- A partire da gennaio 2025 le APS e le ASD in cui viene svolta l’attività di prestazione di servizi o cessione di beni verso i propri soci saranno obbligate ad aprire una partita IVA.
- Associazioni Sportive Dilettantistiche e Associazioni di Promozione Sociale che percepiscono corrispettivi da attività rivolte ai soci dovranno seguire le nuove regole, con l’esclusione invece delle ODV.
- Alcune operazioni passeranno dall’esclusione all’esenzione IVA, fattore che comporta l’obbligo di apertura della partita IVA, anche senza adempimenti correlati.
La partita IVA dal 2025 sarà obbligatoria per diverse associazioni, in particolare quelle che svolgono un’attività di prestazione di servizi o cessione dei beni ai propri associati: questa novità coinvolge tutto il settore e ha provocato non poche critiche da parte degli enti della categoria.
Di fatto la burocrazia per le attività incluse nella novità diventerà più fitta, con nuovi obblighi dichiarativi e talvolta il versamento di imposte e contributi in base alla situazione specifica.
Saranno escluse le ODV e tutte le associazioni che non svolgono attività rivolte ai propri soci, ovvero quelle che si limitano a percepire introiti dalle quote periodiche, da donazioni o similari e non ricevono altre somme di denaro.
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Partita IVA obbligatoria dal 2025 per molte associazioni
L’apertura della partita IVA è in Italia obbligatoria nel momento in cui un’attività viene svolta in modo continuativo e redditizio, ma fino ad ora non era necessaria per le organizzazioni come le associazioni. Dal 2025 questo cambierà per diversi enti, perché la partita IVA sarà indispensabile per tutte le realtà che svolgono attività rivolte ai propri soci con fini non istituzionali.
Al momento questo obbligo è valido solamente se le associazioni percepiscono ricavi da attività commerciali, ovvero rivolte all’esterno della stessa. Dal 2025 quindi dovranno aggiornarsi diversi Enti del Terzo Settore, APS e ASD che svolgono l’attività di prestazione di servizi o cessione di beni verso i propri associati.
Possono continuare ad utilizzare quindi solamente il codice fiscale le Onlus (quindi le ODV) e tutte le realtà che non rientrano in questa fattispecie.
Va evidenziato che tali nuove disposizioni non valgono in generale per quelle associazioni, di qualsiasi categoria, che percepiscono solamente quote da parte dei soci e donazioni, per cui tutto proseguirà come prima.
Partita IVA per APS e ASD
Vediamo cosa cambierà per i soggetti interessati dalle nuove norme. APS e ASD, se non si limitano a percepire solamente quote da parte dei soci, ma anche altri corrispettivi specifici, dovranno necessariamente aprire la partita IVA, perché queste operazioni non saranno più escluse dall’IVA, ma considerate esenti.
A livello di spese nel caso delle sole operazioni esenti IVA non sarà necessario versare tasse e contributi, ma avere una partita IVA sì, anche senza adempimenti. Questa sottigliezza può creare molti dubbi, ma va considerato che c’è una sostanziale differenza tra esenzione IVA ed esclusione IVA.
Ancora diverso è il caso in cui l’associazione svolge in contemporanea anche una vera e propria attività commerciale: in queste fattispecie è indispensabile avere una partita IVA e versare correttamente tasse e contributi.
Partita IVA per ODV
Vediamo invece se cambierà qualcosa per le ODV, le Organizzazioni di Volontariato. Questi enti nella pratica svolgono diverse attività verso altri soggetti, senza scopo di lucro, tramite erogazione di beni, servizi o anche prestando aiuto in determinate circostanze a soggetti terzi.
Per la loro tipologia strettamente legata al volontariato, queste organizzazioni non rientrano nel contesto della riforma qui descritto, perché si sostengono unicamente tramite le quote associative e le donazioni. Non erogano quindi servizi mirati ai propri soci e non hanno finalità commerciali.
Operazioni esenti IVA dal 2025
Vediamo brevemente quali saranno le attività considerate esenti dall’imponibilità fiscale a partire dal 2025, in relazione alle APS e alle ASD:
- prestazioni di servizi e cessione di beni verso i soci secondo scopi istituzionali, da associazioni politiche, religiose, sindacali, di categoria, assistenziali, culturali e di formazione extra scolastica;
- prestazioni di servizi collegate allo sport da parte di associazioni sportive dilettantistiche verso persone che svolgono tali attività sportive;
- prestazioni di servizi e cessione di beni durante manifestazioni propagandistiche da associazioni politiche, religiose, sindacali, di categoria, assistenziali, culturali e di formazione extra scolastica;
- somministrazione di alimenti e bevande verso persone indigenti.
Dal 2025 invece le seguenti attività saranno considerate imponibili a livello fiscale:
- prestazioni di servizi e cessione di beni verso i soci non con scopi istituzionali, da associazioni politiche, religiose, sindacali, di categoria, assistenziali, culturali e di formazione extra scolastica;
- prestazioni di servizi o cessione di beni effettuate verso non soci;
- cessione di beni da associazioni sportive dilettantistiche conformi alle attività istituzionali;
- cessioni di pubblicazioni da associazioni politiche, religiose, sindacali, di categoria, assistenziali, culturali e di formazione extra scolastica;
- somministrazione di alimenti e bevande verso soci e non soci.
Sostanzialmente, queste sono le voci da considerare quando si deve fare distinzione tra le attività soggette a imposizione fiscale e quelle esenti.
Obbligo della partita IVA per le associazioni: i pareri
Al momento la novità dell’obbligo della partita IVA ha suscitato non poche contestazioni, tenendo presente che in linea generale si complica la gestione fiscale e burocratica per alcune associazioni. Forum Terzo Settore e Legambiente hanno lanciato un appello al governo per rivedere tali novità, alla luce del fatto che il rischio collaterale è quello della scomparsa di moltissime associazioni sul territorio.
La sostenibilità del settore associazionistico potrebbe quindi essere messa a dura prova da una nuova gestione più complessa e da nuove imposte da pagare. Secondo queste realtà le associazioni hanno un valore del tutto sociale e non economico, per cui potrebbero scomparire diversi enti volti alla crescita culturale, sportiva, relazionale e sociale del paese.
Legambiente in particolare ricorda che l’associazionismo è una libertà sancita dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e riconosciuta dalla Costituzione italiana, per cui l’applicazione dell’IVA sarebbe un duro colpo a queste libertà. Mettere in comparazione l’autofinanziamento e la condivisione delle spese con il guadagno tipico di un’impresa con scopo di lucro sarebbe quindi una mossa non giustificata.
Valeria Oggero
Giornalista