- C’è una sottile differenza tra ricavi e fatturato in termini di bilancio, che però diventa fondamentale soprattutto per chi opera in regime forfettario.
- I ricavi sono i soldi effettivamente incassati da un’azienda in un determinato periodo di tempo, il fatturato è invece la somma delle fatture emesse, ma potenzialmente non ancora incassate.
- Il superamento della soglia di ricavi per un forfettario comporta il passaggio al regime ordinario: è quindi bene procedere con un monitoraggio attento e differito tra i due elementi.
I termini ricavi e fatturato vengono spesso confusi o utilizzati come sinonimi, ma sono in realtà due elementi ben distinti della contabilità e quindi del bilancio aziendale:
- i ricavi si riferiscono al denaro effettivamente incassato dall’attività attraverso la vendita di beni o servizi;
- il fatturato, invece, è la somma totale delle fatture emesse in un determinato periodo, indipendentemente dal fatto che siano state saldate.
Sebbene la distinzione possa sembrare sottile, le implicazioni pratiche sono sostanziali, specialmente per chi opera in regime forfettario. Vediamo prima dunque qual è la differenza generale tra ricavi e fatturato e poi come questa può andare a influire sulla tipologia di regime fiscale in cui una partita IVA opera.
A cosa corrispondono i ricavi
I ricavi rappresentano un indicatore diretto e immediato della salute economica di un’attività, poiché corrispondono ai soldi effettivamente incassati dall’azienda. A differenza del fatturato, che tiene conto di crediti non ancora riscossi, i ricavi offrono dunque una visione concreta della liquidità disponibile.
Per un’impresa, monitorare i ricavi è indispensabile non solo per valutare l’andamento economico, ma anche per garantire il rispetto dei limiti previsti da alcuni regimi fiscali. Nel caso del regime forfettario, ad esempio, è il totale dei ricavi incassati durante l’anno a determinare l’accesso o la permanenza nel regime agevolato.
I ricavi comprendono dunque:
- entrate generate dalla vendita di beni o servizi, al netto di eventuali rimborsi, resi o sconti;
- pagamenti effettivamente ricevuti, esclusi i crediti ancora in sospeso.
Nel regime forfettario, il limite massimo di ricavi per mantenere l’agevolazione fiscale è fissato a 85.000 euro annui e questo parametro viene calcolato esclusivamente sulla base degli incassi effettivi.
Cos’è il fatturato
Il fatturato, invece, rappresenta il valore complessivo delle fatture emesse da un’azienda in un determinato periodo, indipendentemente dal loro pagamento. È un parametro che misura il volume d’affari generato e offre una panoramica dell’attività economica complessiva. Oggi è importante sapere con una stima iniziale quanto bisogna fatturare per aprire una partita IVA e sostenerne i costi.
Ad esempio, conoscere quanto bisogna fatturare per vivere bene con una partita IVA è indispensabile per decidere di lasciare un lavoro dipendente per avviare un’attività autonoma. Per farlo è possibile fare delle ricerche di mercato specifiche e informarsi sui prezzi che si possono proporre ai clienti.
Sebbene un alto fatturato possa sembrare un segnale positivo, è importante considerare che potrebbe non tradursi automaticamente in una buona salute finanziaria. Ad esempio, un’impresa con un fatturato elevato ma ricavi modesti potrebbe trovarsi in difficoltà a causa di ritardi nei pagamenti o insolvenze da parte dei clienti.
Nel regime forfettario, il fatturato assume un ruolo secondario rispetto ai ricavi, che rappresentano il vero indicatore chiave per la verifica del rispetto dei limiti normativi.
Il ruolo dei ricavi nel regime forfettario
Per chi opera in regime forfettario, i ricavi sono ben più di un semplice dato economico: costituiscono la base su cui si fonda l’intero sistema agevolato. Bisogna quindi evidenziare quali sono le differenze tra regime forfettario e ordinario.
La normativa prevede che il limite massimo di 85.000 euro annui sia proporzionato ai mesi di attività in caso di apertura della partita IVA durante l’anno. Le conseguenze del superamento della soglia comportano due diversi scenari:
- se i ricavi rimangono inferiori a 100.000 euro, l’impresa può mantenere il regime forfettario fino alla fine dell’anno in corso, passando al regime ordinario dal successivo;
- se i ricavi superano 100.000 euro, l’uscita dal regime forfettario è immediata, con il passaggio automatico al regime ordinario a partire dal mese successivo.
Cosa comporta il passaggio al regime ordinario?
Il passaggio al regime ordinario implica una gestione delle tasse per la partita IVA più articolata, poiché esso segue le aliquote IRPEF, un’imposta progressiva calcolata sul reddito imponibile secondo i seguenti scaglioni:
- 23% fino a 28.000 euro;
- 35% (aliquota che potrebbe scendere al 34% con la prossima manovra finanziaria) da 28.000,01 a 50.000 euro;
- 43% oltre 50.000 euro.
Il reddito imponibile si calcola sottraendo ai ricavi le spese deducibili e i contributi previdenziali obbligatori. Sebbene questo sistema consenta di dedurre una gamma più ampia di costi rispetto al regime forfettario, risulta spesso più oneroso per chi ha una struttura di costi leggera.
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it