- In Italia è arrivata una stretta sugli affitti brevi, per contrastare il fenomeno dell’abusivismo nel settore, includendo l’obbligo del Codice Identificativo Nazionale.
- Recentemente una circolare del Ministero dell’Interno ha stabilito una stretta sulle key box: i turisti non potranno più ritirare le chiavi per l’accesso agli appartamenti tramite cassette elettroniche, ma di persona incontrando il proprietario.
- Secondo le normative europee, gli appartamenti in affitto per scopi turistici devono avere un codice identificativo nazionale esposto, rispettare le regole antincendio e dotarsi delle strumentazioni già obbligatorie per gli hotel.
Negli ultimi mesi in Italia sono arrivate diverse novità in tema affitti brevi, con nuovi limiti da imporre a chi affitta i propri appartamenti per brevi soggiorni, con l’obiettivo di limitare soprattutto l’abusivismo e favorire una concorrenza leale con le strutture alberghiere.
Questo incide anche sulle regole nell’utilizzo di piattaforme online come Airbnb, per cui si era già parlato di una stretta. Inoltre da settembre 2024 è necessario apporre il CIN, Codice Identificativo Nazionale, sia all’esterno dell’immobile che negli annunci online.
A seguito di dati preoccupanti circa l’affluenza turistica in alcune città italiane soprattutto in alcuni periodi dell’anno, ad esempio a Firenze, si è deciso di bloccare l’utilizzo delle key box, ovvero le cassette di sicurezza presenti all’esterno degli appartamenti che contengono le chiavi di accesso. Vediamo nel dettaglio cosa prevede la nuova stretta.
Indice
Stretta sugli affitti brevi: le key box
In una recente comunicazione del dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno viene data una stretta sulle key box, ovvero le cassette di sicurezza, poste all’esterno degli appartamenti, contenenti le chiavi di accesso. Ad oggi infatti non è raro che, soprattutto nelle principali città italiane, i turisti che acquistano un servizio di affitto breve non si incontrino mai con i proprietari di casa.
Tutto avviene direttamente online: dalla prenotazione al pagamento, per cui gli interessati arrivano sul posto e utilizzano le cassette di sicurezza per prelevare le chiavi per entrare negli appartamenti. Questo però ha portato al moltiplicarsi delle key box nelle vie più frequentate delle città, con non poche rimostranze da parte dei residenti.
Di fronte a questa situazione, viene quindi negata la possibilità di utilizzo di queste scatole di sicurezza, per cui d’ora in avanti i turisti devono incontrare direttamente i proprietari di casa per prendere le chiavi.
Ma non solo, anche per motivi di sicurezza e identificazione dei turisti, chi propone l’affitto breve deve verificare in prima persona la corrispondenza tra i documenti di identità inviati online dai turisti e chi si presenta per il pernottamento, comunicandolo anche alla questura territoriale entro 24 ore.
Le key box di fatto impediscono la corretta identificazione, per cui la decisione recente predilige un contatto di persona tra chi affitta e chi acquista il servizio. Alcune città inoltre, come Firenze e Roma, hanno già di fatto imposto il divieto di utilizzare queste cassette di sicurezza.
Affitti brevi: gli obiettivi delle nuove regole
Nel frattempo il Ministero del Turismo in Italia ha proposto una regolamentazione sugli affitti brevi che ha portato ad una legge vera e propria. L’obiettivo è quello di limitare il proliferare degli appartamenti destinati ad affitti turistici brevi nelle principali località e nelle grandi città.
Ad essere coinvolte dal disegno di legge sono le grandi città italiane, ovvero i 14 comuni metropolitani seguenti: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
Tuttavia, rispetto ai precedenti disegni di legge, il nuovo testo riporta importanti cambiamenti, a partire dalle finalità. Infatti, se prima la bozza era volta a contrastare il “rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali” e a “salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento”, oggi l’obiettivo del provvedimento sembrerebbe essere mutato.
Il nuovo testo si propone di dare una disciplina uniforme a livello nazionale con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’abusivismo. Non si fa più, quindi, leva sull’overtourism o sullo spopolamento dei centri storici, ma sul tema dell’abusivismo.
Tra le principali novità introdotte ci sono: il limite di notti minime, l’introduzione del CIN, il numero identificativo nazionale e i requisiti che gli immobili devono rispettare. Inoltre, viene portato a 1 il numero di appartamenti massimo che lo stesso proprietario può utilizzare con l’affitto breve tramite cedolare secca al 21%. Vediamo le novità nel dettaglio.
1. Numero minimo di notti
Secondo l’ultimo decreto, gli affitti brevi dovranno durare almeno due notti e sono previste sanzioni salate per chi affitta per una sola notte. Il minimum stay è stato fortemente richiesto da Federalberghi per i 14 comuni metropolitani e i Comuni a densità turistica alta e molto alta.
Questo vuol dire che per i pernottamenti di una notte, i turisti si rivolgeranno prevalentemente agli alberghi. Le sanzioni per chi ha un appartamento e lo utilizzerà senza seguire queste regole potranno arrivare anche a 5mila euro.
Questo numero minimo di due notti tuttavia non verrà applicato alle famiglie con almeno tre figli a carico, per cui questa sarà l’unica eccezione alla regola.
2. Numero identificativo nazionale
Come anticipato, è stato introdotto un numero identificativo nazionale, o CIN, che va così a sostituire quello regionale. Il CIN è direttamente collegato all’immobile e deve essere richiesto tramite piattaforma web bdsr.ministeroturismo.gov.it con obbligo da settembre 2024.
Si punta, quindi, ad una centralizzazione della raccolta di informazioni da parte del Ministero del Turismo mediante il ricorso alla banca dati relativa a affitti brevi, B&B, hotel, ma anche agriturismi, rifugi alpini, campeggi, dimore storiche, affittacamere, residence e cabine delle navi da crociera.
I Comuni avranno il compito di controllare l’applicazione del numero identificativo sulle piattaforme online e sui canali di promozione, oltre che all’entrata dello stesso immobile.
3. Requisiti degli immobili
Le case messe in affitto per affitti brevi devono rispettare dei requisiti. La proposta di legge ha, infatti, accolto la richiesta di Federalberghi di applicare agli appartamenti la medesima disciplina degli alberghi.
Questo riguarda, ad esempio, la normativa antincendi, oltre che le strumentazione per la rilevazione del monossido di carbonio, che ad oggi non sono obbligatorie nelle case ad uso abitativo privato. Va considerato che altre normative regionali avevano già imposto che gli impianti fossero a norma.
4. Cedolare secca
Secondo le ultime novità, la cedolare secca sugli affitti brevi sarà al 26% a partire dal secondo immobile posto in affitto con questa modalità. Questo significa che la riduzione al 21% prevista dalla riforma sarà possibile solamente per un immobile e il proprietario potrà scegliere quale.
Le nuove aliquote si applicano a partire dai redditi dal 1 gennaio 2024, indipendentemente dal momento in cui sono stati presi accordi tramite i contratti. Inoltre anche per chi ha in gestione i portali di incontro tra domanda e offerta sono attive le stesse regole sulla cedolare secca al 21%.
Affitti brevi: le sanzioni
Tra le novità più importanti previste dal disegno di legge proposto dal Ministero del Turismo ci sono le nuove sanzioni sugli affitti brevi. Infatti, la proposta prevede sanzioni fino a 5 mila euro per chi affitta una casa per una sola notte.
La mancata esposizione del CIN per ogni annuncio, invece, prevede una multa che va dai 500 ai 5 mila euro. Oltre alla sanzione è prevista anche l’immediata rimozione dell’annuncio dalla piattaforma online. Invece, la mancata richiesta del CIN comporterà una sanzione fino a 8 mila euro.
Inoltre, superati i due appartamenti in affitto breve, il locatore dovrà necessariamente aprire una partita IVA e ottenere la Scia. Ad intervenire sugli affitti brevi in Italia ci ha pensato il Decreto Anticipi.
Affitti brevi, CIN obbligatorio da settembre 2024
Da settembre 2024 è obbligatorio procedere con la richiesta e l’apposizione del Codice Identificativo Nazionale, ma per l’applicazione delle sanzioni in caso di illeciti si attende il prossimo anno.
Ricordiamo che i proprietari secondo le nuove regole devono provvedere in autonomia a presentare una domanda per il CIN, comunicando dati importanti come quelli catastali, oltre a rispettare tutti i requisiti di sicurezza.
Sulla piattaforma ufficiale disposta per le richieste1 è possibile dichiarare i dettagli della propria struttura per richiedere l’acquisizione del CIN, procedendo con un’autocertificazione per ciò che riguarda i sistemi di sicurezza presenti nell’edificio.
Le criticità delle norme sugli affitti brevi
Se da una parte nuova regolamentazione disposta dal Ministro del Turismo dovrebbe essere il frutto di un dialogo tra le parti e le associazioni interessate, dall’altra la stessa proposta ha evidenziato alcune criticità.
Infatti, la nuova disposizione sembrerebbe accogliere le richieste del mondo alberghiero, che avevano l’obiettivo di introdurre limitazioni al settore degli affitti brevi. Questo mediante l’applicazione di specifici limiti e requisiti.
Tuttavia, secondo l’Associazione italiana gestori affitti brevi, l’Aigab, questa nuova modalità sarebbe in realtà volta a rendere meno conveniente il ricorso all’affitto breve e a complicare le procedure dei locatori, che sarebbero così costretti a ricorrere ad agenzie immobiliari o a diventare imprenditori nel caso di tre immobili.
Affitti brevi – Domande frequenti
La nuova legge impone una durata minima dell’affitto breve di due notti e che gli appartamenti rispettino specifici requisiti.
Il Ministero del Turismo si è impegnato in una normativa nazionale che impone un numero minimo di notti per l’affitto breve (almeno due), l’introduzione di un numero identificativo nazionale dell’appartamento e nuovi requisiti per gli immobili.
La nuova proposta prevede sanzioni fino a 5mila euro per chi affitta gli appartamenti per meno di due notti, sanzioni dai 500 ai 5 mila euro per gli immobili che non espongono il CIN e multe fino a 8 mila euro per gli immobili che non fanno richiesta del numero identificativo nazionale.
Il CIN in Italia è obbligatorio da settembre 2024, quando è stata resa operativa la banca dati. Da questo mese i proprietari devono esporre il codice unico.
- Codice Identificativo Nazionale, bdsr.ministeroturismo.gov.it ↩︎
Gli affitti brevi sono soggette alle regole dei Comuni, Regioni e adesso a incasinare ancora di più il contesto si preannuncia l’intervento dello Stato con un decreto imminente. Tra quello che leggo in merito al futuro provvedimento del Governo non si spiega perchè una casa affittata fino a 30 giorni dovrebbe essere minuta dei dispoitivi antincendio, in quanto ricompresa nella norma degli affitti brevi. Mentre se la stessa casa è affittata alle stesse persone per non meno di 31 giorni i dispositivi antincendio non sono ritenuti necessari. Inutile dire che sarebbe un provvedimento che coprirebbe di ridicolo chi lo approva. Le norme di sicurezza se ritenute indispensabili devono essere estese a tutte le tipologie di affitto, indipendentemente dalla durata del contratto. Diversamente il fine è vessatorio.
L’affermazione che dice “Secondo i dati, sono meno del 2% a livello nazionale gli immobili destinati agli affitti brevi, un numero esiguo rispetto ai 9,5 milioni di immobili vuoti “, posta in questi termini mi sembra francamente risibile.
Il problema dei centri storici (e non solo) è l’altra concentrazione in determinate zone. Interi condomini destinati agli affitti brevi e di fatto diventati alberghi in zone che da piano regolatore sarebbero destinate alla residenza. Ovviamente gli affitti brevi in periferia sono molti di meno.
Non ha senso raffrontare le unità immobiliari destinate agli affitti brevi al numero totale di immobili senza fare una analisi sulle singole zone.
In tutte la grandi città dove si tenta di regolare il fenomeno il primo punto è la distorsione del mercato immobiliare destinato alla residenza. Con fenomeni che vedono la progressiva espulsione dei residenti da certe zone se non addirittura dalla città.
E’ il primo dei problemi sollevati in relazione a questo fenomeno in moltissime località in giro per il mondo.
Molte associazioni, primi cittadini e studi ne parlano da anni per Roma e Firenze. L’Unesco minaccia di mettere Venezia nella lista dei siti in pericolo, tra le altre cose, anche per questo motivo.
A Napoli l’espulsione dal centro storico è fatto di questi ultimi anni.
Non si capisce perchè in Italia invece questo non sia considerato un aspetto rilevante.