- Un dipendente pubblico può svolgere incarichi esterni e indipendenti, purché questi non interferiscano con i compiti istituzionali e non creino conflitti di interesse.
- È fondamentale ottenere l’autorizzazione dall’amministrazione di appartenenza, dimostrando che l’attività sarà compatibile con gli impegni del lavoro pubblico e non utilizzerà risorse dell’ente.
- In caso di irregolarità, come l’assenza di autorizzazione o l’esercizio di attività incompatibili, i dipendenti pubblici rischiano sanzioni.
Aprire una Partita IVA in Italia è una procedura relativamente semplice per i privati, ma cosa accade quando un dipendente pubblico desidera assumere incarichi esterni alla Pubblica Amministrazione?
Nell’esplorare la possibilità, bisogna prima addentrarsi nella complessità delle normative italiane che regolano questo ambito. La legge impone una serie di obblighi ai dipendenti pubblici per garantire che qualsiasi attività esterna sia svolta in assenza di conflitti di interesse e non comprometta l’impegno verso il proprio ruolo istituzionale.
In questo articolo, vedremo quali sono le dinamiche di autorizzazione, le implicazioni sanzionatorie in caso di irregolarità e le condizioni sotto le quali i dipendenti pubblici possono intraprendere lavori al di fuori del loro impiego principale.
Chi è dipendente pubblico può aprire la Partita IVA?
I dipendenti pubblici, nell’ambito delle normative italiane, non possono in linea generale aprire una Partita IVA, neanche nel caso in cui si trovino in periodo di aspettativa o abbiano un contratto a tempo determinato o part-time.
Tuttavia, questo non impedisce loro di assumere incarichi esterni tramite altre soluzioni, previa autorizzazione e a patto che le attività svolte non vadano in conflitto con i doveri e le responsabilità derivanti dal loro ruolo nell’amministrazione pubblica. In particolare, si parla di:
- dipendenti pubblici part-time, solamente a 18 ore o per cui il contratto non sia superiore del 50% rispetto all’orario pieno;
- insegnanti;
- casi particolari autorizzati ad hoc.
La legge prevede comunque che qualsiasi attività extraprofessionale debba essere compatibile con gli orari e gli impegni del lavoro dipendente e non deve in alcun modo interferire o creare conflitti di interesse con le funzioni svolte come dipendente pubblico.
L’autorizzazione per un lavoro autonomo
Per assumere un incarico esterno, il dipendente pubblico deve prima di tutto informare la propria amministrazione di appartenenza dell’intenzione di assumere un incarico esterno, fornendo dettagli sull’attività che si prevede di svolgere come previsto dal d.P.R. 445/2000, in particolare:
- la natura specifica dell’attività da svolgere;
- l’identità dell’ente o della persona per cui l’attività verrà realizzata;
- le date di inizio e termine dell’attività, incluse le previsioni sulla sua durata;
- l’ammontare del compenso che si prevede di ricevere;
- la conferma che l’attività sarà eseguita fuori dall’orario di servizio e senza impiegare risorse o spazi dell’ente di appartenenza;
- la certezza che non esistano conflitti di interesse, neanche potenziali, con il ruolo ricoperto;
- l’indicazione che l’incarico è di natura occasionale e non permanente;
- l’impegno a segnalare eventuali modifiche relative agli aspetti dell’incarico precedentemente dichiarati.
L’amministrazione valuterà la richiesta per assicurarsi che non esistano conflitti di interesse e che l’attività non pregiudichi l’adempimento dei doveri di lavoro del dipendente. L’incarico dovrà in ogni caso essere svolto fuori dall’orario di lavoro, ma soprattutto non dovrà utilizzare beni o servizi derivanti dal ruolo pubblico del dipendente.
L’eventuale mancata comunicazione o il mancato rispetto delle normative possono portare a sanzioni disciplinari, tra cui anche il rischio di dover restituire eventuali compensi percepiti in modo non conforme alle regole. Vediamo quali.
Dipendente pubblico e Partita IVA: sanzioni per irregolarità
Abbiamo quindi visto come un dipendente pubblico intenzionato ad assumere incarichi esterni debba muoversi con cautela all’interno di un quadro normativo ben definito che disciplina tali pratiche. E quindi, quali sono le sanzioni in caso di irregolarità?
Se un dipendente pubblico assume incarichi senza la necessaria autorizzazione, dovrà pagare all’amministrazione di appartenenza il compenso ricevuto per il lavoro svolto. Questo vale anche se l’incarico viene dato da un’altra sezione della pubblica amministrazione, portando a sanzioni disciplinari per chi l’ha proposto senza controllare l’autorizzazione e rendendolo nullo.
Se un ente privato o un’organizzazione pubblica economica dà l’incarico senza autorizzazione, dovrà invece pagare una multa doppia rispetto al compenso dato al dipendente.
Casi di incompatibilità
Se un dipendente pubblico svolge attività non compatibili con il suo ruolo e non smette dopo essere stato avvertito dall’amministrazione, rischia di perdere il lavoro.
Inoltre, potrebbe dover affrontare azioni disciplinari. Se viola le regole esercitando attività vietate, le sanzioni possono variare: potrebbe dover restituire i soldi guadagnati con queste attività oppure potrebbe essere considerato responsabile di un danno economico all’ente pubblico, calcolato in base al lavoro che ha svolto per altre attività invece di dedicarsi a quelle istituzionali.
Queste valutazioni dipendono da due approcci differenti utilizzati dalla giustizia: in alcuni casi, il dipendente dovrà dimostrare di non aver danneggiato l’ente con le sue azioni, altrimenti potrebbe essere condannato a risarcire un danno tramite la decurtazione dello stipendio.
Dipendente pubblico e partita IVA – Domande frequenti
No, i lavoratori del settore pubblico non possono avere una Partita IVA, ma possono assumere incarichi esterni a condizione che l’attività svolta non generi conflitti di interesse con il loro impiego pubblico.
Sì, i dipendenti pubblici possono svolgere altri lavori, purché ottengano le necessarie autorizzazioni e non vi sia alcun conflitto di interesse.
Sì, anche chi ha un contratto a tempo indeterminato può aprire una partita IVA per svolgere attività indipendenti o lavori autonomi.
Sì, i titolari di partita IVA possono essere assunti come dipendenti, rispettando le normative fiscali e contributive vigenti.
Buongiorno, un dipendente pubblico in Italia, può aprire una partita iva in un altro stato dell’unione Europea?
Buongiorno,
dovrebbe verificare condizioni e requisiti per l’apertura con l’agenzia fiscale dello stato estero. In ogni caso si consiglia di richiedere autorizzazione alla propria amministrazione pubblica.
Grazie per averci scritto
Buongiorno. Una domanda: un dipendente pubblico part time 18 ore con Partita iva aperte per l’esercizio di un lavoro autonomo, a cosa va incontro se l’Azienda pubblica gli revoca il part time e lui mantiene aperta la partita iva?
Esiste una normativa dell’agenzia delle entrate che obbliga il lavoratore in questione a chiudere partita iva, nel momento che il part time è revocato ed il lavoratore passa a tempo pieno?
Gentilmente può darmi risposta?
Buongiorno,
Buongiorno. Per rispondere alla sua domanda riguardo alle conseguenze per un dipendente pubblico part-time con partita IVA nel caso in cui l’azienda pubblica revoca il part-time e il dipendente passa a tempo pieno, è utile fare riferimento alla normativa vigente.
**Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi**
L’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 disciplina la materia delle incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi secondo cui, in generale, i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato non possono intrattenere altri rapporti di lavoro dipendente o autonomo o esercitare attività imprenditoriali.
I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono svolgere incarichi retribuiti conferiti da altri soggetti, pubblici o privati, solo se autorizzati dall’amministrazione di appartenenza.
Le amministrazioni fissano criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, in base ai quali rilasciare l’autorizzazione.
Tali criteri sono diretti ad evitare che i dipendenti:
– svolgano attività vietate per legge ai lavoratori della pubblica amministrazione;
– svolgano attività che li impegnino eccessivamente facendo trascurare i doveri d’ufficio;
– svolgano attività che determinano un conflitto d’interesse con l’attività lavorativa, pregiudicando l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.
Il conferimento dei predetti incarichi senza la previa autorizzazione comporta:
– per il funzionario responsabile del procedimento: infrazione disciplinare, nullità del provvedimento e il compenso previsto come corrispettivo dell’incarico è versato direttamente all’amministrazione di appartenenza del dipendente ed è destinato ad incrementare il fondo per la produttività dei dipendenti;
– il dipendente che svolge l’incarico in assenza di autorizzazione è responsabile disciplinarmente e il relativo compenso è versato, da questi o dall’erogante, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza.
Non sono soggetti all’obbligo di autorizzazione gli incarichi elencati nel comma 6 del citato articolo 53.
Al fine di supportare le amministrazioni nell’applicazione della normativa in materia di svolgimento di incarichi da parte dei dipendenti e di orientare le scelte in sede di elaborazione dei regolamenti e degli atti di indirizzo, il tavolo tecnico a cui hanno partecipato il Dipartimento della funzione pubblica, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l’ANCI e l’UPI, avviato ad ottobre 2013, in attuazione di quanto previsto dall’intesa sancita in Conferenza unificata il 24 luglio 2013, ha formalmente approvato il documento contenente “Criteri generali in materia di incarichi vietati ai pubblici dipendenti”.
Secondo quanto previsto dall’articolo 16 del d.lgs. n. 39 del 2013, l’Autorità nazionale anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190, anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi.
Pertanto, se un dipendente pubblico part-time diventa a tempo pieno, deve chiudere la partita IVA o richiedere specifica autorizzazione dalla sua amministrazione di appartenenza per evitare violazioni delle norme sopra indicate.
Grazie per averci scritto