Contratto di lavoro: nuova flessibilità contro il caro energia

Le aziende si riorganizzano contro il caro energia: gli orari possono diventare flessibili, fino a stabilire il lavoro solo per quattro giorni alla settimana. Ecco le possibili soluzioni contro i rincari.

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  • Con il caro energia, l’orario contenuto all’interno del contratto di lavoro può essere variato.
  • C’è la possibilità per i dipendenti di stare in azienda per quattro giorni a settimana.
  • L’orario quotidiano di lavoro può essere modificato in base agli accordi tra le parti.

Il caro energia andrà ad incidere direttamente sul contratto di lavoro. I dipendenti potranno essere in sede soltanto quattro giorni alla settimana. In alternativa potrebbe essere ridotto l’orario in determinati periodi dell’anno.

Sono queste alcune delle ipotesi che potrebbero portare ad una diversa organizzazione aziendale e che potrebbero incidere direttamente sul contratto di lavoro.

Queste nuove regole e nuovi accordi potrebbero essere stabiliti attraverso la contrattazione, senza che sia necessario pensare ad una riduzione del personale o alla sospensione completa per lunghi periodi. Ci sarebbe, inoltre, il supporto della cassa integrazione, anche se rappresenta un costo per l’azienda.

Contratto di lavoro: le regole generali

Inutile negarlo, stiamo attraversando un periodo di turbolenza economica. Il caro energia non incide unicamente sui portafogli delle famiglie, ma è anche un macigno sui conti delle aziende. Per poter affrontare questo particolare momento storico si fanno avanti alcune ipotesi, nelle quali rientrano la necessità di risparmiare energia ed una maggiore flessibilità dell’organizzazione aziendale.

A permettere alle imprese di comportarsi con una certa flessibilità ci ha pensato il Dlgs 66/2003, il cui scopo è quello di regolamentare i tempi di lavoro e quelli di riposo. Uno dei punti cruciali, che permette di andare ad incidere direttamente sul contratto di lavoro, è l’articolo 3, comma 2, che recita:

i contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.

Nuova flessibilità contro il caro energia

Il Ministero del Lavoro, attraverso la circolare 8/2005, ha opportunamente sottolineato che dato che la disposizione alla flessibilità non coinvolge direttamente nessun livello di contrattazione collettiva, la regola può essere applicata a tutti i contratti di lavoro collettivi, che siano stati sottoscritti e stipulati da una o più organizzazione dei lavoratori.

Questi accordi possono avere valenza nazionale, territoriale o aziendale. Partendo da queste basi e da questi presupposti, i datori di lavoro hanno la possibilità di negoziare delle soluzioni contrattuali che possano spalmare l’attività lavorativa su quattro giorni, con un orario di lavoro di dieci ore al giorno.

Questa particolare soluzione potrebbe essere adottata senza alcun problema, perché permette il riposo giornaliero di almeno 11 ore e garantisce una pausa intermedia di almeno 10 minuti. Una delle alternative possibili, pensando ad una stretta logica di welfare aziendale, è la possibilità di ridurre l’orario di lavoro rispetto alle 40 ore settimanali, mantenendo intatto il salario.

Adottare meccanismi di flessibilità lavorativa permetterebbe di risparmiare sull’utilizzo di energia e gas, concentrando il lavoro in determinate giornate. In molte città italiane non solo le aziende, ma anche gli esercenti, hanno deciso di applicare strategie per contrastare il caro energia: cambiare orario di apertura, ridurre la giornata di lavoro, e riorganizzarsi per lavorare nelle ore in cui l’energia costa meno.

Contratti di lavoro flessibili

Contratto di lavoro ed orario multiperiodale

Anche l’eventuale introduzione di un orario multiperiodale è stata demandata direttamente alla contrattazione collettiva. Questa è un’ipotesi particolarmente interessante, soprattutto nei casi in cui il lavoro può essere organizzato in maniera flessibile e programmabile.

Quando è possibile individuare preventivamente l’andamento dei flussi di lavoro, si possono programmare periodi nei quali ci sia una maggiore attività ed altri nei quali si riduce l’orario di lavoro. Effettuando delle compensazioni nel corso dell’anno (ad esempio: un mese si lavora un’ora di più, quello dopo di meno).

L’impresa che dovesse modificare il contratto di lavoro, adottando questa ipotesi, dovrà comunque rispettare la media delle 48 ore settimanali, comprese quelle di straordinario. Il contratto di lavoro, in questo, caso non può superare la durata settimanale dell’orario di lavoro, fissato appunto in 48 ore ogni sette giorni, compresi gli straordinari.

Riprogrammazione dell’orario di lavoro

Questo significa, in estrema sintesi, che l’orario di lavoro multiperiodale dovrà essere programmato dettagliatamente. Dovrà essere permesso il controllo ispettivo anche per il lavoro straordinario.

Ricordiamo, infatti, che la quantità delle ore concorre alla definizione dell’oggetto del contratto di lavoro. La loro distribuzione, invece, è figlia delle decisioni della direzione, dato che sono una conseguenza diretta delle modalità di esecuzione della prestazione e all’organizzazione dell’impresa.

Effettuare una precisa programmazione è necessario, perché il lavoratore non si ritrovi nella situazione di una costante disponibilità. Questo comporterebbe una pesante alterazione degli equilibri della vita dei dipendenti, oltre ad una maggiore complessità nel gestire procedure amministrative per le ore non lavorate e le eventuali assenze retribuite.

La contrattazione collettiva, almeno sotto il profilo economico, dovrebbe riuscire a garantire al dipendente un trattamento retributivo mensile, indipendentemente dal numero di ore effettivamente compiute nel corso dei 30 giorni, in modo da assicurare un flusso di retribuzione costante.

Flessibilità oraria contro il caro energia

La flessibilità oraria può essere adottata attraverso la stipula dei contratti collettivi, anche se hanno un carattere territoriale o aziendale.

È possibile prevedere un orario inferiore, rispetto a quello stabilito dalla legge di 40 ore, o a quello previsto dal contratto di lavoro nazionale. Sarà, inoltre, possibile preventivare la durata media delle prestazioni lavorative, per un periodo che non sia superiore all’anno.

Uno dei limiti di questa opportunità consiste nella durata media dell’orario. Questa non può essere calcolata per un periodo superiore a quattro mesi, che possono essere portati a sei o dodici in fase di contrattazioni, se ci sono delle ragioni obiettive valide, e non può contemplare più di 48 ore settimanali di lavoro.

Dovranno, inoltre, essere rispettati il riposo giornaliero di almeno 11 ore e il riposo intermedio non inferiore a 10 minuti, sempre che la contrattazione collettiva non preveda diversamente.

Contratto di lavoro – Domande frequenti

Il contratto di lavoro può prevedere solo quattro giornate lavorative da dieci ore?

Sì, purché il monte orario settimane rimanga al di sotto delle 48 ore, compresi gli straordinari.

Il datore di lavoro può imporre un periodo nel quale i dipendenti lavorino di meno?

Nella contrattazione si possono concordare periodi nei quali si lavora di meno ed altri periodi nei quali si lavora di più. Ecco tutte le strategie contro il caro energia.

In caso di contrattazione del lavoro, lo stipendio mensile rimane sempre uguale?

In questo caso spetta alla contrattazione sindacale concordare che gli emolumenti mensili siano sempre costanti, indipendentemente dal numero di ore lavorate. I periodi in cui si sta più fermi, saranno compensati da quelli nei quali si lavora di più.

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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