Il paradigma del lavoro in ufficio è cambiato già da qualche anno.
L’accelerata sul fronte del remote working, conseguenza della pandemia COVID-19, ha contribuito a divulgare una nuova cultura del lavoro, passando dal tempo al progetto come elemento di misurazione delle attività delle risorse umane.
Il cambiamento culturale non è sufficiente senza una adeguata formazione e una condivisione di un nuovo modello operativo tra i professionisti e i collaboratori dello studio.
Metodo, formazione e convinzione sono i tre tasselli del puzzle dello smart working, una sfida raccolta da molti studi, enfatizzata da una nuova concezione del valore delle risorse umane, veicolo della sostenibilità.
Lavoro tradizionale: cosa non va
- Il lavoro negli orari di ufficio è scandito dal tempo.
- L’unico vero nemico di un approccio nuovo e dinamico alle attività professionali, in special modo quelle di qualità più elevata, è proprio il tempo.
- Lavorare misurando il tempo in modo rigido, imponendo ritmi “da fabbrica” ai professionisti, comporta un adattamento da impiegato anche nel professionista.
- Il tempo come elemento di misurazione del valore del valore della prestazione non è compatibile con le figure di più elevato livello professionale.
Smart working e remote working: cosa si dovrebbe fare
- Lo smart working non è semplicemente un lavoro a distanza, è molto di più.
- È un modo diverso di concepire il lavoro da scrivania. Senza spazi, senza vincoli di orario e con i task ed i progetti come unico elemento di valutazione delle attività.
- Il controllo delle attività, la gestione autonoma del tempo libero, la libertà di programmare la consulenza senza nessuno schema preordinato, rendono necessario un approccio al lavoro senza condizionamenti.
- Lavorare meno e lavorare bene, diventa un valore, che sostituisce l’icona del businessman indaffarato, indice più che di troppo lavoro, di scarsa organizzazione.
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista