- Un dipendente pubblico può lavorare per un ente statale e avere anche la partita IVA? Generalmente sì, ma esistono diversi casi in cui le due forme di lavoro possono non coesistere.
- Mentre un dipendente di un’azienda privata può aprire più facilmente anche una propria posizione IVA, chi lavora nel pubblico deve fare più attenzione, ottenere dei permessi e seguire le regole stabilite sul proprio contratto.
- Un lavoratore statale raramente può avere anche un’attività autonoma e nei casi in cui è previsto deve andare incontro ad alcune limitazioni specifiche.
Un lavoratore regolarmente assunto presso un ente pubblico può anche avere una propria partita IVA e quindi condurre un’attività autonoma? Generalmente no, ma la risposta al quesito non è sempre univoca, ovvero dipende dal caso particolare. Se mettiamo a confronto i lavoratori statali con i dipendenti di imprese private, questi ultimi hanno meno limitazioni nel momento in cui decidono di avviare una propria attività.
I lavoratori del settore pubblico infatti hanno molte più regole da rispettare, dovute alla posizione ricoperta, al ruolo specifico e alla mansione svolta, che vengono riportate generalmente nei contratti di assunzione.
Un altro quesito interessante riguarda il regime fiscale forfettario: è possibile lavorare con una partita IVA con questa agevolazione e allo stesso tempo essere dipendente pubblico? Rispondiamo alle domande nell’articolo.
Indice
- Quando un dipendente pubblico può aprire partita IVA
- Dipendente pubblico e partita IVA: quando non è possibile
- Dipendente pubblico può avere partita IVA? La normativa
- Dipendente pubblico e partita IVA forfettaria
- Dipendente pubblico e partita IVA ordinaria
- Pubblico impiego e lavoro autonomo: sanzioni e chiusura partita IVA
Quando un dipendente pubblico può aprire partita IVA
Chiariamo quali sono le situazioni in cui effettivamente un dipendente pubblico può aprire una partita IVA e quindi avviare nello stesso tempo una propria attività autonoma. Si tratta di queste casistiche specifiche:
- lavoratori statali in part-time (dipendenti comunali, ecc.);
- insegnanti della scuola pubblica, ma solamente previa autorizzazione del dirigente scolastico;
- insegnanti universitari assunti a tempo determinato;
- docenti e formatori;
- infermieri, fisioterapisti, medici e personale sanitario assunti a tempo parziale di 18 ore (part-time al 50%);
- chi è impiegato in mansioni per organizzazioni sindacali;
- chi lavora nel settore delle pubblicazioni, per giornali, riviste e similari;
- chi partecipa a eventi e seminari.
In tutti questi casi è possibile aprire una partita IVA propria e allo stesso tempo continuare a svolgere una mansione nel pubblico, purché non ci siano clausole che di fatto vietano questa opzione all’interno del contratto di lavoro.
Lavorando full time è inoltre possibile aprire un’impresa autonoma solo se questa è occasionale, mentre chi lavora a tempo parziale ha più margine di manovra.
In linea generale è molto rischioso avviare un’attività autonoma senza avvisare la Pubblica Amministrazione per cui si lavora. Anche se nei casi visti sopra questa è consentita, è sempre obbligatorio mettere al corrente l’ente per cui si opera come dipendenti pubblici della propria volontà, ottenendo così l’autorizzazione a procedere.
Dipendente pubblico e partita IVA: quando non è possibile
Spesso un dipendente può lavorare anche come autonomo, ma ci sono casi in cui non è consentito. In primis se esiste un conflitto di interessi tra l’attività svolta nel pubblico e quella autonoma. Nella pratica, se lavori come dipendente statale, non puoi aprire una partita IVA che possa danneggiare direttamente o indirettamente l’ente.
Questo punto è molto importante, per cui si consiglia sempre di consultare il proprio datore di lavoro per capire quali sono i limiti e i confini da rispettare. I trasgressori infatti rischiano anche di perdere il posto.
Come abbiamo anticipato, non è possibile svolgere la propria professione autonoma in orario di servizio: un dipendente pubblico è tenuto a lavorare presso l’ente per cui è assunto per il totale delle ore stabilite, per cui un’eventuale attività autonoma deve essere seguita fuori dall’orario di ufficio.
Anche questo fattore è importante per un lavoratore statale, per cui è facile immaginare la difficoltà che si può riscontrare nel lavorare sia come dipendente che come autonomo, specialmente se si è assunti a tempo pieno. L’attività quindi non deve interferire con il normale orario di lavoro presso la PA e non deve compromettere lo svolgimento delle mansioni.
Molto spesso nel momento in cui si prendono accordi di lavoro con la PA viene anche firmato un Patto di Fedeltà, con obbligo di fedeltà all’amministrazione. In questi casi non è possibile svolgere anche un altro lavoro.
In linea generale non è possibile aprire una partita IVA se l’ente per cui si lavora come dipendente pubblico nega il permesso a procedere e questo può avvenire per diversi motivi. Per non incorrere in errore è consigliato leggere con attenzione il proprio contratto di assunzione, rivolgersi all’ente oppure chiedere la consulenza di un esperto.
Dipendente pubblico può avere partita IVA? La normativa
A sancire l’incompatibilità generale (che come abbiamo visto ha delle eccezioni) tra lavoro dipendente nel pubblico impiego e autonomo è l’articolo 60 del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, con decreto n.3 del 10 gennaio 1957:
“L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del ministro competente.”
In queste righe viene chiarito che, oltre a non poter lavorare per altre imprese o società (ad esclusione di casi particolari) è vietato anche svolgere attività legate al commercio, all’industria o professionali, a meno che non si rientri in una delle casistiche viste sopra.
Esistono quindi limitazioni particolari al tipo di lavoro che si può svolgere con una partita IVA: ad esempio gli insegnanti possono aprire una posizione IVA in quanto professionisti autonomi nella stessa materia in cui si trovano ad operare, ma non possono svolgere attività di tipo commerciale o industriale.
Dipendente pubblico e partita IVA forfettaria
Poniamo il caso che un dipendente pubblico rientri in una casistica specifica per cui può avere anche una propria partita IVA, quindi abbia ricevuto l’autorizzazione dell’ente a procedere. Può aderire al regime forfettario? La risposta è affermativa, ma oltre a rispettare i limiti imposti dal pubblico impiego, bisogna anche seguire quelli del regime agevolato.
In particolare uno dei requisiti per avere una partita IVA forfettaria è quello di non superare 30.000 euro di redditi annui derivati dal lavoro dipendente. Inoltre, vi è la soglia massima di guadagni di 85.000 euro calcolata annualmente sommando solo gli introiti dell’attività autonoma.
Ricordiamo che oltre a questi obblighi, bisogna rispettare tutti i criteri per poter avviare un’attività con il regime forfettario, ovvero avere residenza in Italia, non rientrare in regimi speciali IVA, non detenere quote di società e non superare 20.000 euro di compensi ad eventuali collaboratori.
Indubbiamente la gestione fiscale della propria posizione diventa complessa nel momento in cui si lavora sia come dipendenti che come autonomi, per cui è consigliata l’assistenza di un commercialista esperto.
Di fatto si cumulano due tipi di reddito distinti, a cui seguiranno le specifiche dichiarazioni annuali al fisco. In questo caso le tasse si applicano come segue:
- reddito derivato dal lavoro nel pubblico impiego: tassato con le aliquote IRPEF dal 23% al 43%;
- reddito derivato dal lavoro autonomo: tassato con le aliquote del regime fiscale forfettario, al 5% o al 15%.
Dipendente pubblico e partita IVA ordinaria
Il discorso cambia leggermente se si sceglie di aprire una partita IVA ordinaria, per cui è possibile superare la soglia di reddito annuale di 85.000 euro. Anche in questo caso i guadagni percepiti saranno due: quello legato al lavoro dipendente nel pubblico impiego e quello all’attività autonoma.
In questo caso però non vi sono particolari agevolazioni sulle imposte, per cui si applicano le aliquote IRPEF ordinarie. Questa opzione per il lavoratore è sicuramente più dispendiosa rispetto a quella proposta con il regime forfettario, perché i ricavi si sommano andando a posizionare il lavoratore in un determinato scaglione IRPEF.
Ricordiamo infine che in tutti i casi bisogna anche provvedere al versamento dei contributi previdenziali, ma su come procedere si consiglia di richiedere assistenza all’INPS o ad un commercialista per individuare il caso specifico. Per le attività autonome professionali la scelta ideale è quella della Gestione Separata INPS.
Pubblico impiego e lavoro autonomo: sanzioni e chiusura partita IVA
Nel caso in cui il dipendente pubblico non rispetta le volontà dell’ente in cui è impiegato e nonostante i divieti apre una partita IVA (o lavora per un’azienda privata) può andare incontro a delle sanzioni. L’ente può infatti inviare una diffida in cui si invita il lavoratore a terminare l’attività extra.
Se il dipendente non procede entro 15 giorni alla sospensione del secondo lavoro, può accadere qualcosa di peggiore, ovvero l’ente è autorizzato a procedere con il licenziamento per giusta causa. In tutti i casi possono essere applicate delle sanzioni e il lavoro può essere momentaneamente sospeso, anche se il dipendente ha provveduto a chiudere la partita IVA.
Le conseguenze possono aggravarsi nel caso in cui il lavoratore abbia recato un danno effettivo all’ente pubblico per cui è impiegato, non rispettando i termini presenti sul contratto.
Valeria Oggero
Giornalista