- In base al tipo di debito contratto, le cartelle esattoriali vanno in prescrizione secondo tempistiche differenti.
- L’importante è saper distinguere tra prescrizione e decadenza, per calcolare senza errori il momento in cui il debito risulta prescritto e la cartella non va più pagata.
- Gli interessi vanno sempre in prescrizione dopo 5 anni.
Chiunque può ritrovarsi con un debito a proprio carico nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Ma come capire quando e se le cartelle esattoriali vanno in prescrizione?
Una multa, il mancato pagamento del bollo auto, dell’Imu, del canone Rai o dei contributi previdenziali: sono solo alcuni esempi di cartelle che il cittadino o il contribuente può vedersi notificare, da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, che esige il proprio credito. Ecco come comportarsi e a cosa prestare attenzione.
Indice
Cartelle esattoriali: prescrizione e decadenza
Il primo passo per capire il funzionamento della prescrizione, e sapere di conseguenza come comportarsi, è conoscere il suo significato e la differenza che sussiste con la decadenza.
Nel momento in cui non si paga un debito dovuto, l’ente creditore (che può essere l’Agenzia delle Entrate, l’Inps, l’Inail, la regione, il comune e via di seguito) ha a disposizione un certo numero di giorni per notificare al cittadino o contribuente l’insolvenza a suo carico. Questo lasso di tempo corrisponde alla cosiddetta decadenza dei termini entro i quali la cartella va notificata.
Solo dopo questo passaggio, e scaduti i termini utili per il pagamento, inizia a decorrere il cosiddetto termine di prescrizione. Il termine di prescrizione delle cartelle esattoriali varia da un minimo di 3 anni a un massimo di 10 anni, a seconda di quale sia il tipo di debito contratto.
In pratica, se non si salda il debito, è direttamente l’Agenzia delle Entrate ad attivarsi per il recupero del credito. Nel momento in cui, per tutto il tempo previsto dalla prescrizione, l’Agenzia non invia più alcun avviso o sollecito, allora decade il diritto di riscuotere quel credito e il debitore è libero dall’obbligo di pagarlo.
Va sottolineato il fatto che, in una cartella esattoriale, sono presenti anche gli interessi e la sanzioni da pagare, in aggiunta all’importo originario del mancato pagamento.
Gli interessi tuttavia, si prescrivono sempre al termine dei 5 anni (chiaramente dopo 3 per il bollo auto), anche se il termine della prescrizione prevista per il debito in questione è di 10 anni.
Cartelle esattoriali: quali vanno in prescrizione nel 2025
La maggior parte dei debiti presenta una prescrizione quinquennale. Questo significa che nel 2025 si possono considerare prescritte le cartelle notificate nel 2020, salva nessun’altra comunicazione in merito, per quanto riguarda debiti comuni come:
- multe stradali (sanzioni di tipo amministrativo);
- imposte locali come Tari e Imu;
- contributi di tipo previdenziale e assistenziale, come quelli Inps o Inail;
- interessi sui vari debiti di tipo fiscale, non saldati.
Si prescrive in 3 anni invece il mancato pagamento del bollo auto. Dal momento che, in questo caso specifico, la prescrizione inizia dal 1° gennaio dell’anno successivo al debito, allora chi non ha pagato il bollo auto nel 2021 ha raggiunto il termine della prescrizione al 31 dicembre 2024 e quindi nel 2025 non deve più pagare questa somma.

Altre tipologie di debiti presentano invece una prescrizione ben più lunga, pari a 10 anni. Questo è il caso, ad esempio, di:
- tributi al fisco come Irpef, Iva e Ires;
- Imposte di registro, ipotecarie e catastali;
- Canone Rai.
Chi presenta a proprio carico un debito appartenente a queste tipologie e contratto nel 2015, allora può beneficiare, salvo successive notifiche, della loro prescrizione nel 2025.
C’è un caso in particolare da segnalare, che riguarda la prescrizione di quelle cartelle esattoriali che hanno beneficiato della sospensione Covid.
In sostanza, i termini di prescrizione risultano sospesi per 24 mesi (quindi l’Agenzia delle Entrate non ha proceduto alla notifica delle cartelle), per quanto riguarda i ruoli affidati dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2021.
Quando si prescrive una cartella esattoriale notificata e non pagata
Nel caso di cartella esattoriale notificata e non pagata, la prescrizione è effettiva allo scadere dei termini previsti per quella particolare tipologia di debito.
Dunque, come nell’esempio già presentato e relativo alla multa stradale, con una prescrizione dopo 5 anni, la sanzione amministrativa non va più pagata nel momento in cui, dopo la prima notifica, non arriva più alcuna comunicazione in merito.
Bisogna prestare attenzione al fatto che, solitamente, si hanno 60 giorni di tempo per pagare un debito notificato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione. Quindi la prescrizione non ha inizio dal giorno della notifica bensì dopo la scadenza dei termini utili per il pagamento, quindi a partire dal 61° giorno dalla notifica iniziale.
Come funziona l’interruzione della prescrizione
Come già più volte sottolineato, la prescrizione è valida solo se, a partire dalla prima notifica utile, l’Agenzia delle Entrate non invia più alcun tipo di avviso al debitore.
Se invece questo avviene, la prescrizione risulta interrotta. In altri termini, ciò significa che, a partire da quella nuova notifica, si ricomincia a calcolare il nuovo tempo di prescrizione.
Solitamente, l’escalation è la seguente:
- intimazione di pagamento;
- preavviso di iscrizione della cartella;
- preavviso di iscrizione del fermo amministrativo;
- oppure atto di pignoramento generico.
Questo significa, per concludere con un esempio, che ipotizzando la fine della prescrizione del debito per domani, se oggi arriva una nuova notifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, allora il termine si interrompe e ricomincia a decorrere da capo (altri 3,5, 10 anni).
Quando una cartella esattoriale non è più esigibile
Ipotizziamo che siano trascorsi gli anni di prescrizione prevista per un determinato debito, senza che nessuna successiva notifica sia intervenuta ad interrompere la decorrenza.
A questo punto, teoricamente non si è più tenuti a pagare il debito né a procedere con alcun tipo di azione, dal momento che la cartella esattoriale risulta prescritta in automatico.
Nella pratica però, solitamente accade che l’Agenzia notifichi comunque, anche a distanza di tempo, degli atti per esigere la riscossione di quelle somme.
Sta al cittadino o contribuente dunque impugnare l’atto presso l’autorità giudiziaria e quindi ottenere, nero su bianco, l’accertamento dell’avvenuta prescrizione di quella cartella esattoriale.
Natalia Piemontese
Giornalista