- Le comunità di pratica sono gruppi di scambio professionale o intorno ad argomenti specifici.
- Ad oggi queste comunità si creano e diffondono sul web, anche grazie ai social media.
- Le comunità chiuse ad oggi sono più vantaggiose per creare un dibattito e valorizzare il tempo della community.
Le comunità di pratica le possiamo definire come community chiuse dove si scambiano pareri, idee e proposte su argomenti molto specifici, entrando nel merito di specifiche attività tecniche.
Ad oggi si possono riscontrare specialmente tramite strumenti digitali, e il principale esempio è quello dei social network. Tuttavia alcuni presentano specifici svantaggi.
Ma come si crea una comunità di pratica? Vediamo in questo articolo cosa sono le comunità di pratica, come funzionano e quali sono i vantaggi ad esse associati.
Indice
Cosa sono le comunità di pratica
Esistono diversi modelli, più o meno attuali, per creare le comunità di pratica all’interno di una dinamica professionale:
- associazioni o unioni;
- gruppi di lavoro o comitati;
- gruppi aperti sui social network;
- gruppi chiusi sui social network;
- gruppi chiusi fuori dai social network.
Le associazioni sindacali delle categorie professionali rendono un po’ meno l’idea della comunità di pratica; focalizzate su attività di politica di categoria, si concentrano meno sulle attività pratiche e tendono a operare in modo più generale.
Probabilmente le unioni per specializzazioni, come la camera tributarista o la camera penale degli avvocati, sono delle forme di aggregazione dove, oltre alle problematiche di una specifica parte della categoria, si discute su argomenti più pratici e operativi, a beneficio dei partecipanti.
I gruppi di lavoro, comitati o commissioni sono incentivati dagli ordini professionali per agevolare la creazione di connessioni tra professionisti a tema. L’obiettivo è lo scambio professionale e di pratica su argomenti specialistici. È un modello che, di solito, funziona a breve termine.
I social network hanno contribuito al proliferare delle relazioni sociali, in questo caso virtuali, abbattendo le barriere territoriali. I gruppi, sia chiusi che aperti, sono luoghi di confronto e di pratica, dove trovare una facile risposta ai dubbi che ogni giorno sono messi sul tavolo delle professioni.
Che sia chiuso o aperto, il gruppo sul social network, soprattutto Facebook, pone il problema tipico di questo modello, ovvero il rischio di incontrare degli interlocutori che non rispettino la netiquette e rendano la presenza nel gruppo più un’inutile perdita di tempo che un punto di forza.
Il gruppo chiuso fuori dai social network è più sofisticato e, di solito, parte da una conoscenza personale di base, da un processo essenzialmente inverso a quello dei social network.
Di solito vi è già una scrematura alla base e un allineamento degli amministratori che rendono il gruppo più affiatato e compatto ma, d’altro canto, si corre il rischio sul fronte dell’animazione e della vivacità. Se ci si conosce tutti, capita spesso che molte cose non è necessario che siano dette.
Per i gruppi chiusi fuori dai social si utilizzano solitamente due strumenti: WhatsApp e Telegram, che hanno funzionalità simili, con la differenza di fondo che Telegram ha più funzionalità utili ed è meno diffuso.
Un’alternativa valida e più costruttiva è l’utilizzo di applicazioni specifiche per community, che, oltre alla classica messaggistica, consentono lo scambio di contenuti multimediali, la creazione di gruppi di lavoro, di academy, eventi e altre funzionalità mirate allo scambio, sul modello dell’open innovation.
Come creare una comunità pratica
Che si parli di gruppi chiusi o aperti, la tendenza è verso la connessione per affinità. I social network hanno potenziato le occasioni di comunicazione, anche professionalità, tuttavia sono strumenti poco adatti a creare connessioni proficue all’interno dei gruppi.
La soluzione migliore è quella di creare Community chiuse in cui si tende a creare un gruppo stabile, con ingressi progressivi per animare il dibattito. In questo modo si può ottenere uno scambio proficuo tra professionisti.
Le comunità pratiche tradizionali
L’associazione di categoria e le commissioni o comitati di studio fanno parte della tradizione professionale. Con questi strumenti si possono creare nuove connessioni e favorire una crescita professionale.
Con la diffusione dei social network e di WhatsApp, il dibattito si è spostato su questi canali, che sono diventati il principale punto di incontro e di scambio tra i professionisti, che creano molti contatti ma hanno difficoltà a capitalizzare.
Uno dei motivi di questa difficoltà è la visione egocentrica che porta molti professionisti a essere centrali in un modello che nasce per la condivisione. La creazione di connessioni diventa occasionale e mutevole e la mancanza di stabilità non porta a una crescita professionale e neanche a un beneficio in termini di valore.
Le comunità pratiche moderne
Le community professionali chiuse potrebbero apparire più sofisticate, ma hanno più probabilità di raggiungere l’obiettivo: creare connessioni valide, acquisire competenze, valorizzare il tempo speso nella community.
Per arrivare a questo risultato è necessario investire sulla community e creare una piattaforma che diventi un contenitore di esperienze e istanze che giungono alla soluzione in modo proficuo per tutti.
Alla fine il vantaggio di ognuno dovrà sempre essere misurato in valore creato e spendibile nella professione di oggi o nel futuro. La community di pratica nasce e si sviluppa con l’obiettivo dichiarato di condividere clienti.
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista