- Il governo è all’opera per la ricerca di una nuova soluzione sulle pensioni anticipate per le donne, attesa per metà ottobre.
- Le misure attese prevedono l’eliminazione del “criterio-figli” e il ricorso a un sussidio simile a quello già previsto nell’Ape sociale.
- Le soluzioni pensate dal governo potrebbero prevedere il ripristino dell’età pensionabile a 58 anni prevista nel 2022, o una misura chiamata “Ape Donna” simile all’Ape Sociale attuale.
È sempre spinosa la questione delle pensioni in Italia, e negli ultimi tempi il governo è al lavoro per rivedere la disciplina sulle pensioni anticipate per le donne. Dopo aver introdotto Opzione donna, il governo sta valutando i pro e i contro di questa misura, per studiarne una versione migliorata.
Tra le opzioni studiate dal governo c’è l’introduzione di quella che viene chiamata un’“indennità-ponte”, simile a quella prevista per l’Ape sociale, ovvero l’Ape Donna, a partire dai 61-62 anni.
Un’atra modifica prevista è l’eliminazione del criterio-figli che consente, con Opzione donna, un pensionamento anticipato. La soluzione che probabilmente arriverà alla fine delle trattative sarà una sorta di mix tra le due misure. Ma vediamo nel dettaglio come potrebbe configurarsi il nuovo sistema delle pensioni anticipate per le donne.
Indice
Pensioni anticipate per le donne: gli svantaggi di Opzione Donna
Il Governo Meloni ha modificato la famosa misura Opzione donna, uno strumento di prepensionamento dedicato alle donne lavoratrici, sia dipendenti che autonome.
La misura, pensata per agevolare l’ingresso alla pensione per queste categorie di lavoratori, era già presente nel nostro ordinamento, ma con il nuovo esecutivo aveva subito alcune importanti modifiche. Infatti, era previsto già dall’art. 16 del Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni in Legge 28 marzo 2019, n. 26.
Infatti, l’ingresso alla pensione in anticipo era pensato soprattutto per chi ha più figli. Con la Legge di Bilancio 2023 è stato esteso l’anticipo pensionistico nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno:
- maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni;
- un’età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio.
La riduzione dell’età anagrafica per ogni figlio aveva il limite massimo di due anni. Ma dovevano anche presentarsi determinate condizioni. Infatti, l’accesso a Opzione donna era previsto solamente per le lavoratrici che:
- assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, o un parente o un affine di secondo grado convivente;
- hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%;
- sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.
Le conseguenze della stretta al pensionamento anticipato
Quindi, il nuovo meccanismo introdotto dalla manovra targata Meloni permette alle lavoratrici l’uscita a 60 anni, insieme a 35 anni di versamenti, vincolata al ricalcolo contributivo dell’assegno.
La misura, inoltre, prevede lo sconto di un anno per le donne con un figlio e di due anni per quelle con più figli, esclusivamente per le lavoratrici appartenenti a specifiche categorie. Vale a dire caregiver, lavoratrici con almeno il 74% di invalidità civile, “licenziate” o dipendenti di aziende in crisi.
Per il 2023 le lavoratrici che possono ricorrere al nuovo sistema erano non più di 2.900 lavoratrici, un numero molto inferiore a quello previsto nel 2022 in assenza di questa stretta. Infatti, prima della modifica alla disciplina il pensionamento anticipato era consentito con 58 anni d’età, e 59 per le “autonome”, di cui hanno potuto beneficiare oltre 24mila lavoratrici
L’INPS ha reso noto che fino a tutto il 1° gennaio 2023 sono uscite con Opzione donna 174.535 lavoratrici con un assegno medio. Questo è risultato del 39,8% più basso rispetto alla media delle altre pensioni “anticipate”.
Tuttavia, l’Istituto di Previdenza Nazionale ha fatto anche presente che tale differenza è parzialmente riconducibile al ricalcolo contributivo dell’assegno. Oggi il governo è all’opera per apportare ulteriori modifiche alla disciplina del prepensionamento delle lavoratrici. Ecco quali novità potrebbero giungere nei prossimi mesi.
Pensioni anticipate per le donne: le novità in arrivo
Il governo sta lavorando ad una rielaborazione di Opzione donna valutando diverse opzioni. Tra le più discusse ci sono:
- l’introduzione di un’indennità-ponte a partire dai 61-62 simile a quella prevista per il modello Ape sociale;
- l’eliminazione del criterio-figli;
- età pensionabile a partire da 58 anni per le categorie alle quali è attualmente garantito l’accesso al pensionamento anticipato.
Considerando le opzioni sopra citate, il governo potrebbe valutare un possibile “mix” delle varie misure. Le novità sulle pensioni sono attese nella prossima manovra autunnale, prevista per metà ottobre.
Per poter attuare le modifiche alla misura, il governo deve fare i conti con i rigidi paletti fissati dal Ministero dell’Economia. Ma vediamo nel dettaglio le possibili novità in arrivo.
L’introduzione dell’“Ape donna”
Come anticipato, tra le possibili ipotesi, il governo sta valutando l’introduzione di un sistema simile al modello Ape sociale. Quest’ultima è un’indennità prevista per i lavoratori iscritti a:
- l’Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti;
- forme sostitutive ed esclusive;
- gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
- Gestione Separata.
Questa misura è attualmente prevista per i lavoratori che:
- si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento;
- assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;
- assistono un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità;
- hanno una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% accertata da commissioni competenti;
- sono lavoratori dipendenti con almeno 36 anni di anzianità contributiva.
La misura è prevista attualmente per soggetti che hanno almeno 63 anni di età con almeno 30 anni di anzianità contributiva, mentre per i lavoratori che svolgono le attività gravose l’anzianità contributiva minima richiesta è di 36 anni.
Prima dell’estate i tecnici del governo hanno valutato la possibilità di introdurre per le lavoratrici un sussidio simile al modello previsto per l’“Ape sociale”.
In questo modo le donne lavoratrici potrebbero beneficiare, fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia, di un sussidio non superiore ai 1.500 euro lordi “non rivalutabili” per 12 mensilità e svincolato dal ricalcolo contributivo dell’assegno.
Tale sussidio spetterebbe anche alle lavoratrici che svolgono le attività gravose, e in tal caso gli anni di contribuzione necessari sarebbero 34 in presenza di due figli e non 36.
Questa misura di accompagnamento alla pensione di vecchiaia avrebbe il vantaggio di non essere condizionata dal ricalcolo contributivo del trattamento.
L’eliminazione del “criterio figli” per le pensioni anticipate
È stato largamente discusso il “criterio figli” come fattore che riduce l’età di accesso al pensionamento anticipato per le donne. Tuttavia, oggi la proposta messa in campo dal governo è l’eliminazione di tale criterio con l’obiettivo di allentare la stretta su Opzione donna.
Con l’eliminazione del “paletto-figli” si lascerebbe, comunque, aperto l’accesso alle categorie di lavoratrici per le quali è attualmente utilizzabile questa uscita anticipata. Stiamo parlando, quindi, di caregiver, lavoratrici con almeno il 74% di invalidità civile, licenziate o dipendenti da aziende in crisi.
Il governo sta pensando, quindi, di eliminare il requisito dei 60 anni e gli “sconti” di un anno in base al numero di figli. In tal caso la soglia anagrafica tornerebbe a 58 anni, come era prevista nel 2022.
Quando arriveranno le nuove pensioni per le donne
Considerando le opzioni a disposizione, il governo potrebbe decidere di realizzare un mix tra l’Ape sociale e l’eliminazione del criterio-figli.
Ma l’ago della bilancia saranno le risorse effettivamente disponibili al momento della presentazione della Nota di aggiornamento al Def (Nadef), che è prevista per il 27 settembre.
Il mix tra le due misure, quindi, consentirebbe l’uscita, per alcune categorie di lavoratrici, prima dei 60 anni ma con il ricalcolo contributivo dell’assegno, oltre alla possibilità di scegliere di ricorrere all’indennità, o Ape donna, a partire da 61-62 anni, in attesa di beneficiare della pensione di vecchiaia.
La prossima Legge di Bilancio conterrà tutte le disposizioni per le misure di pensionamento dedicate alle donna, per cui bisogna attendere la manovra 2024 per conoscere le disposizioni definitive.
Pensioni anticipate per le donne – Domande frequenti
Con l’attuale misura Opzione Donna, le lavoratrici possono andare in pensione anticipatamente a partire dai 58 anni e 35 anni di contribuzione se hanno almeno due figli, se sono caregiver, licenziate o con una riduzione della capacità lavorativa.
Il governo potrebbe eliminare il criterio figli che riduce a 58 anni l’età di accesso al pensionamento anticipato e l’introduzione di una sorta di Ape sociale come indennizzo in attesa del pensionamento.
Le modifiche a Opzione donna potrebbero arrivare nell’autunno, nella prossima manovra autunnale.
Ilenia Albanese
Esperta di finanza personale e lavoro digitale