CO.CO.CO. – COMMERCIALISTA COOPERATIVO COMPETITIVO. Nel mondo delle professioni contabili, legali o della consulenza, una domanda sorge spontanea: siamo colleghi o concorrenti?
Anche in questi due termini il dittongo è CO, come per commercialista, cooperare e competere.
Una questione ricorrente anche all’interno delle attività di impresa, dove la concorrenza è un fenomeno più spiccato che fa parte della dinamica di gestione.
Non solo spiccato. La concorrenza tra le imprese è la normalità. La competizione è normata solo alla voce “concorrenza sleale” se fatta in modo scorretto, o “divieto di concorrenza” e “patto di non concorrenza”, nei casi di cessione di azienda o per situazioni molto specifiche.
Per il resto, nel rispetto della legge, “in amore e in affari tutto è permesso”.
Indice
Concorrenza e colleganza fra commercialisti
Per la professione del commercialista, invece, il termine concorrenza è ancora un tabù. Piuttosto, si preferisce parlare di “colleganza”, quasi a sancire un rapporto speciale per i commercialisti che affonda le sue radici nelle origini corporative delle professioni.
- COmmercialista;
- COncorrenza;
- COmpetizione;
- COoperazione;
- COlleganza.
Sempre con il dittongo CO, ma senza una comune matrice, la COlleganza tra commercialisti è un rapporto che dovrebbe essere improntato più alla COrdialità che alla COoperazione.
Sembra incomprensibile, non siamo concorrenti, non cooperiamo ma siamo cordiali. Sembra più una norma di buon costume che una regola commerciale, ma in effetti perché i commercialisti sono cordiali, collegati ma non cooperano?
Dove nasce la concorrenza moderna fra commercialisti
Le professioni ordinistiche sono il retaggio di un passato farcito di scarsa scolarizzazione e sostanziale ignoranza del popolo italiano. La richiesta di figure professionali con competenze specifiche in diverse materie era tale che non si poteva concepire il termine concorrenza.
Neanche negli anni passati vi era cooperazione, ma gli spazi ampi di mercato consentivano ad ogni professionista i ritagliarsi il proprio senza necessariamente invadere quello degli altri.
Restringendo il campo al commercialista, dagli anni settanta del secolo scorso, tutto è iniziato a cambiare. La figura del Ragioniere diplomato, diventato professionista per la fame di competenze che mancavano all’Italia del miracolo economico, inizia restringere il campo di azione.
Dapprima l’obbligo del tirocinio, poi quello della laurea, infine il collasso del collegio dei ragionieri, confluito nell’Ordine dei Commercialisti, hanno preso atto di un restringimento di campo che era una tendenza già in atto dalla fine degli anni ottanta, in cui la professione raggiunse il clou per la espansione delle norme fiscali che la resero necessaria anche per le piccole aziende.
Gli anni 2000 raccontano già una storia diversa. Una storia di grande diffusione della professione, occupazione territoriale degli spazi, in una crescente anemia del tessuto imprenditoriale che si impoverisce e alimenta una competizione sul prezzo.
Dall’altra parte il professionista percepisce nella professione un facile accesso alla classica rendita derivante dalla gestione di attività contabili tramite collaboratori, che garantisce un margine, minimo ma sicuro.
Ed ecco che la colleganza, dimenticata, si trasforma in feroce competizione. La violazione ripetuta di norme deontologiche elementari creano un sistema professionale fragile che si sta schiantando con l’evoluzione del mercato della consulenza e l’ingresso di player non professionisti che automatizzano la contabilità utilizzando l’intelligenza artificiale e l’utilizzo di robot di processo.
La fase della cooperazione torna ad essere un argomento all’ordine del giorno della professione del commercialista. Creare delle economie di scala e nuove opportunità di consulenza è l’unica via per mantenere le posizioni, senza rischiare l’estinzione del commercialista.
Come può cooperare un commercialista?
La cooperazione non può essere un semplice sentimento, una disponibilità di massima, una cordialità di fondo. L’era della colleganza è tramontata, è necessario cooperare in maniera stabile, strutturale. Servono forme giuridiche.
Il dibattito aperto è sempre quello tra società tra professionisti, studi associati e reti professionali. Quale potrebbe essere la forma giuridica più adatta ad innescare una pratica cooperativa nei professionisti?
La società tra professionisti è lo strumento in teoria più evoluto, ma non si presta a strutture composite e formate con dinamiche esogene. Pensiamo a più studi che si fondono in un’unica struttura professionale e alle difficoltà di trovare un punto di incontro per governance e remunerazioni.
In conclusione, partendo sempre dallo stesso dittongo, la parola giusta, scartata la competizione, la concorrenza, la colleganza e la cooperazione, potrebbe essere COndivisione.
Cosa condividere con gli altri professionisti?
Competenze prima di ogni cosa, ma non solo. La condivisione è confronto nella attività di consulenza, continuità del rapporto professionale, coerenza nel portare avanti un progetto comune e coesione nella comunicazione congiunta dei professionisti.
Una nuova sfida per proporre nuovamente il COmmercialista al centro del sistema solare della consulenza alle imprese.
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista