- Un tempo la professione del commercialista era plutocratica (un mestiere per pochi eletti);
- Oggi la modernità ha messo in crisi questo antico schema, trasformandolo in una democrazia;
- Niente è dovuto, ormai. Bisogna quindi sapersi innovare per rispondere al cambiamento.
Gli ordini professionali italiani affondano le radici nelle corporazioni e si sviluppano come libere aggregazioni di individui che ricevono il riconoscimento della legge, attraverso l’ordinamento.
Il corporativismo influisce sui professionisti e sul loro modus operandi quotidiano? È naturale che le tradizioni siano dure a morire, a volte va bene anche così.
Nel nostro caso, la tradizione della professione del commercialista ha una matrice plutocratica. Essa stata rafforzata negli anni da uno schema di ingresso nel mercato del lavoro professionale, da parte dell’aspirante commercialista, che seguiva una prassi ben precisa e ripetitiva:
- Laurea (Diploma fino a qualche anno fa);
- Tirocinio professionale;
- Esame di abilitazione;
- Collaborazione in studio;
- Avviamento autonomo alla professione o insieme ad altri associati.
Poche le varianti sul tema che si sono succedute negli anni, con un unico filo conduttore: l’approvazione di un sistema chiuso che passa dall’accettazione all’accoglienza del neo professionista in un universo che gli potrà garantire l’accesso al lavoro e alla stabilità.
Al di là del percorso individuale e delle convinzioni personali e ideologiche, lo spirito di corpo e la solidarietà, la c.d. colleganza è stato il collante che ha tenuto insieme una categoria che affondava le sue radici nella storia e nel legittimo interesse economico di ognuno a portare “il pane a casa”.
La tradizione e l’impostazione corporativa della professione, ha influito sulla proposta professionale del commercialista?
Di sicuro anche la proposta professionale e la conversione del mercato in clienti, vero patrimonio del professionista, hanno seguito una strada compatibile con la visione di gruppo sostanzialmente chiuso.
Cosa cambia con i social e con il web per il commercialista?
L’arrivo delle nuove tecnologie ha stravolto gli scenari tradizionali del mondo del lavoro.
Perde di valore la rendita di posizione di tipo personale (es. far parte degli organi di categoria) o familiare (anche in settori contigui come avvocati e consulenti del lavoro). Per crescere è necessario fare ulteriori investimenti in formazione e tecnologia.
Senza una massiccia innovazione per lo studio commercialista il rischio è quello di ridurre la platea dove pescare nuovi clienti, oppure marginalizzare la propria attività arrivando a quelli con meno qualità.
Per stare sul mercato, crescere o semplicemente resistere, lo studio deve diventare democratico, cambiare modello di comunicazione, stare al passo con i tempi e sfruttare meglio le nuove opportunità.
L’acquisizione di nuovi clienti nei prossimi anni, sarà sempre più indirizzata da richieste sul web (basti pensare oggi a quante persone cercano un commercialista online oggi).
È un passaggio che è già stato vissuto per altri settori, come ad esempio il commercio, banche, assicurazioni, e così via.
Anche per le attività professionali, il fenomeno del web come principale market place per la vendita di prodotti e servizi, ha avviato una rivoluzione che non potrà essere arrestata e che è stata amplificata dalla pandemia da COVID-19.
Per stare al passo con questo cambiamento, è indispensabile acquisire nuove competenze e, soprattutto una visione diversa della professione del commercialista, con una presentazione al potenziale cliente in linea con le tendenze attuali.
Anche il modo di lavorare del collaboratore, la sua interpretazione della quotidianità, saranno modificati nel senso richiesto dai nuovi protagonisti del mercato: più rapido, preciso, conciso ed economicamente accessibile.
Il cambiamento è sempre un’incognita e, come tutte le incognite, fa paura e mal si adatta ad i professionisti. Nel loro corredo cromosomico, gli studi mancano di un fattore decisivo per una formazione aperta e per la comprensione di modelli nuovi: l’umiltà e la disponibilità all’ascolto.
La pretesa di essere i primi della classe, nel ricordo dei fasti (o presunti tali) del passato, non paga in questo nuovo modello professionale, che ha bisogno di tempo ed applicazione per essere messo in opera.
Conviene guardare avanti o rivolgere lo sguardo all’indietro?
Forget the Past! è la parola d’ordine del commercialista che non vuole restare al palo ed esplorare un nuovo modo di fare professione che, perché no, potrebbe dare anche più soddisfazioni.
In questa dinamica moderna, il giovane diventa un tesoro prezioso da utilizzare in modo più intelligente rispetto al passato.
Lasciare che siano le nuove leve a guidare l’innovazione nello studio ed essere disponibili al reverse mentoring, acquisendo quelle competenze tecnologiche e digitali che mancano ai professionisti che hanno iniziato negli anni ottanta e novanta del secolo scorso.
Quali vantaggi si potrebbero avere con l’innovazione dello studio del commercialista?
- un mercato potenziale non più locale ma nazionale;
- maggiore propensione alla specializzazione;
- tendenza a creare più sinergie professionali e opportunità;
- crescere nella pari opportunità di accesso alla professione.
In conclusione si potrebbe scoprire che essere artefici del cambiamento potrebbe essere un plus per il commercialista, oltre che da un punto di vista economico e professionale anche per lo stile di vita.
Il passaggio da una professione plutocratica ad un professione più democratica non è più procrastinabile.
È certo che il web ha reso e renderà la professione sempre più democratica ed accessibile. In questo caso ben venga la rete, ben venga il cambiamento in senso democratico, con tutti i limiti e tutti problemi, perché la peggiore delle democrazie è meglio della migliore plutocrazia.
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista