In Italia 22,8 milioni di cittadini – su un totale di circa 58,9 milioni – sono evasori fiscali. Il Governo ha deciso di ampliare ulteriormente i termini per approfittare della pace fiscale nel 2025, con la rottamazione quater: un nuovo condono per coloro che hanno evaso persino dopo aver aderito al primo. E si intravede già all’orizzonte la rottamazione quinquies, tanto voluta dalla Lega, che potrebbe presto consentire il saldo del proprio debito con il Fisco in comode rate, spalmate in 10 anni, e di saltarne fino a otto senza perdere i benefici. È una scelta equa?
Nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha recuperato 26,3 miliardi di euro – 1,6 miliardi in più rispetto all’anno precedente –, che salgono a 33,4 miliardi se si considerano pure le entrate recuperate per conto di terzi, come INPS e Comuni. Il valore più alto di sempre, frutto dell’impegno dei controlli dell’Agenzia che, già dal 2021, consente un recupero crescente di anno in anno. Quanto si deve alla pace fiscale 2024? 3,5 miliardi che potrebbero sortire anche effetti negativi. Intanto all’appello mancano 1.274 miliardi, come evidenziato dalla CGIA di Mestre, ma a essere esigibili sarebbero solo 100.
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Cos’è la pace fiscale
Come definita dalla stessa Agenzia delle Entrate, la “pace fiscale” comprende una serie di misure che consentono ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione con il Fisco, versando le imposte originariamente dovute senza sanzioni né interessi.
In parole povere, è l’opportunità di pagare – senza ulteriori conseguenze – le tasse che si sarebbero dovute pagare anni prima. L’obiettivo è ovviamente quello di recuperare somme che altrimenti non si recupererebbero. Ma con quali ripercussioni? Almeno tre:
- un costo per le casse dello Stato, in cui i crediti sono iscritti a bilancio con interessi e sanzioni. Le simulazioni ministeriali per la rottamazione quinquies, per esempio, indicano un costo per lo Stato, di 5,2 miliardi di euro per la pace fiscale 2025, 3 miliardi per il 2026 e 2,3 miliardi per il 2027;
- un “incentivo” a evadere le tasse, visto che chi non le ha pagate lo ha fatto con l’intento di non rispettare le leggi, ha usufruito di maggiori utili nel corso del tempo e alla fine non è stato neppure sanzionato. Basta fare velocemente un giro sul web per osservare come – con la nuova pace fiscale in vista – ci siano persone che si chiedono, addirittura, se sia meglio decadere persino dalla rottamazione quater e aspettare la successiva;
- una crescente sfiducia nei confronti dello Stato da parte di tutti quei cittadini che, nonostante le loro difficoltà, pagano le tasse, sopportando pure gli incrementi dovuti agli evasori, a fronte di un welfare sempre più scadente.
L’identikit dell’evasore fiscale
In barba ai luoghi comuni, i principali evasori in Italia non sono le partite IVA. Secondo i dati diffusi dalla CGIA di Mestre, nella fetta di 22,8 milioni di debitori ci sarebbero: 19,2 milioni di persone fisiche, per lo più dipendenti, pensionati e percettori di altre forme di reddito (16,3 milioni); 3,6 milioni di persone giuridiche, come le società di capitali, le cooperative e gli enti commerciali; 2,9 milioni di soggetti che svolgono un’attività economica (artigiani, commercianti, liberi professionisti).
Il 58% dei mancati incassi si trova al Centro-Sud, ma la regione con il valore assoluto più alto resta la Lombardia con 259,4 miliardi di euro di tributi non versati, seguita da Lazio (226,7 miliardi), Campania (152,5 miliardi), Emilia-Romagna (87,9 miliardi) e Sicilia (87,8 miliardi).
L’ingiustizia del condono fiscale per i liberi professionisti
I liberi professionisti, spesso soggetti a controlli più stringenti e a un regime fiscale più oneroso rispetto ad altre categorie, sono quelli che dovrebbero percepire maggiormente come ingiusto il condono fiscale. Una musica che si ripete inesorabile, in modo sempre uguale, a ogni cambio di bandiera.
Senza considerare, poi, che la maggior parte delle cartelle esattoriali abbia un valore inferiore ai mille euro, per un totale di 59 miliardi. Un dato che conferma come la politica fiscale sia concentrata per lo più sui piccoli importi e non sulle evasioni più significative.
Nessuno sconto sull’IRPEF per le partite IVA
La riforma fiscale 2025 lascia invariata la struttura progressiva dell’IRPEF, con un’imposta che raggiunge il 43% per i redditi superiori a 50 mila euro. Solo per chi adotta il regime forfettario la tassazione sostitutiva si attesta al 15% del reddito imponibile, con la possibilità di ridursi al 5% per le nuove attività o per i professionisti under 35.
Forza Italia, seppur sostenga la pace fiscale, chiede che l’aliquota IRPEF per il ceto medio – per i redditi fino a 60 mila euro – sia ridotta al 33%. Per farlo occorrono 4,5 miliardi, contro i 5,2 della rottamazione quinquies. Quale sarà la scelta del Governo?
Allo stato attuale, mentre i contribuenti che hanno accumulato debiti fiscali possono continuamente usufruire di rottamazioni e saldo e stralcio, i liberi professionisti sono tenuti a pagare le loro imposte senza possibilità di riduzione. Una scelta politica, una disparità di trattamento che penalizza chi rispetta le norme, chi investe le proprie risorse sul territorio e che – con una tassazione più ragionevole – potrebbe contribuire ulteriormente alla crescita del Paese e alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Senza un bilanciamento tra recupero dei crediti e perdita delle entrate, senza incentivi per i contribuenti regolari, il Belpaese rinuncia in partenza alle sue stesse regole e al suo sviluppo.
Ivana Zimbone
Direttrice responsabile