“Siamo come una grande famiglia, ci aiutiamo tutti (e non si guarda a compensi ed orari)”. È davvero l’approccio giusto, quello che vogliamo per il nostro studio e per i lavoratori? Uno studio che è come una famiglia ha i suoi punti di forza, ma anche i suoi punti di debolezza.
Scegliere quello che vogliamo dalla nostra attività professionale e dalla nostra struttura è fondamentale. Mi vorrei soffermare su due aspetti, il denaro e il sorriso. Un lavoratore nel posto di lavoro cerca due cose:
- una fonte di sostentamento;
- un ambiente sereno.
Per continuare la riflessione, vorrei trovarmi costretto a scegliere e creare una classifica immaginaria in cui denaro e sorriso non possano stare a pari merito. Probabilmente per un lavoratore il denaro verrà prima del sorriso, mentre per il titolare dello studio sarà l’esatto contrario.
Indice
Elementi tipici di un buon ambiente di lavoro
Ma quale potrebbe essere un altro motivo che spinge il lavoratore a preferire un luogo di lavoro ad un altro, al di là della retorica?
Le esigenze dei lavoratori sono diverse e differenziate in base all’età ed al titolo di studio. Così i giovani commercialisti saranno più attenti ad un avanzamento di carriera, mentre i più anziani ai contributi previdenziali per la prossima pensione.
Si può provare a semplificare e stilare un elenco dei valori che un collaboratore cerca in uno studio professionale:
- guadagno adeguato alle competenze;
- garanzia del posto di lavoro;
- possibilità di fare carriera;
- ambiente di lavoro sereno;
- diritto di poter scegliere come gestire il tempo libero;
- far parte di un grande progetto.
Famiglia e ambiente di lavoro non devono coincidere
In questo elenco non vedo alcuna intersezione con la famiglia, o con uno studio che esalta i valori familiari. Verrebbe da dire quale famiglia, quella tradizionale?
Un professionista paternalista, sempre accondiscendente con i propri collaboratori, una professionista che li tratta come una mamma e che gli sorride amorevolmente o li rimprovera secondo l’umore del momento?
Passare insieme momenti conviviali e di pausa. Un rapporto confidenziale, dentro il quale un collaboratore, più che al professionista, sorride al posto di lavoro, per la circostanza.
Creare un ambiente familiare in uno studio professionale non vuol dire avere un ambiente sereno, ma un ambiente che rischia di esplodere in tutte le sue contraddizioni.
La mancanza di chiarezza sulla visione e il coinvolgimento in un progetto che non guarda al futuro sono i rischi che un lavoratore non vorrebbe mai correre.
Sul luogo di lavoro serve chiarezza sui ruoli
In uno studio professionale, anche di piccola dimensione, è necessario fare chiarezza al momento dell’inserimento di un nuovo collaboratore, specificando in modo puntuale quale è il progetto professionale.
Il coinvolgimento del collaboratore non è una questione di confidenzialità, ma di idee e visione. Anche in questo caso l’allineamento è fondamentale per avere collaboratori sempre molto motivati.
Lo sforzo che i professionisti dovranno compiere sarà su loro stessi e sulle risorse umane, sugli aspetti anche più profondi, sul rispetto della persona e del lavoratore, oltre l’empatia e la convivialità del momento. La compatibilità deve essere sugli argomenti strettamente professionali, se si vuole dare continuità al rapporto.
Gran parte dei lavoratori tendono a non esprimere il proprio pensiero per timore di perdere il posto di lavoro. Questo aspetto deve subito essere messo in chiaro e trova perfetta sintonia in un modo di vedere che anche il professionista deve acquisire.
I collaboratori sono la forza dello studio: devono essere validi e motivati personalmente, non dovrebbero essere condiscendenti o ribelli, ma semplicemente seri.
Non devono piacere al titolare: devono essere funzionali al progetto professionale. La sostenibilità di un progetto dipende dal rapporto chiaro con le risorse umane, non dalla familiarità.
Accoglienza, crescita e prospettiva
Molto spesso si legge di iniziative di liberalità, da parte di imprenditori illuminati, a favore dei loro dipendenti. L’obiettivo non è creare familiarità.
Piuttosto, motivare ulteriormente il dipendente e legarlo all’azienda, intesa anche come una estensione della famiglia imprenditoriale nella quale si è accolti ma non si entra a far parte.
Oggi le esigenze di un collaboratore e le sue priorità sono un luogo di lavoro dove avere formazione, opportunità di crescita economica e professionale, garanzia del posto di lavoro basata sulla prospettiva e sul progetto professionale di qualità, libertà di scelta a favore dello smart working e ibrido.
La famiglia, qualunque sia il colore, si trova fuori dal luogo di lavoro, a casa propria.
Giovanni Emmi
Dottore Commercialista