Come andare in pensione con un assegno pari allo stipendio

Iniziare a investire il Tfr in un fondo integrativo già dai 30 anni può aiutare i lavoratori a ottenere una pensione più elevata, oltre a permettere un'uscita dal lavoro anticipata.

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  • Il Tfr, se investito da subito in fondi integrativi, può giocare un ruolo fondamentale nella definizione dell’assegno pensionistico, permettendo ai lavoratori di andare in pensione con un assegno pari o simile allo stipendio.
  • Un lavoratore dipendente che inizia a investire in un fondo pensionistico a 30 o 40 anni, se mantiene un lavoro stabile e ha una retribuzione medio-alta, ha buone possibilità di raggiungere la pensione con un assegno pari all’ultimo stipendio.
  • Per i lavoratori autonomi investire in un fondo integrativo, in mancanza del Tfr, può aiutare a raggiungere un assegno pensionistico pari all’80% dello stipendio.

Coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 possono accedere alla pensione anticipata contributiva soddisfacendo alcuni requisiti di età e avendo accantonato almeno 41 anni di contributi.

L’assegno pensionistico però potrebbe avere un valore più basso rispetto alle attese, considerando che in assenza di fondi integrativi il tasso di sostituzione (cioè il rapporto tra pensione e stipendio) si attesterebbe tra il 70-72%. Ma fortunatamente esistono delle strategie per poter alzare gli importi fino a quasi la totalità dello stipendio.

In un periodo in cui la previdenza sociale non è più garantita come in passato, con un’età pensionabile che è in continuo aumento e con assegni pensionistici sempre più bassi, poter contare sul Tfr e saper valorizzare i propri risparmi diventano fattori fondamentali per il futuro, soprattutto per più giovani.

Andare in pensione con la stessa cifra dello stipendio: è possibile?

Secondo un’analisi realizzata dal Corriere della Sera, per andare in pensione con 100% dello stipendio i lavoratori dipendenti potrebbero sfruttare il Tfr e, in particolare, iniziare da subito a investire alcune somme di denaro in un fondo pensione integrativo.

Basti pensare che un 30enne che inizia da subito a investire in fondi pensionistici integrativi, potendo contare su una carriera piuttosto stabile e su incrementi di reddito annuali, avrà maggiore probabilità di eguagliare l’assegno pensionistico all’ultimo reddito da lavoro.

Un lavoratore di 40 o 50 anni, invece, oltre al Tfr dovrà probabilmente investire anche denaro aggiuntivo per potersi garantire un assegno dignitoso, in base anche al livello di rischio dell’investimento scelto.

Una variabile fondamentale da considerare è l’incremento annuale del reddito rispetto all’inflazione, al quale dovrà corrispondere un aumento delle somme versate nella previdenza integrativa, in quanto l’assegno pensionistico non riuscirebbe a tenere il passo con l’aumento del reddito.

1. Lavoratori dipendenti

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Per ottenere un assegno pensionistico dello stesso valore dell’ultimo reddito da lavoro, quindi, un dipendente dovrebbe iniziare il prima possibile a destinare una parte del Tfr a un fondo integrativo.

Secondo le simulazioni, un 30enne con un reddito compreso tra 1.800 e 2.200 euro al mese che inizia da subito a investire una parte del Tfr in un fondo integrativo può raggiungere il 105% del valore dell’ultimo stipendio, puntando su una linea ad alto rischio. Puntando invece su una linea a basso rischio e utilizzando solo il Tfr potrebbe comunque raggiungere il 90% dello stipendio.

Diversa è la situazione per chi ha 40 o 50 anni: per raggiungere il totale dello stipendio occorrerebbero, oltre al Tfr, versamenti mensili costanti (di circa 277 euro) per un 40enne con profilo di rischio basso, fino a 843 euro al mese per un 50enne che scelga una linea a basso rischio.

Le due variabili fondamentali da tenere in considerazione per garantirsi una buona pensione futura, quindi, sono il tempo e la carriera. Iniziare a investire da subito il Tfr in fondi integrativi è una garanzia per il futuro, così come poter contare su una carriera stabile e su stipendi in crescita negli anni.

2. Lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi che intendono andare in pensione con un assegno pari al proprio stipendio non possono contare sul Tfr che, per la natura della loro attività, non è previsto. Inoltre, l’aliquota contributiva di un autonomo (pari a circa il 24%) è mediamente inferiore rispetto a quella dei lavoratori dipendenti (33%): ne deriva che anche il tasso di sostituzione risulterà più basso.

A queste condizioni, quindi, è plausibile raggiungere un assegno pari all’80% del reddito da lavoro che corrisponde comunque a una pensione dignitosa. Per ottenere questo risultato, però, anche i lavoratori autonomi devono investire i propri risparmi nei fondi integrativi per autonomi.

Considerando sempre una retribuzione compresa tra 1.800 e 2.200 euro al mese, possiamo ipotizzare versamenti da poche decine di euro al mese per i 30enni che scelgono una linea ad alto rischio, fino a 559 euro al mese per i 50enni che scelgono la stessa linea.

Come andare in pensione prima: il ruolo del Tfr

Oltre a poter aumentare l’importo dell’assegno pensionistico, investendo il Tfr in un fondo integrativo si può anticipare anche l’uscita dal mondo del lavoro.

Una novità del 2025 per quanto riguarda il sistema pensionistico è la possibilità di utilizzare le risorse accantonate in un fondo previdenziale per lasciare il lavoro alcuni anni prima rispetto alle regole tradizionali. Tutto questo, però, vale soltanto per coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996.

Secondo la normativa, è possibile accedere alla pensione anticipata contributiva all’età di 64 anni (invece che a 67) con 20 anni di contribuzione, solo se si può contare su una carriera lavorativa continua e con retribuzioni medio alte. A partire dal 2025, però, il numero minimo di anni di contribuzione necessari per anticipare l’uscita dal lavoro sale a 25, mentre dal 2030 salirà a 30.

L’importanza del Tfr per la pensione futura

Questa analisi sottolinea l’importanza del trattamento di fine rapporto e dell’investimento dei propri risparmi in fondi integrativi per assicurarsi una pensione più elevata e un possibile anticipo dell’età pensionabile.

Ad oggi, infatti, secondo i dati della Commissione d Vigilanza sui fondi pensione1, solo il 22,2% del Tfr maturato nelle aziende tra il 2007 e il 2023 è stato destinato alla previdenza integrativa, mentre il 55,3% è rimasto nelle imprese (per le aziende con meno di 50 dipendenti) e il 22,5% è rimasto nel Fondo di Tesoreria INPS (per quelle con oltre 50 dipendenti). Più il tempo passa e l’età avanza, più difficile e gravoso sarà colmare la differenza.

Per un 30enne l’investimento del solo Tfr in un fondo pensione può essere sufficiente a garantire una pensione futura dignitosa, mentre andando avanti con l’età, tra i 40 e i 50 anni, i versamenti aggiuntivi necessari potrebbero diventare troppo gravosi.

Andare in pensione con lo stesso importo dello stipendio – Domande frequenti

Dove è meglio versare il Tfr?

Se fino a qualche anno fa lasciare il Tfr in azienda era la normalità, ad oggi il lavoratore può scegliere liberamente di versare o non versare il Tfr in un fondo pensione. Optare per la previdenza complementare è la migliore soluzione in un contesto in cui la previdenza sociale non è più garantita come in passato.

Perché conviene destinare il Tfr a un fondo pensione?

Il Tfr destinato a un fondo pensionistico integrativo gode di una tassazione agevolata. Il trattamento di fine rapporto lasciato in azienda, invece, al momento della riscossione avrà una tassazione da reddito con aliquote IRPEF che vanno da un minimo del 23% fino al 43%.

Quanto ha reso il Tfr negli ultimi 10 anni?

Negli ultimi 10 anni il Tfr lasciato in azienda ha reso mediamente il 2,4%, un valore in linea con il 2,5% medio netto annuo realizzato nei venti anni compresi tra il 2004 e il 2023.

  1. Relazione per l’anno 2023, Commissione d Vigilanza sui fondi pensione, covip.it ↩︎
Autore
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Laura Pellegrini

Giornalista e content editor

Dopo la Laurea in Comunicazione e Società, ho iniziato la carriera da freelance collaborando con diverse realtà editoriali. Ho scritto alcuni e-book sui bonus e ad oggi mi occupo della redazione di articoli di economia, risparmio e lavoro.

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