La trasformazione digitale non è un software, ma un modo di pensare

La crescita digitale di uno studio commercialista passa tramite la formazione dei professionisti e dei collaboratori. Non dal software contabile.

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Trasformazione digitale

Oggi i professionisti hanno più che mai necessità di investire in formazione se non vogliono essere tagliati fuori dal mercato.

È una delle riflessioni che mi vengono analizzando un sondaggio proposto su LinkedIn per commercialisti e consulenti del lavoro che rafforza la mia convinzione.

La posizione del commercialista oggi: cambiare è necessario

Non ho mai fatto mistero di questa mia considerazione: la professione del commercialista, come la intendiamo oggi, è in una fase di declino.

La rivoluzione della metà degli anni settanta ha introdotto il mercato della contabilità fiscale e paghe in seguito alla riforma del 72/73. Negli anni ottanta è arrivato il tempo della crescita, con l’introduzione dello scontrino, della ricevuta e di tutte le norme fiscali collegate.

Negli ultimi anni, però, è iniziata una diffusa fase di declino. Le innovazioni (es. l’introduzione della fattura elettronica) hanno ridotto la marginalità per il commercialista, mentre la selva della burocrazia ha relegato sempre più il professionista al ruolo di semplice intermediario del fisco.

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Il software gestionale

In questa parabola, un ruolo determinante è stato svolto dal software gestionale, che è stato il compagno fidato del professionista, per la sua crescita informatica e digitale.

Lo stesso software a cui il professionista, molto spesso, attribuisce una importanza fondamentale per la crescita della informatizzazione dello studio che, come risulta anche del sondaggio sopra, si richiede sia completo e integrato.

E’ quasi un mito, tra i commercialisti, quello di un software che “faccia tutto da solo”. E in effetti tutti i software sono venduti come completi e integrati: alcuni a caro prezzo, ma non importa, visto che il prezzo spesso non è una variabile importante per la scelta (come risulta dal sondaggio).

Il punto molto spesso è che il difetto di approccio al digitale induce a fare delle scelte il più delle volte non coerenti con le esigenze dello studio. In particolare, si sottostima l’incidenza sui tempi e sui costi di queste inefficienze, e si scarica il supplemento di lavoro su se stessi e sui collaboratori.

Quale potrebbe essere l’approccio corretto?

Ecco un possibile approccio: liberarsi dalla prigionia del software gestionale, che costringe il professionista a concepire lo sviluppo dello studio come un fattore strettamente correlato al programma per commercialisti utilizzato per la elaborazione della contabilità.

Lo sviluppo tecnologico dello studio si misura con gli investimenti della software house in ricerca e sviluppo e la conseguente innovazione del programma. Il professionista si adegua alle proposte della sua SH e difficilmente esce fuori da questo schema.

In molti gruppi di discussione capita di leggere elogi all’uno o all’altro software, in un dibattito-scontro tra diverse fazioni che prendono posizione sulla bontà della scelta fatta in materia di gestionale.

La qualità del software (o meglio il brand) diventa un marchio di fabbrica dello studio, misurando l’evoluzione tecnologica con esso.

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La trasformazione digitale è una modo di pensare, non un software

Il rischio di appiattire il proprio sviluppo tecnologico su quello di una piattaforma software, però, è quello di non far crescere lo studio da un punto di vista digitale, se non nella direzione della software house.

Il software contabile è utile, ma non può essere centrale per la crescita digitale dello studio, che invece deve avvenire tramite la formazione dei professionisti e dei collaboratori.

Cambiare il mindset dello studio vuol dire uscire dalla logica di una integrazione impossibile di tutte le procedure di studio per entrare in una logica di processo. Il quale deve deve essere analizzato e reso flessibile, come l’evoluzione dell’attività di consulenza.

Verso la figura del consulente aziendale

La trasformazione digitale è un argomento centrale per le aziende, di cui i commercialisti sono il consulente principale.

La necessaria flessibilità nella gestione di questo processo da parte del commercialista diventa un punto di forza nella proposta di consulenza.

Nella maggior parte dei casi, il commercialista è percepito come consulente fiscale e contabile, e la sua evoluzione in consulente aziendale delle imprese è complicata e necessita di una specifica formazione.

Formazione che è finalizzata ad acquisire delle competenze trasversali in diversi ambiti:

  • comunicare sui social in modo differente e organizzato;
  • gestire i processi di studio con strumenti digitali, con un vero smart working che da priorità al lavoro per progetto, anziché al lavoro per orario;
  • utilizzare l’intelligenza artificiale come acceleratore e semplificatore delle attività ripetitive nella comunicazione e nella consulenza;
  • applicare strumenti RPA alla contabilità, che automatizza le attività senza operatore, creando flussi solo da controllare;
  • gestire il personale con una carica motivazionale, che favorisce il team building e la creazione di una organizzazione del lavoro armonica e positiva;
  • approfondire gli argomenti che rappresentano dei megatrend nell’area della consulenza, come ad esempio ESG e sostenibilità, adeguati assetti organizzativi, MOG 231, in modo da spostare il focus dalla contabilità, fisco e paghe a settori con più alto valore aggiunto;
  • modificare l’approccio al mercato, passando da una logica cliente-centrica a una logica prestazione-centrica, migliorando con attività di ricerca e sviluppo le soluzioni proposte alle imprese;
  • assumere un atteggiamento proattivo, intercettando e valorizzando i clienti di qualità e alto-spendenti o ad alto potenziale, puntando su up-selling e cross-selling per la crescita del fatturato, piuttosto che sul numero dei clienti.

Dopo questo processo di trasformazione dello studio, il professionista sarà in grado di consigliare l’azienda al meglio, fornendo soluzioni all’avanguardia e uscendo dallo stereotipo del commercialista-fiscalista o commercialista-revisore dei conti.

Un consulente percepito come utile all’azienda, anziché obbligatorio per legge.

Cambiare modo di pensare insieme

In questo processo di transizione del commercialista dalla versione past alla versione future, è indispensabile la condivisione di tutta la struttura dello studio, delle persone, donne e uomini che ne fanno parte.

Cambiare il modo di pensare è un processo lento se riguarda una piccola comunità, come a volte capita negli studi professionali. Significa lavorare ogni giorno su se stesso con convinzione e con costanza.

Alla fine del processo avremo cambiato modo di lavorare e contesto economico, flessibilizzando il nostro modo di pensare e di vedere le cose, cosa che nessun software gestionale di contabilità potrà fare.

Autore
Foto dell'autore

Giovanni Emmi

Dottore Commercialista

Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

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