- I cittadini italiani devono dichiarare i conti correnti e depositi detenuti all’estero seguendo le specifiche regole dell’Agenzia delle Entrate, basate sul Decreto Legislativo n. 167 del 1990, noto per il “Monitoraggio Fiscale”.
- La dichiarazione avviene annualmente attraverso la compilazione del Quadro RW del modello Redditi Persone Fisiche, con l’obiettivo di garantire il monitoraggio fiscale e la corretta tassazione dei redditi prodotti all’estero.
- Il mancato rispetto di tali obblighi può comportare gravi sanzioni amministrative e talvolta penali, nonché ulteriori accertamenti fiscali.
Anche fuori dall’Italia, dal fisco non si scappa: i cittadini italiani che detengono conti correnti o conti deposito all’estero sono infatti obbligati a dichiararli, seguendo le specifiche regole stabilite dall’Agenzia delle Entrate. La normativa fiscale in materia è regolata dal Decreto Legislativo n. 167 del 1990, in termini di monitoraggio fiscale, successivamente integrato e modificato nel corso degli anni.
La dichiarazione dei conti esteri deve quindi essere effettuata annualmente attraverso la compilazione del Quadro RW del modello Redditi Persone Fisiche, con l’obiettivo di garantire il monitoraggio fiscale e verificare la corretta tassazione dei redditi prodotti all’estero. Vediamo nel dettaglio quando un conto estero va dichiarato, come farlo e cosa succede se non lo si fa.
Indice
Quando va dichiarato un conto estero
Il primo presupposto che impone la dichiarazione di un conto estero è il superamento di determinate soglie di giacenza media annua e di valore massimo, riferite a ciascun singolo conto e non alla somma di tutti i conti esteri posseduti. L’obbligo si impone sia alle persone fisiche che alle società e agli enti che detengono attività finanziarie all’estero.
In particolare, il contribuente è tenuto alla dichiarazione:
- se la giacenza media annua del conto estero supera i 15.000 euro;
- se la giacenza media annua non raggiunge questa soglia, ma il valore massimo del conto durante l’anno supera i 15.000 euro.
In caso di conti esteri cointestati con altri soggetti, ciascun cointestatario dovrà dichiarare il conto pro quota, cioè in proporzione alla propria quota di possesso, salvo diversi accordi tra le parti.
Cosa succede se non si dichiara un conto estero
La normativa fiscale italiana prevede obblighi stringenti per la dichiarazione dei conti esteri proprio al fine di combattere l’evasione fiscale e garantire la trasparenza delle attività finanziarie detenute all’estero, quindi la mancata dichiarazione di un conto estero può far scattare una serie di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, che dispone di vari strumenti per individuare gli asset non dichiarati.
La sanzione amministrativa per l’omessa dichiarazione di un conto estero varia a seconda della gravità dell’omissione:
- 250€ in caso di presentazione tardiva del Quadro RW pertinente, entro 90 giorni dal termine;
- dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato;
- al 6% al 30% se il conto è detenuto in un paese considerato a fiscalità privilegiata, ossia uno dei cosiddetti “paradisi fiscali”.
Oltre alle sanzioni amministrative, la mancata dichiarazione di un conto estero può però anche comportare l’emissione di avvisi di accertamento per recuperare le imposte evase sui redditi prodotti dalle attività finanziarie detenute all’estero, che possono includere:
- redditi da interessi;
- dividendi;
- plusvalenze;
- altri proventi finanziari.
In casi più gravi, dove si configura una chiara intenzione di occultare patrimoni e redditi al fisco italiano, la mancata dichiarazione di conti esteri può anche avere rilevanza penale.
Come vengono tassati i conti correnti esteri
In primo luogo, è importante distinguere tra gli interessi maturati sui conti correnti esteri e il patrimonio detenuto su tali conti. Questo perché anche gli interessi maturati su conti esteri devono essere riportati nel Quadro RM (e non in quello RW) del modello Redditi Persone Fisiche e sono soggetti a una ritenuta fiscale del 26%, in linea con l’aliquota applicata agli interessi sui conti correnti detenuti in Italia.
Oltre alla tassazione degli interessi, i conti correnti esteri sono soggetti anche all’Imposta sul Valore degli Immobili situati all’Estero (IVIE) e all’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (IVAFE).
L’IVAFE si applica sui conti correnti esteri con un’aliquota fissa di 34,20 euro per ciascun conto corrente estero, purché il valore medio di giacenza annua superi i 5.000 euro. Se questo valore è inferiore alla soglia, non è dovuta alcuna imposta IVAFE.
Per evitare la doppia imposizione dei redditi derivanti dai conti esteri, l’Italia ha stipulato numerose convenzioni internazionali, che permettono di compensare le imposte pagate all’estero con quelle dovute in Italia.
Se un contribuente italiano ha infatti già pagato delle imposte sugli interessi in un altro paese, può richiedere un credito d’imposta per l’importo corrispondente nella dichiarazione dei redditi italiana, riducendo così l’ammontare delle tasse da pagare. Tuttavia, il credito d’imposta non può superare l’ammontare dell’imposta italiana dovuta sullo stesso reddito.
Come si dichiarano i soldi all’estero
La prima cosa da sapere è che la dichiarazione dei soldi all’estero non riguarda solo i conti correnti, ma anche tutti gli investimenti e le attività patrimoniali detenuti oltre i confini nazionali. Questo include, ma non si limita a:
- azioni;
- obbligazioni;
- partecipazioni societarie;
- immobili;
- assicurazioni.
Per dichiarare i soldi all’estero, il contribuente deve pertanto compilare il Quadro RW del modello Redditi, che richiede di indicare dettagliatamente la natura delle attività finanziarie detenute, il paese in cui si trovano, il valore di mercato alla fine dell’anno e la giacenza media annuale. Per i restanti asset, sarà necessario invece compilare il Quadro RM.
Se le attività finanziarie sono denominate in valuta estera, il loro valore deve essere convertito in euro utilizzando il tasso di cambio ufficiale al 31 dicembre dell’anno di riferimento, come pubblicato dalla Banca d’Italia.
In caso di conti correnti o investimenti cointestati con altre persone, ogni cointestatario è tenuto a dichiarare la propria quota parte delle attività detenute all’estero. Questo vale anche per le attività detenute indirettamente attraverso trust o altri veicoli societari, in cui il contribuente detiene un interesse effettivo.
La dichiarazione nel Quadro RW non esaurisce però gli obblighi fiscali relativi ai redditi prodotti all’estero, che devono essere dichiarati anche negli altri quadri del modello Redditi in base alla loro natura (interessi, dividendi, plusvalenze, ecc.). A queste dichiarazioni segue quindi il pagamento delle imposte dovute.
Francesca Di Feo
Redattrice Partitaiva.it