri temporali, di fatturato e organizzativo che caratterizzano normalmente il lavoro subordinato.

Quali sono le conseguenze per le partite IVA false?

Nel caso di partite IVA false, si configura un illecito amministrativo, fiscale e contributivo e il committente è tenuto ad assumere il lavoratore a tempo indeterminato con regolare contratto.

Perché si apre la partita IVA falsa?

In genere i committenti costringono i lavoratori ad aprire la partita IVA per evitare di pagare i contributi previdenziali e sostenere gli oneri assicurativi, che il lavoratore dovrà versare autonomamente.

Quante sono le false partite IVA in Italia?

Nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha chiuso d’ufficio circa 6.000 partite IVA false, in particolare per arginare le posizioni IVA apri e chiudi create per evadere il fisco.

  1. Legge del 28/06/2012 n. 92, art.1, comma 26, Documentazione Economica e Finanziaria, def.finanze.it ↩︎
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Ilenia Albanese

Esperta di finanza personale e lavoro digitale

Copywriter specializzata nel settore della finanza personale, con esperienza pluriennale nella creazione di contenuti per aiutare i consumatori e i risparmiatori a gestire le proprie finanze.

6 commenti su “False partite IVA: cosa sono, quando una posizione IVA è falsa e quali sono le conseguenze”

  1. Buongiorno,
    sono ingegnere civile e regolarmente iscritto all’albo.
    Da 2019 a 2022 ho lavorato come dipendente per un’ impresa di costruzione.
    Da inizio anno (01.01.2023) ho aperto la partita iva per interesse personale e sto ancora principalmente lavorando per quest’impresa (ca. 95% del fatturato). Al momento si applicano tutti i criteri (temporale, fatturato, organizzativo) e non sono sicuro se la mia situazione sia legale. Ho dei dubbi perché negli articoli c’è sempre scritto “in questa situazione non vale la presunzione”. Secondo me questo termine lascia spazio all’interpretazione e anche il mio commercialista mi da il consiglio di stare attento.
    Voglio rimanere in questa situazione (lavoratore autonomo) per avere la possibilità di progettare per altri clienti. Perciò voglio chiarire:
    – Posso continuare cosi o devo per forza fatturare meno di 80% al impresa?
    – Devo organizzarmi che il criterio temporale e organizzativo non si applicano?
    Grazie per l’auito

    Rispondi
    • Buongiorno,
      la sua situazione presenta rischi e incertezze. Le consigliamo di approfondire con il suo commercialista, che saprà consigliarla in modo più consono, conoscendo a fondo il contesto.

      Grazie per averci scritto

      Rispondi
  2. Buongiorno mi trovo nella stessa condizione… lavoro in nero per un anno poi apertura iva un altro anno …quindi…1 anno in nero 1 anno partita iva forfetaria…non sapevo nulla delle tasse che ho da pagare.adesso devo finire il rapporto con questa persona…ma come posso fare per dimostrare che lui mi ha fatto aprire l’iva e tutto… la mia domanda e: posso dimostrare che lui e stato e mi deve pagare le tasse sulla partita iva? e quindi possibile? grazie! ho su 4000/5000 euro di tasse da pagare 🥺🥺🥺🥺

    Rispondi
    • Buongiorno,
      in questi casi la cosa migliore è di rivolgersi ad un avvocato che potrà esaminare a fondo la situazione, per evitare di incappare in guai peggiori.

      Grazie per averci scritto

      Rispondi
  3. sono un lavoratore dipendente a tempo inteterminato per un azienda privata, e sono inquadrato come “redattore di articoli web” con RAL < 30k. Vorrei aprire una partita iva per una collaborazione con un'altra realtà che mi pagherebbe 1.000 euro al mese per alcuni lavori da copywriter (comunque li gestirei io in termini di orario, userei pc personale e lavorerei da casa). Esistono limitazioni in merito? E' possibile fatturare ad un unico cliente nella mia situazione rimanendo nel regime dei minimi?

    Grazie

    Rispondi
    • Buonasera,
      il caso pone diversi interrogativi, in tema di osservanza delle disposizioni per i lavoratori dipendenti (obbligo di fedeltà del lavoratore) e per i lavoratori autonomi (norme relative al contrasto delle c.d. false partite iva). E’ una questione da approfondire con un commercialista esperto.
      Grazie per averci scritto

      Rispondi

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