- Il concordato preventivo biennale, strumento fiscale introdotto dal governo Meloni, per il momento è un flop: solamente il 2% delle partite Iva ha scelto di adottare questo metodo.
- Sono pochi gli autonomi e gli imprenditori che decidono di aderire a questo strumento di trasparenza fiscale, nonostante i vantaggi che introduce.
- Per scegliere il concordato c’è ancora tempo fino a ottobre 2024, tuttavia questa soluzione non ha ottenuto per il momento l’interesse sperato dal governo.
Il concordato preventivo biennale è uno strumento messo a disposizione dal governo Meloni che consente una maggiore trasparenza tra contribuenti autonomi e fisco. Si tratta infatti di una soluzione con cui le partite Iva possono accordare con l’Agenzia delle Entrate l’importo di tasse da pagare in base ai ricavi stimati, per due anni.
Questa soluzione è un metodo per ridurre l’evasione fiscale da un lato e per semplificare il pagamento delle tasse alle imprese dall’altro, tuttavia per il momento sono poche le partite Iva che lo hanno scelto: appena il 2%.
Per il primo periodo dall’introduzione del concordato, questo si rileva essere un vero e proprio flop, tuttavia c’è tempo fino a ottobre per aderirvi. Cerchiamo di capire quali sono le motivazioni dietro ad un’adesione così bassa a questo nuovo strumento.
Indice
Bassa adesione per il concordato preventivo biennale
Sono circa 4,5 milioni di lavoratori autonomi i possibili interessati al nuovo concordato preventivo biennale, lo strumento proposto dal governo che mira a ottenere una migliore trasparenza fiscale. Nella pratica, tramite questo metodo il fisco stabilisce qual è la somma che la partita Iva deve pagare in tasse in base ad un calcolo sui redditi presunti.
Se la partita Iva interessata accetta questo patto con il fisco, per due anni quest’ultimo non applicherà controlli di alcun tipo e la partita Iva potrà anche percepire un margine di guadagni maggiori senza ulteriori tasse da pagare. Inoltre per il primo anno è prevista un’agevolazione del 50% sulla base imponibile valutata dal fisco, per cui si può dire che questo strumento è un vantaggio non indifferente per un’impresa o un professionista autonomo.
Va anche tenuto in considerazione che non sarà più presente il redditometro, con l’accesso al concordato. Nonostante queste premesse, al momento si registra una bassa adesione al concordato preventivo biennale, scelto solamente dal 2% delle partite Iva a cui la misura è indirizzata.
Anche se c’è tempo ancora fino alla fine di ottobre per aderire, la maggior parte delle partite Iva non ha ancora scelto o ha scartato l’eventualità di partecipare al patto con il fisco, nel momento dell’introduzione di questa nuova soluzione di trasparenza fiscale.
Benefici premiali ISA
Un vantaggio ulteriore a cui possono accedere coloro che aderiscono al concordato riguarda i benefici premiali ISA: chi infatti prende parte a questa soluzione, può accedere a tutti i vantaggi già assicurati per chi ha punteggi ISA alti.
Si tratta ad esempio dell’esonero dal visto di conformità per le compensazioni in materia IVA al di sotto di 50.000 euro, oppure IRPEF, IRES e IRAP sotto i 20.000 euro. A questo si aggiungono agevolazioni sulle sanzioni e controlli pressoché inesistenti per due anni.
Perché le imprese rinunciano al concordato preventivo biennale
Cerchiamo di capire come mai le imprese hanno scelto di aderire per un numero così limitato al concordato preventivo biennale, nel momento della sua introduzione. Da un lato si può dire che l’introduzione di questo strumento, in periodo estivo, si scontra con le diverse scadenze previste per questo mese.
Pensiamo ad esempio a quelle relative alle dichiarazioni dei redditi e al pagamento delle imposte che ne conseguono per tutte le partite Iva, forfettarie e non. Bisogna poi valutare anche che aderire al concordato preventivo biennale per i professionisti e le imprese comporta dei costi, in primis per gli intermediari che conducono tutte le pratiche.
Si parla di una spesa variabile da poche a diverse centinaia di euro, che non tutti gli imprenditori e gli autonomi sono disposti a pagare per aderire alla misura. Inoltre va valutata anche la convenienza effettiva di questo sistema.
In particolare, si tratta di una misura che potrebbe avvantaggiare solamente coloro che solitamente effettuano dichiarazioni infedeli: i contribuenti più “onesti” in materia di fisco infatti potrebbero non trovare alcun vantaggio nell’adozione di questo strumento, che comporta anche alcune spese di intermediazione, preferendo la gestione tradizionale delle dichiarazioni e delle imposte.
Le conseguenze della bassa adesione al concordato
Proviamo ad ipotizzare quali potrebbero essere le conseguenze di una bassa adesione al concordato preventivo biennale, se questo trend proseguirà anche per i prossimi mesi. In primis lo stato non recupererà diverse somme che il governo si è prefissato di riprendere tramite questo strumento: si tratterebbe quindi di un flop nella lotta all’evasione fiscale.
Di conseguenza, la situazione di evasione che riguarda una parte dei contribuenti italiani quindi non verrebbe risolta: c’è da dire che purtroppo molti troverebbero più vantaggioso continuare ad evadere e rischiare di pagare le sanzioni piuttosto che mobilitarsi per aderire al concordato.
Un concordato preventivo biennale come quello appena introdotto, anche se molto vantaggioso, potrebbe quindi non trovare interesse presso le partite Iva, rivelandosi uno strumento non idoneo a recuperare somme dall’evasione e al contrario costituire una spesa in più, oltre ad una procedura burocratica aggiuntiva, per le partite Iva.
Valeria Oggero
Giornalista