- Una partita IVA forfettaria per definizione lavora con più committenti o clienti, in quanto svolge un’attività autonoma. Ci sono dei casi specifici in cui è consentito dalla legge operare con un un unico committente.
- Avere un unico cliente è possibile in caso di particolari accordi sindacali con l’azienda, per coloro che sono iscritti ad un Albo professionale oppure in caso di lavori con il pubblico impiego, associazioni o come amministratore di azienda.
- In tutti gli altri casi la partita IVA mono committente non è consentita, per cui si tratta in realtà di una falsa partita IVA, che non segue le norme di legge.
L’apertura di una partita IVA implica lo svolgimento di un lavoro con modalità molto diverse rispetto a quelle previste per un lavoratore dipendente. Un autonomo infatti ha più committenti, ovvero presta la propria manodopera o i propri servizi a clienti differenti nel tempo, provvede in autonomia al pagamento di imposte e contributi e generalmente viene affiancato da un commercialista.
Questo è valido anche per chi aderisce al regime forfettario, per cui si applicano le stesse regole. Si parla di partita IVA mono committente nel momento in cui l’autonomo si rivolge solamente ad un cliente, ma questo è possibile secondo la legge italiana? Chiariamo tutti i casi specifici.
Indice
Partita IVA unico committente 2024: quando è possibile
La partita IVA si può utilizzare per lavorare in autonomia, anche con regime forfettario, per un unico cliente, solamente in determinate occasioni, come specifica la legge italiana. Ovvero:
- se sono presenti precisi accordi sindacali che lo prevedono;
- se il professionista appartiene ad un Ordine specifico che lo consente;
- se si svolge una mansione legata all’amministrazione di un’azienda;
- se si lavora per un’associazione sportiva dilettantistica riconosciuta;
- se si opera per il pubblico impiego.
In questi casi avere un unico committente è consentito dalla legge, per cui il cliente non sta di fatto violando alcuna regola. Un altro caso è quello della prestazione occasionale, ma qui non è necessaria la partita IVA.
Partita IVA mono committente: riforma e normative
Andando a vedere nello specifico quali sono le leggi italiane sulla questione, prima del 2015 una partita IVA nascondeva in realtà un lavoro di tipo subordinato quando si verificavano almeno due di tre condizioni specifiche.
Questo avveniva se il lavoro aveva durata superiore a 8 mesi all’anno per due anni di fila, il ricavato della partita IVA dal committente unico era almeno superiore all’80% di tutto il fatturato di due anni e quando l’autonomo svolgeva la mansione presso la sede aziendale in modo fisso.
Con la riforma successiva del Jobs Act, queste indicazioni sono mutate leggermente, per cui oggi la partita IVA mono committente viene considerata come lavoro subordinato mascherato nei seguenti casi:
- se la partita IVA svolge un lavoro per cui rientra nella struttura aziendale in modo diretto;
- se la prestazione svolta per l’unica azienda è continuativa nel tempo;
- se il lavoro è organizzato dal committente e prevede che l’autonomo si rechi in una sede specifica.
Se queste tre fattispecie sono realizzate, allora la partita IVA è mono committente e si può dire che nasconde in realtà un vincolo di subordinazione con l’azienda.
Partita IVA forfettaria con fisso mensile: quando è falsa
Se si escludono le casistiche viste prima, in tutti gli altri casi una partita IVA forfettaria non può svolgere un lavoro per un unico committente. Il rischio è infatti quello di una falsa partita IVA, per cui l’azienda di fatto sta impiegando il lavoratore come se fosse dipendente, ma senza versargli contributi e tasse e senza garantirgli le tutele previste per chi ha un contratto subordinato.
In questi casi, quando di fatto la partita IVA percepisce un fisso mensile, l’azienda può incorrere in sanzioni in caso di controlli ed essere poi obbligata a risarcire il lavoratore di tutte le somme non corrisposte in precedenza.
In alcune circostanze specifiche invece è possibile percepire una sorta di fisso mensile da un cliente, ma non si parla di falsa partita IVA se questo non è l’unico e il rapporto di lavoro e non si configura come subordinato.
Contratti misti: la novità per le partite IVA forfettarie
Recentemente è stata introdotta dal governo la possibilità per un lavoratore subordinato, quindi regolarmente assunto da un’azienda tramite contratto part time, di aprire una partita IVA forfettaria e fatturare alla stessa azienda.
Questo tipo di contratto misto però prevede specifici requisiti per poter essere applicato: l’azienda in questione deve essere di grandi dimensioni, ovvero avere almeno 250 dipendenti e in ogni caso deve essere presente un contratto di lavoro a tempo parziale. Inoltre l’autonomo può svolgere per la stessa azienda solamente una mansione differente con partita IVA rispetto a quella consueta del lavoro subordinato.
False partite IVA iscritte ad un Albo
Abbiamo visto che se un professionista autonomo è iscritto ad un Albo può svolgere la propria mansione per un unico committente. Su questo punto bisogna però fare delle precisioni: tale possibilità deve essere in primis regolamentata dalle norme dell’Ordine Professionale specifico.
Un caso oggi molto diffuso è quello dello studio professionale, per cui diversi lavoratori autonomi con partita IVA, anche forfettaria, operano insieme nella stessa sede e per la maggior parte della giornata lavorativa. In questo caso si tratta sempre di professionisti autonomi, ma che agiscono in forma associata.
Anche se ci sono delle normative sulla questione, spesso i confini tra la modalità subordinata e quella autonoma sono molto labili, per cui in caso di controversie è un giudice che deve esprimersi sulla questione.
Risarcimento per falsa partita IVA e sanzioni
Andiamo a vedere cosa accade invece se viene accertato che un autonomo sta lavorando come falsa partita IVA per un unico committente, ovvero se vi è la presunzione di lavoro subordinato. In questi casi non è il professionista a pagare delle sanzioni, ma l’azienda in quanto di fatto datore di lavoro.
Se viene accertato da controlli specifici che l’impresa ha occupato il lavoratore in modo stabile, con sede fissa e come unico committente, l’autonomo ha diritto a ricevere un risarcimento per il danno e l’azienda è soggetta a delle sanzioni. Grazie al Jobs Act questo non viene applicato se il datore assume regolarmente il lavoratore.
Partita IVA forfettaria unico committente – Domande frequenti
Una partita IVA può in alcuni casi avere un unico committente, anche in regime forfettario e questo può avere sede in un altro paese. L’autonomo però deve rispettare alcune normative fiscali specifiche, ad esempio l’obbligo del VIES.
Si può fare solamente in alcuni casi specifici stabiliti dalla legge (se si è iscritti ad un Ordine Professionale, se si opera per un’associazione sportiva dilettantistica, se si svolge una mansione amministrativa aziendale, se è stabilito da un accordo sindacale). Negli altri casi si rischia di rientrare in una falsa partita IVA.
Si può fare purché il lavoro non assuma caratteristiche di subordinazione: in questi casi il cliente rischia l’applicazione delle sanzioni o l’obbligo di assumere il lavoratore.
In Italia non è possibile assumere un lavoratore con partita IVA, a meno che non si rientri in particolari casi previsti dalle norme, però purtroppo accade spesso. Per le aziende può essere vantaggioso impiegare un lavoratore autonomo perché quest’ultimo si occuperà da sé di pagare tasse e contributi, ma per il freelance è un forte svantaggio, oltre a non essere consentito dalla legge.
Sì, questo è possibile, ma non bisogna superare annualmente 20.000 euro di compensi erogati, altrimenti si passa immediatamente al regime ordinario.
Si parla di presunzione di lavoro subordinato quando una partita IVA lavora per un unico committente con mansioni da esso organizzate, una sede o postazione fissa e non svolge mansioni per altri committenti.
Valeria Oggero
Giornalista